La Via Crucis dei ragazzi di GS al Triduo

Triduo di Gs. «Prof, io voglio capire»

La lettura del XVI canto del Purgatorio inchioda l'attenzione degli alunni. Sembra finire tutto in quei pochi minuti, e invece arrivano le domande. Ma le spiegazioni al testo non bastano. Solo un invito: «Venite a Rimini»

Non è inusuale che leggendo la Commedia dantesca si verifichino fatti sorprendenti. Questa volta è successo con Purgatorio XVI, scelto lì per lì, in una mattina di lavoro così così. Mi era stato impossibile preparare le lezioni il giorno prima. Ero infatti irritata, rigida, come al solito in situazioni simili. Sta di fatto che è successo. Prima a me e poi a loro. Leggo come sempre, a voce alta, leggo bene perché mi piace, perché ne riesco a godere. E i versi a poco a poco mi si infilano dentro, sciolgono il torpore, mi commuovono, come la prima volta in cui me ne sono innamorata. «Esce di mano a lui che la vagheggia/ prima che sia, a guisa di fanciulla/ che piangendo e ridendo pargoleggia,/ l’anima semplicetta che sa nulla,/ salvo che, mossa da lieto fattore,/ volontier torna a ciò che la trastulla».

È per un atto supremo di amore che siamo vivi, creature scelte, amate dall’eternità. È per questo che cerchiamo incessantemente la felicità, quel Bene di cui portiamo l’impronta indelebile nel cuore. È il Bene che cerchiamo in tutti i beni, senza sosta. Senza rendercene conto e anche senza saperlo. Spesso senza trovarlo. Sembra un’impresa così difficile la felicità! Quante delusioni, quanti vuoti incolmabili ci angustiano, il venir meno terribile di tante cose belle... Passa nella mente il film della mia vita fino all’istante presente. Il desiderio, la domanda, il tempo e lo spazio in cui la Risposta mi ha raggiunto, mi raggiunge ora, in questa classe, imprevedibilmente.

Poi il suono della campanella interrompe la lettura. Mi accorgo che un silenzio miracoloso permane e mi inchioda. Cosa succede? Cosa c’è qui dentro? Tutto si gioca in qualche minuto. Presto l’astinenza da cellulare o da distributore di merendine ha il sopravvento. Il rumore si riprende lo spazio perduto. Io mi preparo a sistemare le mie cose, ad uscire dall’aula, un po’ triste: è stato bello finchè è durato… Ma quando sollevo la testa mi trovo accerchiata da un gruppetto di ragazze affatto intenzionate a lasciarmi andare. La prima mi blocca: «Adesso però prof, mi è venuta una domanda troppo importante, io devo capire». «Sentiamo». E qui sferra il colpo: «Ma è Dio che sceglie o siamo noi che scegliamo Dio?». Colpita. La seconda rincara la dose: «Ma se Dio sceglie allora non siamo liberi davvero? E perché sceglie qualcuno e non tutti? Non è mica tanto giusto!». Colpita. Colpita. Affondata. C’è poco da fare per uscire viva da qui. «Sentite, io vi posso spiegare bene cosa dice Dante, ma non basta per rispondere alle vostre domande. Se volete, vi invito in un posto dove tutto quello che abbiamo letto accade e basta».

È così che le ho invitate al Triduo di Gs. Da matta, da incosciente. Sì, perché io non ero convinta di andare: tante questioni da sistemare a casa, problemi a bizzeffe. Eppure era successo. Quella sera, pur confusa, mi iscrivo al Triduo. E ingaggio anche una sfida con Dio: se almeno una di loro accetta l’invito, allora è il segno che va bene così, e faccio il bonifico di pagamento. Credo proprio di aver scommesso facile, facile.

Rivedo la classe dopo due giorni. Ultima ora, ora di interrogazioni, pesante. Non finisce più. La campanella in queste circostanze è una liberazione. L’aula velocemente si svuota ed altrettanto velocemente anche io mi preparo ad uscire. È proprio mentre varco la soglia che mi accorgo di lei che mi aspetta: «Prof scusi, sa quel posto di cui ci ha parlato, la Via Crucis... Ecco io vorrei venire». Stecchita. «Dio grande e terribile» dice un altro vecchio saggio amico mio.

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Martina non ha le idee molto chiare sulla Settimana Santa e si accorge di aver organizzato un viaggio con le amiche proprio nei giorni del Triduo. «Ma allora non avevo capito bene... Adesso come facciamo? Io ho davvero bisogno». Mi accorgo all’istante che anche io ho davvero bisogno, più di lei, di quel Triduo. «Stai tranquilla, vai in vacanza, io sono sempre qui e ti invito ancora». Mentre Martina se ne va sollevata, io resto attaccata alla colonna del corridoio, certa. Ho perso, ma ho vinto.
Alessandra, Cesena