I canti durante la gita

Vacanze. Quella bellezza che si affaccia dai sedili in fondo

Verso Pila con ospiti inattesi e sgraditi in auto. Ma, piano piano, la realtà inizia a scardinare il pregiudizio. Passando dallo sguardo della figlia e del marito. Ma anche dai calzoncini di Renato e dalla storia di Simon...

Quando Alberto, mio marito, mi chiede di andare con lui alla vacanzina di un giorno e mezzo con il gruppo di Ugo Comaschi non posso neanche minimamente immaginare a cosa vado incontro... Gli dico di sì e il giorno prima mi preparo con valigie piene di indumenti per il freddo, il caldo, cambi vari e l’occorrente per ogni evenienza... Due borsoni belli pieni. Mi preparo anche psicologicamente a una situazione in cui non conosco nessuno.

La sera prima della partenza Ugo chiama Alberto: «Hai dei posti liberi in macchina? Ci sono Simon, l’amico albanese, e Renato da portare su». Ecco: subito decido che io e Cecilia, mia figlia di otto anni, rimaniamo a casa. Figurati se mi metto in viaggio con due perfetti sconosciuti avendo ben presente le persone che Ugo incontra nella caritativa con i disoccupati… Ma mi viene in mente Elisa, altra mia figlia, con gli incontri che sta facendo in Messico e il “sì” che dice ogni giorno. Capisco che dire di no a quella proposta è come dire di no a Dio. Ingoio il rospo e detto le condizioni del viaggio: «Io guido la monovolume, mia figlia Cecilia sta davanti, Alberto in mezzo con i bagagli e gli ospiti dietro in fondo, dove di solito stanno i bagagli. E, alla fine della vacanza, lavaggio auto a cento gradi».



Arriviamo all’appuntamento. Simon entra con un sorriso pieno di gratitudine e un piccolo zaino. L’altro non riusciamo a trovarlo. Arriva dopo un po’, senza bagagli. Tra le mani, ben salda, una bottiglia di vino: «È un regalo per Ugo. Se lo merita». Ha la stessa incrollabile fiducia in Ugo di mio marito, e la cosa mi infastidisce. Cecilia chiede: «Siete amici?». No, Renato e Simon si vedono lì per la prima volta. E lei: «Bene, è utile che siate vicini, così fate amicizia». La sua positività trasforma la mia brutta strategia dei posti in fondo in una possibilità buona. Comincio a vergognarmi. Alberto mi intenerisce quando gli chiede di raccontare la loro storia. Non è nella sua natura farlo. Quando arriviamo a destinazione, dopo tre ore, una cosa è chiara: Renato ha la passione per aeroporti e voli, lo avrà ripetuto cinquanta volte.

L’incontro del venerdì sera è già iniziato, nella hall dell’albergo mangiamo dei panini preparati da mio marito, contributo che sa di altra novità. Cecilia scambia le sue patatine con quelle di Renato e io ricomincio a parlare. Accetto una patatina da Renato e gli offro un biscotto. Riusciamo a seguire l’ultima parte dell’incontro con Silvio Cattarina e capisco che in quel giorno e mezzo si sarebbe giocata la mia conversione.

Sabato mattina c'è la gita. Arriva Renato, con dei pantaloncini improbabili che Ugo gli ha prestato: «Salgo con voi in seggiovia perché siete una bella compagnia», dice a me e ad Alberto. Ugo lo convince a salire a piedi, ma quando si avvia con gli altri, si dimentica di Renato. Proviamo a convincerlo a venire con noi, ma lui dice che aspetta lì, perché Ugo così gli ha detto. Alberto, con grande sforzo, lo accompagna per un pezzo mentre Ugo torna a prenderlo. Arriviamo in cima e io e Cecilia ci ustioniamo: nelle due valigie ho messo di tutto tranne la crema solare.

A cena, trovo Renato e Simon al tavolo da cinque che ci tengono il posto. Sembra di stare in famiglia. Simon chiede se possono fare il viaggio di ritorno a Milano con noi. Renato investe i suoi pochi spiccioli per offrirmi una birra, perché gli avevo detto che la preferivo al vino. Non ne ho voglia, ma capisco che per lui è importante. Prendo una media. Renato è raggiante e offre a Cecilia un’aranciata, finendo, temo, tutti i soldi. Continua a dire che la nostra compagnia è bella e mi segue come un’ombra perché «sei un punto di riferimento». Nessuno me lo ha mai detto.

Alla festa finale, la sera, Alberto ė già seduto davanti quando io e Cecilia arriviamo in salone. Lei vede Renato e Simon seduti più indietro: «Sediamoci lì». E si mette in mezzo a loro. Renato ogni tanto si addormenta, lei lo sveglia con un battito di mani e lui ride contento.

Domenica mattina, assemblea. Ugo chiama vicino a sé Simon e comincia a raccontare la sua storia: ha incontrato il movimento mentre cercava lavoro. E ha capito di essersi imbattuto in qualcosa di speciale tanto da chiedere a Ugo di incontrarlo e di incontrarlo ancora. E Ugo l’ha portato agli Esercizi, dove si è confessato per fare la Comunione. Mentre la moglie, a casa, preoccupata che non facesse figuracce, pregava per la sua conversione... All’improvviso riconosco il perché di quegli occhi curiosi e attenti a non perdere un solo istante di quello che succede. Riconosco la Bellezza, la stessa che avevo relegato nel portabagagli ieri. Vedo l’umiltà e la povertà di spirito in quell’uomo con gli occhi di un bambino. E piango. Mi vergogno. Riconosco il Signore.

È ora di partire. Nell’attraversare la strada, Cecilia prende per mano Renato, preoccupata che nessuno lo investa. Rivedo la stessa premura che aveva per il nonno malato di Alzheimer tre anni fa e mi commuovo. Decido che ora gli ospiti in macchina possono stare nella seconda fila. Simon è contento di tornare a casa. Ha fretta di rientrare. Cos’ha nel cuore? Renato ricomincia a parlare di aerei. Alberto, cardiopatico, si sente male per il dislivello: siamo scesi troppo in fretta. Ci fermiamo, Simon si avvicina ad Alberto che cammina all’ombra e piange di paura. «Non ti preoccupare», mi rassicura Simon: «Lo accompagno io». Rimango con Renato. Gli chiedo dei suoi genitori e mi racconta della morte della mamma, mettendosi a piangere come un bambino. Rientriamo in auto e arriviamo a Milano. Un saluto e via, ognuno per la sua strada. Ma il mio cuore è colmo e non posso dimenticare neanche un istante, neanche un particolare. Avrei potuto raccontare dei canti, della passeggiata sul lago, delle testimonianze, della serata… Ma Simon e Renato sono molto di più.

Lucia, Milano