Barcellona. Un "pungolo" per non perdersi

Un gruppo di universitari italiani e spagnoli tre giorni in Catalogna per una piccola vacanza. Ma cos'è quel velo di tristezza che rimane sempre, anche davanti alla bellezza della Sagrada Familía o dello stare insieme?

Quarantatré amici, spagnoli e italiani, a Barcellona. Quarantatré universitari che dal 7 al 10 marzo hanno condiviso momenti di convivenza e di gioco, vistando la città. Quattro giorni durante i quali abbiamo conosciuto meglio ciò che è accaduto a ciascuno di noi e ci ha conquistato. L’unità tra noi è stata sorprendente. Abbiamo condiviso la cosa più importante: che la nostra vita viene da Uno che abbraccia tutto, anche il nostro stare insieme. E il modo con cui lo facciamo abbraccia tutto: dalla visita alla città, ai pranzi, ai canti, ai momenti di gioco e la messa.

I pranzi e le cene sono stati l’occasione per raccontarci ciò che ci era accaduto durante la giornata, per domandare, per mettere sul tavolo le nostre preoccupazioni, come un’unica voce. Questa è una delle cose che mi ha sorpreso: la cura del nostro stare insieme, tutto per una sola cosa, la più importante, quella che sta accadendo.

Venerdì mattina abbiamo visitato la Sagrada Família, e sono rimasta sorpresa da come fossimo tesi, per cercare con gli occhi ciò che stava dietro a una bellezza come quella, per scoprire il rapporto che Gaudí aveva col Mistero per poter costruire qualcosa di simile, tanto pieno di senso e di significato. E a pranzo abbiamo parlato proprio di questo.



La sera a cena, dopo una fantastica giornata trascorsa tra la Sagrada e i giochi in spiaggia, Juan ci ha detto che gli rimaneva nel cuore un senso come di tristezza. Dopo quella conversazione, tutto il fine settimana è trascorso nel tentativo di aiutarci a comprendere questo pungiglione che penetra nel nostro cuore, questo pungolo di cui ha parlato Dima, che non ci lascia indifferenti, che ci ostacola. Lo possiamo vivere in due modi: come un’ombra che offusca la bellezza, un problema, oppure come qualcosa che ci provoca a domandarci cosa c’è dietro tutto ciò che viviamo. Nella pienezza e nell’inadeguatezza, in ogni cosa che ci accade. A partire da questo, è stato utilissimo raccontarci come ciascuno di noi vive le cose belle con questo pungiglione che spesso ferisce. Che rende il nostro cuore sempre più appartenente a un Altro.

Sabato abbiamo visitato il quartiere gotico della città e nel pomeriggio il Museo d’Arte Nazionale della Catalogna. Il pranzo è stato un altro momento prezioso per aiutarci a giudicare insieme ciò che stavamo vivendo in quei giorni. Diversi amici hanno raccontato come stavano affrontando determinate cose – la bellezza di un momento, di una amicizia, di una mancanza – e come quell’incontro faceva scattare il rapporto col Signore.

A cena, Tere ha detto: «Non so se l’avete notato, ma in un fine settimana in cui Barcellona era particolarmente affollata, in piena manifestazione, siamo riusciti a spostare quarantatré persone da un punto all’altro della città con i mezzi pubblici senza che nessuno si perdesse. Questo in un’altra compagnia non mi sarebbe successo: se fossi venuta con altri amici ci saremmo persi un sacco di volte. Mi sorprende l’unità che c’è tra noi. E questo accade perché tutti seguiamo la stessa cosa, la più importante. Perciò nessuno si è perso».
Maria, Madrid