Vacanze. Creatori di storia e di nuova umanità

In trecento a La Thuile, da Milano e dintorni, ma non solo. Giovani famiglie o laureati al primo impiego, insieme per qualche giorno dopo un anno e mezzo di incontri a distanza. Con una domanda a cui rispondere: «Che cosa cercate?»

«Che cosa cercate?», questa è la domanda che Francesca si è posta quando, poche ore dopo l’apertura delle iscrizioni alla vacanza estiva, si erano già prenotati in un centinaio fino ad arrivare alla quota massima di 300 persone. Un anno e mezzo di semi-isolamento e di incontri a distanza non ha cancellato il desiderio e la vita di una comunità che continua a rinnovarsi, tra “veterani” e nuovi arrivati.

Nelle trincee, Ungaretti scriveva: «Non sono mai stato tanto attaccato alla vita», nel nostro caso non si tratta di sopravvivenza oppure di uno sfogo dopo i vari lockdown, ma di cercare un qualcosa di più, come cantano Dalla e De Gregori, in Cosa sarà, che ha dato l’avvio all’introduzione della vacanza.

Ci siamo ritrovati così a La Thuile giovani famiglie, neolaureati al primo impiego, da Milano e dintorni (ma qualcuno anche da Roma e altrove), ciascuno con le proprie fatiche e domande sulla ricerca del lavoro, sulla propria vocazione, su questioni legate all’educazione dei figli. Trecento storie particolari caratterizzate da incontri che hanno spinto a cercare qualcosa di più. Come per Giacomo che è dovuto tornare a vivere con la famiglia e per lavoro si è allontanato dagli amici dopo la laurea, ma continua a desiderare una vita grande. Oppure Francesca che ha vissuto un anno difficile, una lotta continua tra il poter guardare solo le fatiche oppure qualcosa d’altro. «C’è una crepa da cui entra la luce» (Anthem, Leonard Cohen), hanno cantato alcuni ragazzi, come una compagnia che può riprenderti nei momenti bui e mostrarti il vero orizzonte della vita, a partire dalle piccole cose, come per Caterina che in vacanza è stata accolta dagli amici ed aiutata ad accudire i figli.

Questa amicizia è vera e porta un senso del Mistero non perché sia perfetta, ma perché ci permette di conoscere e riconoscere che c’è un Padre buono che ci ha voluti e che ha creato la catena del Monte Bianco che abbiamo ammirato, dunque nulla è scontato o dovuto, ma il «presente è una grande grazia» (Luigi Giussani, Si può vivere così? ). Per tanti quest’anno è stato più che mai evidente che un amico ha dato letteralmente la vita per noi: don Antonio Anastasio, "Anas" per gli amici, morto a causa del Covid, per noi come un padre. Ha fatto tutto per quel Tu di cui parla la sua canzone Sei tu.

Sara nell’assemblea finale ha detto che per lei questo Tu si conosce attraverso le cose che accadono, in un rapporto. Per Giorgio Vittadini la scoperta della vita è la scoperta di questa relazione, della possibilità di questo dialogo con Gesù che ci dice che «abbiamo gli occhi buoni», che soffre e gioisce con noi. In questo rapporto non saremo mai soli. Questo ci permette di guardare in faccia tutto, come per Lorenzo che ha raccontato come ha affrontato il suicidio del suo datore di lavoro. Per lui ha significato non fuggire, ma stare al funerale, stare con i colleghi e interrogarsi sul perché e su quale sia il senso del vivere e su quale sia la speranza che ci sostiene.

Così ciascuno di noi è chiamato a essere non più per sé stesso, ma per un grande compito: questa amicizia può generare uomini «creatori della storia, costruttori di nuova umanità» (Hombres nuevos).

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Uomini nuovi, liberi perché certi come si è visto nella serata in cui attraverso canzoni e frizzi, sono stati ripercorsi i fatti salienti di questi due ultimi anni: dai momenti di gioia a quelli più difficili con lieve ironia e quindi al fondo una letizia. La certezza è ciò che ci permette di accogliere o vivere un imprevisto, un rapporto faticoso, un’ingiustizia o un evento ancora non comprensibile, insomma tutto. La serata si chiudeva con breve video-ritratto della nostra compagnia, con questo testo:

«Capita infatti che spalancando bene bene gli occhi di mattina, o coprendosi con gli occhiali da un raggio troppo forte...si possano scorgere tra laghetti e pratoni dei fatti così straordinari che ci lasciano di nuovo a bocca aperta. Ecco l’imprevisto! Ecco un nuovo inizio!
E allora le facce attorno a me riprendono vita. Ciascuna diversa, ma unica a modo suo. Chi più bello e chi non proprio un modello,
Chi per la prima volta e chi da mai troppe volte
Chi passione sterminata e chi solo una passeggiata
Chi guida sicura e chi segue in scia
Per aiutarsi ogni giorno a scalare le montagne della speranza alla ricerca della meta. Perché è proprio vero che una storia particolare diventa la chiave di volta di tutto. Per tutti».


Elisabetta, Milano