Se la pena è scontata tra i pacchi per i poveri

Un detenuto che finisce a fare volontariato al Banco di Solidarietà. È l'inizio di una amicizia, che diventa sempre più stringente e profonda. «Ma anche un invito continuo alla conversione»

Circa due anni fa nel preparare i "pacchi" mi imbatto in un ragazzo che non conoscevo. Dopo un po' vengo a sapere che è un carcerato, oltretutto protagonista della cronaca nazionale qualche tempo prima per un caso di violenza che ha avuto conseguenze drammatiche per la vita di un altro uomo. Dopo qualche mese di cella, in attesa di giudizio, i servizi sociali gli avevano suggerito di avviare un percorso di volontariato e così si era ritrovato, da "forzato", al Banco di Solidarietà.

Nonostante quell'inizio un po' particolare e la mia diffidenza, in poco tempo quel ragazzo è entrato nella mia vita senza bussare: le mie figlie di 10 e 11 anni vanno a cavallo e in campagna con lui, lo invitano a casa nostra, mia moglie lo va a prendere per l'appuntamento mensile del Banco, gli suggerisce dei libri, lui li legge e ne resta entusiasta. Inizia a parlare di don Giussani e di Carrón quasi come di amici stretti. Inizia a venire alla nostra Scuola di comunità ed è per tutti subito un grande richiamo: «Non mi leggere le righe del libro, dimmi tu che ne pensi!», è la sua "tipica" espressione.

È stato forse in quel frangente che ho capito quale desiderio aveva dentro: è iniziata fra noi un'amicizia più profonda fatta di momenti semplici eppure intensi. Da un po' facciamo la Colletta Alimentare insieme e qualche volta lo accompagno a portare il "pacco" a un vagabondo suo amico che lui tratta con la tenerezza di un padre per il figlio. È venuto perfino a fare il servizio d'ordine al pellegrinaggio Macerata-Loreto. E alla domanda un po’ audace di qualche amico sul perché aderisca così ad ogni nostro invito, lui risponde: «Semplice. Qui sto bene, perché non dovrei dire di sì?».

Da un mese ha ricevuto la sentenza definitiva, che gli impone, tra l'altro, una misura restrittiva per cui deve restare in casa dalle 20 alle 8. I servizi sociali gli hanno chiesto se voleva continuare il volontariato al Banco di Solidarietà e lui ha risposto un secco «no». Ci ha spiegato, poi, il motivo: «Io vengo qui per me, non per un obbligo dei Servizi Sociali».

In osservanza alla misura, non gli è più possibile partecipare all'appuntamento settimanale di Scuola di comunità, così ha chiamato mia moglie e le ha chiesto se, almeno una volta al mese, si poteva fare di pomeriggio. Dopo aver fatto i salti mortali per fissarla in modo stabile al venerdì sera, cediamo: la spostiamo alla domenica pomeriggio.

Siamo tanto diversi lui ed io: il giorno e la notte. Lui resta impulsivo e spavaldo, io schivo e con il freno tirato. Ma mi accorgo che la sua presenza è per me un invito continuo a “convertirmi”, a uscire dai miei schemi ed assecondare quello che vedo, cercando nell'esperienza che vivo nel movimento quella corrispondenza viva che per lui è così evidente e necessaria per vivere.

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Forse siamo diversi solo in apparenza: ognuno di noi si sente unito all'altro perché ne riconosce l'identico bisogno di Qualcosa che venga da fuori da sé per salvare la propria meschinità. Che grazia la presenza di Gesù attraverso quella del mio amico!

Lettera firmata