(Foto Archivio Meeting)

Meeting. «La forza dei millimetri e degli istanti»

Impegnata a Rimini con la radio ufficiale della special edition di quest'anno, Elisabetta racconta cosa ha vissuto e scoperto. Dallo «scandalo per ciò che manca» al trovarsi «di fronte a un privilegio che ha aperto tante domande»...

«Geppetto, che di tutto quel discorso arruffato aveva capito una cosa sola, cioè che il burattino sentiva morirsi dalla gran fame, tirò fuori di tasca tre pere, e porgendogliele, disse: “Queste tre pere erano per la mia colazione: ma io te le do volentieri. Mangiale, e buon pro ti faccia”. “Se volete che le mangi, fatemi il piacere di sbucciarle”».

Queste parole sono tratte da Le avventure di Pinocchio. Storia di un burattino di Collodi, di cui Franco Nembrini fornisce una rilettura nel suo libro L’avventura di Pinocchio. Mi ha colpito molto la riflessione di Nembrini rispetto a questo passaggio: «Siamo tutti così. Come riceviamo un gesto di misericordia, di bontà, lo voltiamo in pretesa. È terribile, ma è così. Tutta la giornata la viviamo così. Se fossimo un po’ più leali, un po’ più sinceri, alla mattina, quando affrontiamo la giornata, sul piatto della bilancia possibilità di lamentarsi o di pretendere non ne resterebbero tante».

Il primo giorno di questo Meeting special edition ho provato un senso di smarrimento e malinconia rispetto all'aver vissuto, l’anno scorso, un Meeting all’insegna del frastuono di voci, abbracci e strette di mano con ogni persona che incontrassi. Facevo fatica ad accettare la nuova realtà. Il jingle in sottofondo che ci accompagnava quotidianamente non c’era più: ognuno aveva il suo ufficio e nei corridoi regnava il silenzio. I visitatori erano pochi e le mascherine permettevano di vedere il volto dell’altro solo in parte. Quando intervistavamo qualcuno eravamo tenuti a mantenere le distanze e non c’era neppure il momento comunitario dei pasti in mensa.

Se inizialmente ero “scandalizzata”, poco dopo ho compreso di esser di fronte ad un privilegio di cui, oltre a me, solo pochi avrebbero potuto godere. L’etimologia greca di “scandalo” è “la pietra d’inciampo”: ognuno di noi quest’anno è inciampato in un grande ostacolo, una pandemia che nessuno si sarebbe aspettato di vivere e che ha immobilizzato il mondo intero. E quando si inciampa, ci si ferma e, se non si vuole cadere nuovamente, è essenziale prendere coscienza della strada percorsa fino a lì per calibrare passo e progetti. Così, lo “scandalo” che ho vissuto è stato un faro che mi ha consentito di volgere e concentrare lo sguardo su particolari che non avrei notato se mi fossi fossilizzata su ciò che credevo mancasse.

In questi giorni, inoltre, ho avuto la conferma del fatto che il distanziamento fisico non implica quello sociale, anzi. Durante il Meeting ho visto l’efficacia della rete che è stata costruita in questi mesi affinché ogni settore lavorasse in sincronia con gli altri, seppur a distanza. E ho intuito che gli incontri e i legami non sono determinati da una stretta di mano o un abbraccio, che ciò che importa è quel che si intende trasmettere e non il modo, e che quando ti dai da fare per un progetto in cui credi fermamente non ti importa che dopo alcune ore la mascherina possa dare noia o che la stanchezza prenda il sopravvento.

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«Gli occhi sono lo specchio dell’anima». Mai prima d’ora questa frase è stata più vera. Al Meeting l’incontro con l’altro era questione di sguardi, e gli occhi di tutti coloro con i quali ho avuto il privilegio di condividere questa avventura facevano trasparire meraviglia e gratitudine. Sono grata di aver avuto l’opportunità di vivere così questo Meeting, e di averla condivisa con i migliori compagni e colleghi che potessi aspettarmi, grazie ai quali sono tornata a casa con un bagaglio ricco di lezioni di vita, ma soprattutto di domande. Lo stupore di questi giorni non è solo quella sensazione che spinge a meravigliarsi di ciò che si ha davanti, ma uno stato d’animo che apre domande che continuano ad interrogarmi adesso. Il sublime di cui parlava il titolo di quest’anno penso di averlo sperimentato proprio in questi giorni: nei sorrisi dietro alle mascherine, nei “grazie” mai scontati, nel calore che si percepiva nonostante il distanziamento. «Benedetti siano gli istanti, e i millimetri, e le ombre delle piccole cose», scriveva Fernando Pessoa. Se penso a quanto pochi siano sette giorni rispetto a un intero anno, mi stupisce la forza con la quale quegli “istanti” e quei “millimetri” vissuti a Rimini facciano breccia nel cuore, lasciando una sensazione di “vuoto” l’ultimo giorno, perché quell’esperienza volge al termine. Ma è un vuoto di cui ho l’onere e l’onore di fare tesoro durante l’anno, nutrendo le domande che tanto stupore mi ha aperto.

Elisabetta, Bologna