I giessini sulle montagne di Sestriere

Vacanze GS. Si impara da quello che c'è

Al Sestriere da Piemonte, Liguria e Valle d'Aosta, per qualche giorno insieme. Quasi trecento studenti delle superiori hanno fatto i conti con le loro domande, mettendo a tema la vita. E alla fine «non eravamo più quelli di prima»

«Attenzione a ciò che è fuori di te, perché la verità emerge nell'esperienza e quest'ultima è l'unica cosa che ci permette di conoscere noi stessi». Con queste parole di Francesco è iniziata la vacanza estiva a Sestriere di 280 tra ragazzi e professori di Gioventù Studentesca provenienti da Liguria, Piemonte e Valle d'Aosta.

Questa attenzione ha dominato la prima gita, i canti e la prima assemblea con Jesus Carrascosa, "Carras". I ragazzi erano pieni di domande sulla sua testimonianza fatta al Triduo, e piano piano hanno iniziato a chiedergli un aiuto per andare a fondo di cosa vuol dire “attenzione” e come si può mantenerla desta. Carras ha preso sul serio ogni intervento e ha guardato tutti con uno sguardo così pieno di affetto che anche i più timidi hanno potuto tirare fuori le cose che avevano a cuore: i rapporti con gli amici, le difficoltà in famiglia... fino a chiedersi se questa compagnia sia un luogo dove è possibile vivere senza maschera.

Da queste domande e da questo sguardo Francesco è ripartito, il giorno, dopo per fare un passo in più e cercare di capire cosa volesse dire esperienza: «Chi parte dall'esperienza impara da quello che c'è. Esperienza è vivere ciò che ti fa crescere: ciò che la caratterizza è capire non fare, quindi giudicare. Proviamo in questi giorni a guardare quello che accade e a giudicarlo».

Questa tensione a giudicare le cose mi ha fatto gustare quello che capitava, la gita allo Chaberton, l’escursione sul ponte tibetano, i giochi, i canti, i dialoghi tra noi. Ma soprattutto gli incontri che spaziavano dalla musica classica a Leopardi passando per la presentazione di Barabba e che, come ha detto Stefano Giorgi introducendo un brano di Mozart, erano pensati «per aiutarci a spalancare gli occhi davanti a quello che ci accade».

«Qui è più bello, mi sento in un altro mondo», così i ragazzi hanno descritto quello che stavano vivendo. La serata finale è stato un susseguirsi di canti, balli e frizzi, le stesse cose fatte nei giorni precedenti, ma le facce erano trasformate: abbiamo ballato e cantato come il primo giorno, ma non eravamo più quelli di prima.

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Ultimo giorno, assemblea finale. La fila di persone che volevano intervenire sembrava non finire mai. In tanti hanno raccontato di non voler più stare soli e che tornavano a casa con un senso di insoddisfazione, ma certi di non lasciare questa compagnia. Più volte, davanti a ciò che è capitato, mi sono domandata: «Ma chi sei tu che permetti queste cose? Che doni a me e a questi ragazzi una faccia così contenta?». Tra gli ultimi è intervenuto un ragazzo del primo anno che ha raccontato di come, raccolta la sfida lanciata all’inizio della vacanza, è arrivato in cima allo Chaberton e si è commosso fino a dire: «Signore, ma che panorama mi hai dato!».

Monica, Rapallo (Genova)