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Vacanze. La finestra dello stupore

Da Novara, Arona e Domodossola per qualche giorno insieme sul Garda. L'occasione per tornare a guardarsi in faccia, anche con le mascherine. Tra gite e incontri. Come quello con Azurmendi, pochi giorni prima della sua morte

«Un luogo dove potevo non nascondermi». Così Bea ha descritto, all’assemblea finale, i giorni di vacanza delle comunità di Novara, Arona e Domodossola, passati a Tignale, un bellissimo paesino arroccato a seicento metri sul Lago di Garda. Centodieci persone (adulti, famiglie con bambini, ragazzi), un “albergo” principale e diverse soluzioni secondarie per poterci stare tutti; le norme anticovid. Cosa è accaduto? Perché tanti, come Bea, Bigio, Laura, hanno potuto dire di essere arrivati con il loro carico di problemi, i conti che non tornano, in famiglia, sul lavoro, la vita che stringe, «ma poi, qui, in questi giorni, è successo qualcosa: sono stato spostato».

La sfida lanciata da Giorgio la prima sera è chiara: ritornare a casa un po’ più “soggetti”. Come? Prendendo sul serio, ciascuno per sè, la provocazione di scoprire che dentro ogni cosa c’è una crepa da cui entra la luce, stare di fronte alla domanda: che cosa resta? Ed «intercettare quegli occhi che ci hanno portato qui». Questo è stato il “programma” della vacanza. Giorni semplici, di convivenza; l’occasione di guardarsi in faccia dopo tanto tempo... anche con le mascherine, sotto lo sguardo attento di Luigi, il nostro “Covid manager”. Abbiamo potuto godere della bellezza dei luoghi, come il Santuario di Monte Castello, a picco sul lago con una vista mozzafiato, dedicato a Maria Stella del mattino. L’abbiamo gustato ancora di più perchè ce l’ha spiegato la Ceci, giovane prof di storia dell’arte, che si è preparata perché potessimo vedere di più. E poi la gita al “rifugio degli alpini” sopra Tignale. L’occasione di ammirare ancora una volta la bellezza del panorama e di cantare insieme, come non facevamo da tanto tempo. Eravamo noi, ma non eravamo solo noi. E se ne è accorto Stefano, un alpino del rifugio, che si è seduto con noi a cantare e, nel salutarci, ci ha detto: «Siete un dono del cielo, una grazia. Stamattina quando mi sono alzato me lo sentivo che sarebbe successo qualcosa. Che bello se potessero vedervi e sentirvi tutti quelli che vengono qui!». La sera abbiamo saputo che aveva chiamato anche il sindaco del paese per raccontargli stupito del nostro passaggio.

Venerdì pomeriggio ci siamo collegati con Mikel Azurmendi per una chiacchierata. Un dialogo serrato come tra amici, anche se non ci eravamo mai conosciuti. Che cosa è capace di annullare così le distanze? Tantissimi gli spunti in quell’ora abbonante. Ma, soprattutto, ci ha colpito il suo sguardo, la sua apertura, la sua persona tutta tesa e totalmente presa da un Altro. Erano proprio quegli occhi che avevano portato ciascuno di noi lì. Ed è sullo sguardo, sul guardare, che Mikel si è soffermato molto, aiutandoci a capire ancora una volta, ancora di più, come arrivare alla conoscenza di una cosa, non intellettualmente, ma fino a spostarci: non basta vedere una cosa bella, occorre tutta la nostra ragione e un’apertura, «la finestra dello stupore», come l’ha chiamata lui, che ci permetta di intercettare qualcosa di imprevisto, fuori di noi. Ma nemmeno questo è sufficiente: bisogna assecondare, andare dietro a quel contraccolpo, come quando ti innamori; come è successo a lui e a sua moglie seguendo la comunità spagnola; come è successo a noi, come è successo a Giovanni e Andrea con Gesù.

Anche a Mikel abbiamo chiesto: ma oggi, ora, cosa resta? E la sua risposta ci ha commossi. «Quando sono andato a confessarmi per diventare cristiano, il primo prete che ho incotrato non ha voluto confessarmi; un altro amico prete mi ha confessato e come penitenza mi ha mandato a leggere il “sì” di Pietro. A me è successo proprio così: quando uno è perdonato, è come se rinascesse di nuovo. Io a 78 anni, come chiedeva Nicodemo a Gesù, mi sono scoperto a rinascere di nuovo. E ora la mia vita è questa tensione a riprendere coscienza, ogni istante, che “Io sono Tu che mi fai”.” E questo Tu ha una faccia, un volto preciso: la faccia e i volti di coloro che ha preso. La nostra faccia, i nostri volti». Ci ha spiegato un’espressione spagnola enchufado, che vuol dire essere connesso come la spina alla presa della corrente. Così, diceva, «noi siamo enchufados en Jesus».

«La forza di un soggetto è l’intensità della coscienza». Proprio questa intensità è quello che resta. In vacanza abbiamo sperimentato un luogo, concreto e semplice, che non fa sconti ma che non ti chiede di censurare nulla di quello che sei, di come sei, le tue fatiche, le “incazzature”, i conti che non tornano, il tuo limite; anzi ti abbraccia proprio così come sei. Ilaria, invitata per la prima volta con la sua famiglia da Marco, ci ha detto: «Grazie per questi giorni; io sono buddista e su molte cose la vediamo diversamente ma qui ho visto che è possibile stare insieme per un bene; abbiamo un bene in comune. E spero che ci inviterete ancora». E così in tanti a raccontare della vita, «la vita solita» come l’ha chiamata Giusi, che può essere vissuta da protagonisti non in forza di una nostra capacità, ma perché generati, ora, continuamente da quel Tu che ci ha raggiunti con una forma precisa, il carisma. Questo “stare connessi”, come diceva Mikel, è il lavoro di ogni istante, è un cammino, non come sforzo titanico ma arrendendosi e lasciando aperta quella crepa da cui entra la luce.

Il 6 agosto, pochi giorni dopo la vacanza, eravamo a cena, alcuni amici, quando ci ha raggiunto la notizia della salita al Cielo di Mikel. Non ci potevamo credere. Mi ha colpito molto come da subito abbia prevalso in noi una pace strana, un misto di dolore e di letizia, ma soprattutto la gratitudine per averlo conosciuto e per quel momento così prezioso vissuto insieme. Molto semplicemente, noi quattro o cinque che eravamo lì ci siamo messi a cantare La canzone del Melograno, che Mikel aveva chiesto per introdurre l’incontro in vacanza.

Il giorno dopo abbiamo voluto far arrivare ad Irene, sua moglie, un messaggio: «Carissima Irene, non ci conosciamo, ma in realtà ti sentiamo amica e vicina, grazie a Mikel. (…) Volevamo semplicemente esprimere a te e a vostro figlio la nostra vicinanza in questo momento così doloroso, assicurarvi la nostra preghiera per voi e per il caro Mikel ed esprimere tutta la nostra gratitudine per averlo conosciuto. Mi ha colpito molto, leggendo il suo libro ma soprattutto durante l'incontro, come spesso Mikel parlasse di “voi”, di lui e di te, in questo cammino di scoperta. Un “noi” che era proprio segno di una comunione grande. Per questo, avendo conosciuto lui, ti sentiamo amica e vicina. Ci ha commosso quando (…) ci ha raccontato di come fosse rinato nel perdono, come Pietro con Gesù, e come fosse tutto definito dalla tensione, in ogni istante, a dire sì proprio a quel Gesù che ora riconosceva così presente. Anche la settimana prima, quando ci siamo conosciuti per preparare l'incontro, ad un certo punto ci ha proprio sorpreso: ha quasi bucato lo schermo per dirci che Gesù era presente, lì in quel momento. Perchè aveva detto “dove due o tre sono riuniti nel mio nome, Io sarò con loro”. Ecco ora contempla faccia a faccia proprio quel volto che vi ha toccato e raggiunto e che vi ha preso. Così ci tenevamo a farvi arrivare anche il nostro piccolo abbraccio, parte e segno, di quell'abbraccio grande che ora si stringe intorno a voi».

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Il giorno che ci siamo visti per preparare l’incontro, Mikel aveva esordito, sorridendo: «Io non sono un “professionista” della testimonianza, ma nella mia esperienza i testimoni sono stati fondamentali. Incontro e Testimone coincidono». Ecco: conoscere Mikel è stato un incontro di questa natura, l’incontro con un uomo totalmente preso – o sorpreso, come mi ha corretto bonariamente lui –, un uomo in cui era trasparente Gesù presente. La cosa sorprendente è che questo non ci lascia fermi, come un momento sentimentale, ma rilancia ciascuno nel cammino che lo attende. Tutto si gioca nel prendere sempre più coscienza di un Altro che opera, che mi ha preso tutto e che vive dentro una forma, una compagnia con volti precisi che apre al mondo.
Andrea, Novara