Merano. A cena con un padre

La comunità altoatesina incontra il vescovo di Bolzano-Bressanone, Ivo Muser. Un'occasione per conoscersi. E tornare a guardare l'essenziale della vita cristiana: «Dio si rende esperienza quotidiana»

«D’un tratto incontri qualcuno nella folla, lo sguardo di qualcuno - uno sguardo umano - ed è come se ti fossi accostato ad un divino nascosto. E tutto diventa improvvisamente più semplice». Questa citazione di Andrej Tarkovskij è l’esatta descrizione della serata trascorsa col Vescovo di Bolzano-Bressanone Ivo Muser, una cena con la comunità di CL di Merano, venerdì 22 novembre.
Colpito dalla familiarità che traspare dalle lettere alla Diocesi, essenziali e profonde, uno di noi, Marco, lo ha invitato a cena e ha esteso l’invito agli amici della comunità.

Il risultato è stato una serata preparata con cura dei dettagli da parte della comunità che ha accolto il proprio Pastore, per scoprirsi in realtà lei stessa per prima accolta, ciascuno guardato e abbracciato da monsignor Muser.

Antonio ha introdotto chi siamo, partendo dal fatto che questa storia ha generato “tracce" evidenti, che poi sono state testimoniate da alcuni.
Marisa ha raccontato della sua esperienza con i ragazzi del centro giovanile “Cilla” e della gratitudine per il cammino con i Cercatori del Graal (gruppi di studenti delle scuole medie), consapevole che il bisogno dei giovani è poter vedere adulti certi nella fede e appassionati alla vita; Claudia dell’aiuto allo studio rivolto a bambini e ragazzi, bisognosi di uno sguardo e di un abbraccio che è lo stesso che lei desidera e riceve dentro l’amicizia con Gesù. Poi Franca della caritativa nell’istituto per anziani: «Andiamo per noi, per la gratitudine verso Colui che ci ama per primo».

Roberto ha parlato del coro “Non Nobis Domine”: la sua passione musicale è nata nell’alveo di questa grande amicizia. E ancora Franco: il Centro Culturale è nato per «comunicare a tutti l’esperienza cristiana». Cristina si occupa del Siticibo, il servizio del Banco Alimentare per il recupero del cibo eccedente: «Ho scoperto che la fede abbatte le barriere linguistiche perché capace di incontrare anche chi è molto diverso» proprio per il fatto di essere «tutti bisognosi di un Amore più grande». Infine Daniela ha raccontato che con le Tende di Avsi scopre non solo di essere felice ad aiutare gli altri, ma soprattutto che «ognuno è pieno di talenti».

Monsignor Ivo Muser, vescovo di Bolzano-Bressanone

Marco, alla fine, ha ringraziato il Vescovo per la sua presenza: avere davanti un padre, ha detto, è l’unico fattore che permette di vivere la vita come un’avventura senza fine. Un’avventura dove «quello che la realtà pone è molto più interessante di quello che si avrebbe in testa». Ed è proprio attraverso il rapporto con un padre presente che si fa esperienza del Padre che «ci accompagna con amore lungo tutte le nostre vie», ha detto monsignor Muser. «E con Lui il desiderio è di avere un rapporto stretto: da padre a figlio».

A lui abbiamo anche chiesto quale siano stati i fatti e le persone che lo hanno aiutato e lo aiutano di più nel cammino di fede: «Mia nonna ha saputo raccontarmi di Gesù facendomelo percepire presente», ha risposto. Lo ha aiutato molto anche il padre, «a cui non ho mai parlato delle mie domande di fede. Ma, prima di diventare diacono, bussò alla porta della mia camera e mi disse che, se anche avessi deciso di ritornare sui miei passi, quella porta sarebbe sempre stata spalancata ad aspettarmi». Infine, ci ha fatto notare come ciascuno di noi avesse parlato «non di una teoria, ma della propria esperienza, che è l'unico tramite per cui Dio si è fatto incontro a ciascuno, contraddistinguendo il cristianesimo da ogni altra religione. L’esperienza è condizione della nostra fede, rispetto alla quale ogni altra cosa è relativa - nel senso letterale di relazione - e senza la quale crollerebbe tutto. Ogni anno a Natale sono sempre più commosso di questo fatto: Dio si rende esperienza quotidiana a noi, documentabile, e rende chiunque viva questa esperienza un testimone». Appena nominato Vescovo, «avevo già chiarissimo il mio motto: Tu es Christus - Tu (!) sei Cristo». E, ancora: «Ciascuno di voi ha fatto notare che senza questi amici non sarebbe possibile: è Gesù che ci viene incontro, qui e ora, attraverso una compagnia reale, di cui, appunto, si fa esperienza».

La cena, con lui e le famiglie con i bambini, è stata la documentazione di questa sua paternità e familiarità tanto che ha continuato a raccontare di sé e ha chiesto a ciascuno chi fosse e cosa facesse.

E nuovamente diventa evidente questo fatto: siamo diversi, con storie e caratteri differenti, spesso con situazioni difficili da affrontare, a volte lamentosi e pretenziosi. Ma quando si è abbracciati da un padre, si guarda di nuovo se stessi e gli altri con una familiarità nuova, certi di essere fratelli messi nel mondo l’uno accanto all’altro da un Padre per farci camminare, come ha ricordato il vescovo Ivo: «Gioiosi, non sempre ilari - potrebbe a volte sembrare fuori luogo - ma sempre pieni di gioia. Questo ci distingue come cristiani». E la “traccia” è proprio quel «bello gustato che permane nel cuore», come ha scritto Daniela il giorno dopo.

Marco, Merano