Maturità. Una domanda che risponde al mondo

Una vacanza-studio verso l'esame di Stato all'indomani della vicenda di Noa, la ragazza olandese che si è lasciata morire. E la scoperta, per una settantina di studenti brianzoli, della portata di ciò che vivono: una «lente» per stare di fronte a tutto

Il 6 giugno 2019 le pagine di Repubblica riportano un breve articolo di Massimo Recalcati sulla triste vicenda di Noa Pothoven, la 17enne olandese che, per la respinta della sua richiesta di eutanasia, ha scelto di lasciarsi morire di fame e di sete, nell’impotenza di genitori e medici che non hanno voluto somministrare alla giovane la nutrizione forzata a cui era già stata sottoposta innumerevoli volte per la grave forma di anoressia di cui soffriva. Recalcati si interroga su quello che considera un fallimento educativo, sulla mistificazione di una libertà che è sostanzialmente illusoria: la società si fa promotrice, sulla scia di una lettura approssimativa dei moti rivoluzionari del '68, di un concetto di libertà vuoto, astratto, che vorrebbe porsi come legge ultima a fondamento di ogni legge. Le domande che fa lo psicanalista sono incalzanti, dirette, quasi violente, e costringono a pensare alla direzione verso la quale sta andando il mondo in cui viviamo.

Quattro giorni dopo, più di 70 ragazzi della provincia di Monza e Brianza sono a Triuggio per la vacanza maturandi, per preparare insieme il tanto temuto esame di Stato. Non tutti frequentano GS, alcuni sono lì per la prima volta.

Le giornate sono intense, ci si ferma solo per mangiare. Al mattino si comincia alle 9 con le Lodi e poi si inizia a studiare. La Villa Sacro Cuore di Triuggio è invasa da libri, quaderni ed evidenziatori sparsi su qualsiasi superficie che si presti allo studio. C’è chi lo fa in silenzio, chi in gruppo. E c’è chi si fa aiutare dai professori che hanno scelto di condividere con i ragazzi un momento così importante come la maturità.

A fronte di una società adulta che sembra ignorare il grido disperato che emerge dagli adolescenti che non trovano un luogo che resista al loro desiderio di felicità o semplicemente “comprensione” (come denunciava Noa nella sua autobiografia), mettendoli a tacere con leggi e provvedimenti come fossero pastiglie, nella campagna brianzola si realizza quello che potrebbe sembrare un miracolo: l’incontro tra due generazioni, anche se si tratta “solo” di una spiegazione per capire meglio Montale, Heidegger o il teorema di Gauss.

Anche il rapporto tra i ragazzi s’intensifica. Quella di GS non è un’amicizia consolatoria o che fornisce risposte facili e sicure. Al contrario, è un rapporto che, come ricorda Anna durante la testimonianza tenutasi durante la seconda serata, ti affaccia al destino e ti fa porre un sacco di domande. E che non smette di farti cercare la stessa corrispondenza trovata, nel caso di Anna, nella compagnia di GS e, ora, del CLU. Come ricorda Kierkegaard, «l’importante nella vita» è «aver visto una volta qualcosa, aver sentito una cosa tanto grande, tanto magnifica che ogni altra sia un nulla al suo confronto e anche se si dimenticasse tutto il resto, quella non la si dimenticherebbe mai più».

Con i maturandi ci sono anche due universitari che stanno preparando la sessione estiva. Alessandra e Giovanni, rispettivamente al quarto anno di Lettere moderne e al secondo di Filosofia, spiegano che sì, la maturità si fa una sola volta nella vita, ma non è detto che un’esperienza così non possa essere “nuova” anche se già vissuta. Come in Umberto Saba, quando, nella celebre poesia Amai, riconosce una immensa fecondità nella tradizione: il valore intrinseco della vita è nella vita stessa. Il nuovo sta nella lente attraverso cui guardiamo il mondo, non nel cambiare il mondo con una sua versione sempre aggiornata.

Questa fame di uno sguardo completamente rivoluzionario si vede nei ragazzi che tutte le sere puntualmente vanno nella cappella della villa per la messa. Così, un gesto che nella quotidianità spesso appare noioso, lì diventa un’urgenza, un luogo non solo di pausa dallo studio prima della cena, ma vero e proprio momento d’incontro con Gesù per chiedersi: «Oggi, in tutto quello che ho studiato, che cosa mi hai detto?».

La possibilità del cambiamento è un aspetto fondamentale in una compagnia simile. Quest’anno in GS ho riscoperto la libertà vera, di cambiare e di ascoltarsi. Sono diventata sempre più consapevole di poter seguire ciò che amo, ciò che mi chiama, anche a costo di mandare all’aria il progettino di vita che costruisco da tempo. Senza vocazione, nulla regge all’urto del tempo. Forse è questo il passo che è mancato a Noa, il non aver potuto scorgere in tutta la sua vita, nemmeno da lontano, qualcosa che la chiamasse sinceramente. Si può sempre cambiare e ci si può mettere in discussione anche quando tutto sembra più buio, anche quando una malattia sembra insopportabile o quando le pagine del programma di Fisica e Matematica sembrano infinite ed incomprensibili. Le scelte deleterie, come la “libertà” di pianificare la propria morte così presto, chiudono in una scatola senza via di uscita, non fanno procedere, mentre lo spiraglio del cambiamento va sempre lasciato aperto.

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Solo così, durante le chiacchierate prima di cena con gli universitari, scegli di mandare a monte tutti i piani per l’estate e iscriverti al pellegrinaggio di Czestochowa, e capisci che forse le tue idee sull’università e sul tuo futuro non sono proprio così chiare. E va bene così, perché la domanda è il miglior mezzo per la verifica.

Se il mondo da cui Noa è fuggita si muove in una direzione incerta e confusa, i giovani maturandi di Triuggio si pongono un sacco di domande e trovano poche risposte. L’esperienza di GS, ormai al termine, non rifiuta la confusione e il dubbio perché “condizioni instabili”, ma le mette davanti a veri e propri strumenti di indagine per la propria vita. Spesso ci si sente ripetere di “stare al gesto, alla domanda, alla circostanza”: in un mondo che cerca solo di andare avanti e il più velocemente possibile, GS ti dice di stare, di fermarti e di capire cosa ti sta dicendo quello che hai di fronte e dentro di te.

Alla fine di questa convivenza mi rendo conto di aver aperto pochissimi libri, di aver semplicemente fatto prendere aria a un po’ di pagine che non venivano sfogliate da tempo. Ma torno a casa con il cuore desto, pieno di domande e di desiderio di mettersi alla ricerca, bramoso di affrontare la maturità con uno spirito completamente rinnovato, e, soprattutto, carico per l’esperienza universitaria.

Giulia, Monza