Vacanza maturandi. «Che cosa c'è dietro?»

Una convivenza in vista dell'esame di maturità. La maggioranza dei ragazzi non è di GS. Lo studio, i canti, i giochi. Un universitario racconta che cosa succede quando si parte dalla stima del desiderio dei ragazzi

In questi giorni con alcuni ragazzi universitari sono andato a una vacanza-maturandi di studenti di Corsico e Abbiategrasso a Fobello (Vercelli). La distinta dei presenti recitava: due cuoche eccezionali, ogni giorno quattro o cinque tra professori e universitari, e ventitré maturandi che, a eccezione di quattro di Gioventù Studentesca, per la prima volta partecipavano a una settimana di questo genere.
La prima sera un amico universitario, venuto a raccontare la propria esperienza, ha introdotto il suo intervento con le parole di Noa, la ragazza olandese che pochi giorni fa si è lasciata morire e che nel suo libro autobiografico denunciava l’impossibilità di trovare un luogo che reggesse all’urgenza del proprio desiderio di felicità. Il nostro amico si chiedeva: «Quando si può rischiare il proprio desiderio? Solo quando si è in rapporto con qualcuno che stima la nostra vita e il nostro desiderio». In questi giorni di convivenza ho potuto riscoprire che questo è davvero possibile.

Due cose in particolare hanno permesso l’emergere di questa possibilità. Innanzitutto, vedere in gioco soprattutto in Dado Peluso, un professore che ha accompagnato i ragazzi con Gianni Mereghetti, ma anche tra noi universitari un bene e una passione per la vita dell’altro senza schemi e senza nessuna condizione. «Non ti conosco nemmeno, ma per te darei la vita», un bene per l’altro (davvero per tutti!) solo perché l’altro c’è. Questa intensità, poi, ha permesso che in pochi giorni nascesse un’amicizia e una unità impensabile, che ho riconosciuto in tre serate in cui rispettivamente abbiamo cantato, guardato un film e giocato insieme. Mi colpiva che per tutti la bellezza dello stare insieme era la scelta più corrispondente, più che preoccuparsi della maturità, dello studio, o di altro. Tutto questo ha portato come frutto un prendere sul serio il proprio desiderio e la propria vita.

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Il secondo giorno, dopo pranzo, alcuni maturandi ci hanno raccontato le difficoltà della scelta dell’università. Ciò che emergeva dal dialogo è che per impegnarsi con sé stessi occorre un sostegno che ci permetta di rischiare, qualcuno che, come in quei giorni, ha passione per la tua vita. Questo è stato evidente con Paola, una delle tante ragazze che non conosceva nemmeno la realtà del movimento, intelligente e brava a scuola. Il primo giorno a chi le chiedeva che ipotesi avesse sul suo futuro rispondeva quasi con sgarbo: «Niente, non voglio studiare». Alla fine della convivenza il suo volto era cambiato e dominato dal sorriso. Lavando i piatti insieme mi dice di essere contenta dei giorni trascorsi e di essere diventata amica di persone nuove e più amica dei suoi compagni. Poi mi racconta un po’ di sé e confessa di avere più di un interesse: Veterinaria, Economia, Radiologia, ma anche una grande paura nel non riuscire, di non essere adatta. È proprio vero allora, ho pensato, che occorre qualcuno che stimi la nostra vita per poter vivere all’altezza del nostro desiderio. Ma che esista questo luogo pieno di questa umanità travolgente non può essere scontato e sempre Paola l’ultima sera affianca Dado, suo professore, e gli chiede: «Perché fai questo?», come a dire: «Cosa c’è dietro?». Una domanda che mi ha fatto riaccorgere della grazia che ci è capitata e che questa umanità non ha meriti o capacità umane, ma che «qualcosa dietro ci deve essere» come osservava Paola.

Tornando verso Milano, Dado alle sue alunne scriveva «Non dimenticate quello che avete visto». E loro «Prof, ma come si può dimenticare?». È la stessa esigenza che è nata in noi dopo questi giorni, non dimenticare e approfondire la possibilità di una vita vissuta all’altezza del proprio desiderio.

Andrea, Milano