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«Il soffio di Dio, durante il Covid»

Una famiglia colpita dal virus, tra isolamenti e ricoveri. «Una solitudine in cui non sono mai stata sola». Una mamma racconta le sue scoperte in un periodo drammatico e «pieno di cose belle»

«La sera in cui saluterai tuo marito e aspetterai di sapere in quale ospedale Covid verrà trasportato, ti collegherai alla Scuola di comunità». Se qualcuno mi avesse predetto questo, io gli avrei dato del pazzo. Invece quella sera di inizio ottobre, col telefono in una mano e l’iPad davanti alla faccia, ero lì, collegata alla Scuola.

È stato un gesto del tutto ragionevole e per niente sentimentale, perché è stato chiaro da subito che quelle facce, più o meno familiari o simpatiche, erano lì come presenza di un Padre amoroso che mi teneva la mano sulla testa, mentre le certezze affettive in poche ore si stavano sgretolando.

Poi è arrivata la febbre per me: nove giorni di malattia, in piedi per dover comunque gestire mia figlia di nove anni con guanti mascherina e a distanza il più possibile. Eppure, in una condizione di totale solitudine, dettata dalle regole di questa brutta malattia non sono stata mai sola, attraverso continui confronti con una amica medico, con i figli grandi e con mia sorella, giorno dopo giorno per capire cosa fare, se e quando andare in ospedale, se fare venire da me un figlio che era già in quarantena per altri giri…

Fino al giorno del ricovero. Mio figlio arriva a casa per permettermi di andare in ospedale e prendersi cura della piccola. Lo vedo dalla fessura della porta della camera, con camice, guanti, mascherina, prodotti igienizzanti. Poi lo sento lavorare per ore, mentre sanifica la casa per permettere a me l’isolamento in camera. Arriva il 118 e approdo in quel girone dell’inferno che è il pronto soccorso Covid del Policlinico di Milano. Un corridoio pieno di sedie e barelle con sopra tanta umanità impaurita e svuotata della facoltà di respirare bene. Mi faccio piccola e impaurita. Un infermiere con dolcezza si avvicina e si scusa perché non trova la vena. Ha gli occhi sudati, sta lavorando in corridoio da tutta la notte, dentro quella plastica che lo avvolge fino alla punta dei capelli.

Dopo vari esami eseguiti direttamente sulla sedia, mi addormento seduta. Ho freddo, ma arriva il mio angelo infermiere che se ne accorge e mi copre con un telo facendo piano per non svegliarmi. Questo gesto sprigiona in me la coscienza di essere amata, di essere voluta, di essere guardata e mi fa piangere di amore e commozione, mi fa piangere lacrime che non avevo pianto per il dolore e la paura.

Verdetto: polmonite da Covid. «Però la rimandiamo a casa con cura al cortisone». Non sono sola, tutti ma proprio tutti si industriano intorno al mio isolamento per non farmi mancare nulla. Anche le catechiste della parrocchia, con cui avrei dovuto iniziare il percorso dei ragazzi questa settimana, mi vogliono per forza portare da mangiare. Mio figlio riceve tante proposte di aiuto ed è colpito e commosso. Guardiamo insieme il miracolo di questa compagnia che è la Chiesa, sappiamo delle preghiere di tutti per la nostra guarigione.

Anche la mia collega mi fa coraggio: «Forza, per me la vostra famiglia è un grandissimo esempio, vi guardo con ammirazione». Questa parola ha usato: ammirazione. Ammirazione per il motore, Cristo, che fa accadere oggi le cose di Dio, in questa tribù come diceva Azurmendi nella Giornata di inzio anno.

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Ultimi giorni di fatiche, ma mia figlia va in crisi: non può più vedere mamma stare male, il papà è sparito… Mette in discussione tutto, anche la scelta della nuova scuola. Con un dialogo calmo e a distanza le faccio vedere tutte le cose belle che sono capitate in questi giorni alla nostra famiglia, e che, per esempio, la nuova scuola non l’ha abbandonata un solo giorno. A poco a poco il pianto disperato si trasforma in sorriso, prende il telefono e racconta a papà la realtà con gli occhi della mamma.

Ma la sua mamma aveva imparato a guardare la realtà con gli occhi di Gesù. «Il soffio di Dio…». Queste parole mi avevano colpito come una freccia la Giornata di inizio anno. Da quel giorno ho chiesto di poter vedere il soffio di Dio, l’ho desiderato fortemente. Il soffio di Dio è arrivato, dirompente, durante il Covid.

Lettera firmata