Carlo Soave (quarto da destra) con gli amici della Fraternità.

«Ora che Carlo ha aiutato tutti ci ha lasciato»

L'incontro con il movimento sui banchi del Berchet, tanti anni fa. La passione educativa, gli incontri al Meeting, il richiamo alla preghiera e «il dono di spegnere i contrasti». Così gli amici ricordano Carlo Soave

Quando domenica 18 marzo è arrivata improvvisa la notizia che Carlo era mancato nella notte, noi amici ci siamo precipitati a casa di Paola, addolorati e increduli. Il giorno prima, la nostra Fraternità aveva pensato di trascorrere una giornata andando fuori Milano. La meta era stata la Lomellina, con Lomello e le basiliche di Santa Maria Maggiore e San Michele Arcangelo. E, sulla via del ritorno, visita a Vigevano dove Carlo ci aveva raccontato, lui appassionato di storia, della città. Talora citava le sue ultime letture, che andavano dalle coltivazioni, all'evoluzione della visione negli organismi viventi, all'importanza dello studio del greco antico. Non era mai noioso e noi un po’ lo prendevamo in giro per le strane nozioni a cui si appassionava studiando, ad esempio, gli occhi delle meduse e delle stelle marine.

Dal nostro incontro con altre famiglie amiche, nel 1971, era emersa l'idea di dare vita ad un “asilino”: l’inizio di quella grande opera che poi sarebbe diventata la scuola La Zolla e, successivamente, altre scuole secondarie di primo e secondo grado di cui Carlo è sempre stato un grande fautore, appassionato come era dell'educazione dei giovani, sempre coltivata come docente universitario di Fisiologia vegetale dapprima a Potenza e poi a Milano. In diversi incontri in tutta Italia, veniva chiamato come esperto; ultimamente si occupava della formazione di giovani insegnanti presso un liceo scientifico milanese.

Con noi amici condivideva la stessa storia di appartenenza al movimento fin dai tempi del liceo Berchet e con lo scorrere del tempo ci siamo via via accompagnati, affrontando momenti lieti e difficili che ciascuno di noi ha attraversato. Nei nostri incontri di Fraternità, Carlo interveniva sempre ora con osservazioni profonde, ora con una battuta spiritosa. Soprattutto aveva il dono di “spegnere” i contrasti o i battibecchi che talora sorgevano, spostando il discorso e il punto di vista. Di lui ci colpiva, nella recita delle ore del giorno, il richiamo al tono retto e al controllo della voce, testimoniando nel gesto della preghiera il desiderio di unità tra noi e la coscienza della mendicanza da Cristo.

Ci ritrovavamo al Meeting di Rimini, dove lo abbiamo visto protagonista di mostre e di interventi a carattere scientifico. Nell'ultimo anno si era occupato molto dei nipoti, del fratello Enrico mancato un anno fa, della cognata, accompagnata nelle diverse fasi della sua malattia. Come ha detto Paola: «Ora che ha aiutato tutti ci ha lasciato».
Donata e Giancarlo, Milano