La "Missione di Natale" della Comunità di CL Buenos Aires

Buenos Aires. Un augurio di cui tutti hanno bisogno

La comunità di CL della capitale argentina coinvolta in una "Missione di Natale" dalla diocesi locale. Un gesto semplice: donare un'immaginetta del presepe e salutare la gente preda della frenesia delle feste... Ecco cosa è successo

Quest’anno, come già in passato, il Demec (Dipartimento Movimenti e Nuove Comunità) dell’Arcidiocesi di Buenos Aires ci ha invitato a partecipare alla “Missione di Natale”, ovvero, andare per strada vicino alla Cattedrale e augurare “Buon Natale” alla gente, consegnando un’immaginetta del presepe con una frase del Papa sulla nascita di Gesù.

La Cattedrale si trova nel centro nevralgico della vita commerciale della nostra città. Era una giornata estiva, con tanto sole e oltre 30 gradi. Intorno a noi, uffici, aziende, negozi di ogni genere, banche, venditori ambulanti e una moltitudine di persone, tutte di fretta a sbrigare i loro affari. In questo contesto, ci siamo chiesti: «Questo gesto è inutile e inappropriato oppure è coraggioso e sorprendente?». E ancora: «Servirà anche a mantenerci “in attesa”?» Ma quale attesa? Quella, di cui parla Carrón al ritiro di Avvento della Fraternità San Giuseppe: «Con questa attesa ci vogliamo preparare al fatto di Cristo, al Natale. Ogni anno io non riesco a iniziare il tempo dell’Avvento pensando che questo attendere sia scontato».



Racconta Sonia: «Passavano persone diverse per nazionalità, aspetto, religione… Subito mi ha colpito la frenesia con cui tutti camminavano: facce preoccupate e mani piene di cose, cellulari, portafogli, la cartelle e spesso borse piene di regali, tanto che a stento riuscivano a prendere anche il nostro biglietto natalizio. “Gesù è venuto per tutti”, pensavo: “È venuto per ciascuno di loro”. Mi sentivo chiamata a dare il biglietto a tutti, senza distinzioni, perché Lui non ne ha fatte. È venuto per la felicità di tutti. Cosa accadrà dopo il mio gesto non lo so, ci penserà Lui». Tanti evitano Sonia, rifiutano il dono, ma dopo aver sentito «buon Natale», non possono fare a meno di cambiare sguardo, stupirsi e accettare il biglietto. Qualcuno addirittura ringrazia o ricambia l’augurio, lasciandosi sfuggire un sorriso, «come toccato, contagiato e cambiato da un desiderio di bene», aggiunge Sonia: «Mi ha sorpreso soprattutto una persona in giacca e cravatta, sulla cinquantina, occhiali da sole. Gli ho dato il biglietto e gli ho detto: “Buongiorno, buon Natale”. L’ha preso al volo, distrattamente. Dopo pochi secondi è tornato, si è tolto gli occhiali e ha detto: “Grazie, è un gesto molto bello quello che state facendo, scusatemi, e un felice Natale anche a voi”. C’era anche un venditore ambulante di gelsomini seduto al bar, a cui ho dato un’immaginetta. Mi ha chiesto se poteva averne altre da dare ai camerieri. Poi, uno di questi è venuto a chiedermene ancora perché voleva darle ai suoi parenti». In tanti ne vogliono in più per le loro famiglie e i loro amici: «Mi colpisce che anche in mezzo alla vita affannata, in questi giorni di festa che viviamo così di fretta, possano arrivare a ciascuno le parole di cui tutti noi abbiamo bisogno. Parole che sono un segno di pace e, in definitiva, di salvezza».

Alla Missione di Natale c’è anche Viviana: «Quel giorno, prima di andare, ho letto Scuola di comunità per prepararmi e ho avuto un contraccolpo quando don Giussani dice che se non percepiamo che tutto è dato dal Signore, perdiamo il fascino della realtà. Ho risposto a questa richiesta, riconoscendo che tutto mi è stato dato». Quando arriva alla Cattedrale, un amico che si occupa dell’organizzazione la avverte: «Solo l’1% ti saluta o ti ringrazia, il resto ti ignora». Racconta Viviana: «La verità è che non mi importava, volevo solo comunicare tutto il bene che mi viene dato. Ed è successo qualcosa di incredibile: l’1% è diventato il 99% che ha risposto al mio saluto. Io sorridevo, e la gente era sorpresa da questa gioia. Ricambiavano il sorriso. Alcuni si sono anche fermati a salutarmi. Non ho discriminato nessuno: barboni, adolescenti, famiglie, studenti… Tutti erano per me, Cristo è venuto per tutti. Una ragazza mi ha particolarmente commosso. Aveva il volto molto angosciato. Quando l’ho salutata, mi ha guardato e mi ha detto: “Non sai quanto avevo bisogno di questo saluto”». Ci sono momenti in cui la gente arriva a frotte, dice ancora Viviana: «Mi affannavo perché volevo dare l’immaginetta a tutti. All’improvviso mi è venuto in mente quel “corpo a corpo” di cui il Papa parla sempre e ho pensato: “Uno a uno. È importante guardare negli occhi chi arriva, anche se me ne passano accanto dieci”. Sono grata per l’educazione che ricevo in questo cammino di CL e della Chiesa, in cui mi viene ricordato che ognuno è prezioso agli occhi di Dio. Altrimenti sarebbe solo una continua ansia impulsiva e piena di pretesa»

Alcuni che non c’erano alla Cattedrale hanno vissuto questo gesto sul lavoro, distribuendo le immaginette ai colleghi o, a scuola, ai compagni e alle loro famiglie. Gli universitari si sono trovati in una piazza prima della messa. È stato per tutti un gesto “semplice e bello”, aperto a chiunque, che può portare “pace e salvezza” e che ci permette di condividere ciò che abbiamo e ciò che siamo.
Gli amici della comunità di CL Buenos Aires