Alma Orienta a Bologna

Bologna. «Cosa cambia se partiamo da un "pieno"»

Due giorni al banchetto per l'orientamento alle facoltà. Gli incontri con i ragazzi delle altre associazioni. E quel liceale che chiede: «Come si fa a candidarsi? Un domani vorrei stare anche io così in università»...

A Bologna c’è stato l'Alma Orienta, due giorni di incontri organizzati dall’università per gli studenti di quarta e quinta superiore. Noi siamo stati al banchetto delle associazioni come Student Office. Entrambi i giorni sono uscita dalla Fiera lieta, innanzitutto per il rapporto nato con i ragazzi delle altre associazioni: è stata una sorpresa per me riscoprirmi così desiderosa di conoscerli, sia per la storia che rappresentavano, sia per ciascuno di loro come persona. Lo stesso è accaduto con i liceali con cui ci buttavamo o che si avvicinavano incuriositi. Ad alcuni ho anche raccontato ciò che sto vivendo con lo Student Office, e una in particolare mi ha chiesto come si fa a candidarsi perché anche lei un domani vorrebbe stare in università così.

Ciò che ho scoperto in quei giorni lo devo innanzitutto a uno di noi che, raccontandomi dei pre-corsi e di come era stato accolto in appartamento, ha poi deciso di vivere con il Clu e di rifare a sua volta i pre-corsi. Si vedeva chiaramente, anche se non l’ha detto, che era lì in Fiera per restituire ciò che aveva ricevuto, per dare agli altri lo sguardo che riceve dai suoi amici e che lo ha folgorato.

Di questa diversità mi sono accorta anche per contrasto guardando le altre associazioni: ciascuna ha un punto di partenza preciso, chi il senso di rabbia e giustizia sociale; chi il rimpianto nostalgico del passato; chi l'ambizione di rendere la società “come dovrebbe essere”. Tutti partono da un vuoto, invece noi partiamo da un pieno, che è un pieno nella nostra vita e dipende strettamente dalla storia a cui apparteniamo. La Scuola di comunità chiama questo pieno “intensità”, infatti mi sto rendendo conto che il punto non è cosa ti accade intorno, ma come tu ti poni di fronte a tutto e a tutti. Il pieno da cui partiamo si declina sia nella stima che qualcuno ha di noi (come è stato per me), sia nel desiderio di essere sempre più noi stessi dentro l'università.

Il frutto più evidente che vedo in me, è che voglio più bene ai miei compagni di corso. Qualche mese fa, mi mandava in crisi il pensiero che avrei dato il mio tempo anche per persone che in fondo non mi interessava conoscere e che un giorno mi potrebbe essere chiesto di rappresentare. L'anno scorso, infatti, a lezione stavo molto nel mio e non alzavo lo sguardo se non con due o tre amici. Poi, guardando gli amici più grandi, mi sono accorta che di certo non potrò mai conoscere tutti gli studenti di Lettere o dell'Alma Mater, però posso partire da quelli che ho intorno, quelli che Gesù ha chiamato “il prossimo tuo”, proprio come sto imparando a caritativa. A proposito della caritativa, una compagna di corso, sentendoci raccontare di alcuni gesti che facciamo, mi ha chiesto se può venire anche lei a servire il pranzo dalle suore e poi a messa perché «è proprio bello il modo in cui ne parlate». Qualche giorno fa, ho raccontato tutto questo a un mio amico, matricola di Economia, per proporgli la candidatura. Ha rifiutato perché a settembre riproverà ad entrare nell’Esercito, però non solo era dispiaciuto, ma ha aggiunto: «Per come me l’hai posta tu mi sembra di capire che non si tratta soltanto di candidarsi, ma che c’è in gioco molto di più, perciò se posso aiutarvi nella preparazione, nella campagna elettorale, lo farei molto volentieri».

Scopro sempre di più che la diversità che ci ha afferrato è una responsabilità di fronte al mondo, qualsiasi forma essa assuma, perché plasma il nostro volto e il nostro agire. E sto scoprendo anche che l’entusiasmo (che se non l'abbiamo sembra quasi un peccato) nasce dalla mendicanza di Uno che ti prende e ti libera e non aspetta altro che tu torni da Lui. Quindi ridirei il mio sì a chi mi ha proposto il lavoro dello Student Office e la candidatura, per la promessa che sto vedendo in atto: diventare più me stessa, voler più bene a chi ho intorno, affezionarmi di più al luogo in cui sono chiamata a stare e alla nostra storia.
Ida, Bologna