Pellestrina (Venezia)

Pellestrina. «Quel bisogno che diventa mio»

La cura della casa, il volontariato. Poi, la malattia della mamma, che sconvolge il quotidiano e costringe a «cambiare le priorità». Eppure rimane, anche nella fatica, la possibilità «di ritrovare il fascino del primo incontro con Gesù»...

Niente è scontato. Nemmeno quello che sembra evidente, come l’amore verso la propria mamma. E nemmeno quello che sembra inevitabilmente di scandalo, come una fatica che sconvolge la tua quotidianità, ti costringe a “cambiare le priorità” e di fronte alla quale occorre dire di sì tutti i giorni. Mi chiamo Lucia, ho 57 anni, sono sposata con Ezio, ho tre figli e vivo da tanti anni l'esperienza del movimento. Lo dico non perché una lettera si inizia così, ma perché la mia famiglia è parte fondamentale della circostanza che mi è data da vivere, sia perché senza di loro non sarei in grado di affrontarla, sia perché, forse, prima la davo per scontata, presa dal fatto che tutto “andava bene”.

Mia mamma da qualche tempo è affetta da demenza senile e, dallo scorso settembre, vive tutta la giornata in casa nostra. Io sono sempre stata molto attiva, ho sempre lavorato e fatto molto volontariato, ho sempre tenuto moltissimo a queste attività come alla mia casa, che volevo fosse sempre perfettamente pulita. Quando mia mamma non è più stata in grado di vivere da sola - abita vicino a casa mia - ho dovuto mollare tutto per dedicarmi completamente a lei. La cosa che mi ha sorpreso è che in questa circostanza, certamente dolorosa e faticosa, quello che è accaduto è stato come il “primo incontro”, come ritrovare il fascino di Gesù, e del movimento, per la prima volta.

Tutte le mattine io mi alzo e vado a prendere mia mamma, che dorme ancora a casa sua perché ha paura di dormire fuori, e quando entro da lei ho la netta sensazione che mi aspetti. Guardandomi, senza parlare, mi dice: «Lucia, sei arrivata per me?». Nonostante la fatica, con il tempo, questo suo sguardo di attesa è diventato lo stesso sguardo del Signore che mi aspetta e mi dice: «Sei qui per me?». Un giorno mia mamma, quasi all’improvviso, ma ha chiesto: «Mi vuoi bene?». Io mi sono commossa e ho avuto la certezza che a farmi quella domanda fosse il Signore, di fronte al quale occorre ripetere "sì" in ogni istante. L'ho abbracciata. E la cosa è tutt’altro che scontata. Ho scoperto con chiarezza che il suo evidente, continuo e crescente bisogno stava diventando il mio: ero io che avevo bisogno di andare da lei, di incontrare il suo sguardo.

Di fronte a tutto questo provo un grande senso di piccolezza e di povertà, ma anche di gratitudine. È vero che «non ci sono istanti che vanno perduti». Non che le cose di prima, la mia casa pulita o il lavoro con le suore, non mi manchino. Anzi, mi piacerebbe moltissimo potermi ancora dedicare a queste cose. Ma ora capisco che per me il bisogno è altro. È un bisogno quotidiano di Lui. Il bisogno di mia mamma è diventato un bisogno mio. Il bisogno che qualcuno mi aspetti.

Il giorno del mio compleanno mia figlia, che ha 28 anni e non segue il movimento, mi ha detto: «Vorrei proprio arrivare alla tua età come te». Mi sono commossa: che cosa mi fa essere così? Solo Lui, vivente e presente, che si manifesta in ogni circostanza.

Lucia, Pellestrina (Venezia)