Rose Busingye

Cavalieri. Un incontro che "capogira"

Un gruppo di ragazzi delle medie, dopo le vacanze estive dal titolo "Friends for life", arriva al Meeting e incontra Rose Busingye del Meeting Point di Kampala. Ecco che cosa si sono detti

«Io non voglio vivere inutilmente». Questa appassionata frase del giovane don Giussani è stata la provocazione che ha accompagnato il cammino dei Cavalieri (l’esperienza cristiana dei ragazzi delle medie, ndr) in tutto questo “strano” anno passato dentro la pandemia. La didattica a distanza, gli incontri via Zoom, i tentativi di ripresa in presenza, la Promessa, le vacanze… Una vita mai sospesa, una proposta mai interrotta: un’amicizia vera.
Friends for life” è stato il titolo delle vacanze dei Cavalieri di quest’anno. Diversa la modalità, indubbiamente, ma irriducibile il desiderio della ricerca e della scoperta: che cos’è l’amicizia e chi è il vero amico?

È così che siamo arrivati al Meeting. E lunedì 23 circa 250, tra ragazzi e adulti, (più altrettanti collegati tramite il canale Facebook di Avsi) hanno incontrato Rose Busingye, che già ci aveva aiutato con la sua testimonianza a vivere la Pasqua.
I canti, l’attesa, l’arrivo di Rose e si comincia. Don Marcello e Gloria (responsabili dei Cavalieri) aprono il dialogo: «Abbiamo visto la mostra “Tu sei un valore”, dove centinaia di donne ugandesi in condizioni di povertà, abbandono, malattia, raccontano cosa si è generato in loro e da loro, facendo esplodere una bellezza che è più grande di tutto. Abbiamo incontrato alcune di loro. Ma da dove nasce tutto questo?».

«Posso raccontare la mia storia», inizia a rispondere Rose: «Sono cresciuta perché uno, don Giussani, mi ha abbracciato e mi ha comunicato che la mia vita vale. Mi diceva: “Lo sai Rose, anche se eri l’unico essere umano sulla terra, Dio veniva lo stesso, anzi Dio è venuto per te, per amore di te è andato sulla croce. È morto e risorto e sarà con te tutti giorni fino alla fine del mondo”. Questa è stata una rivoluzione: Dio che ha fatto il cielo e la terra è sceso per me». E qui Rose usa una espressione che ricorrerà più volte durante l’incontro: «Mi ha “capogirato”».

Una rivoluzione. «Come pensavo alla mia vita è cambiato, come mangiavo e bevevo è cambiato. Quell’uomo mi guardava come un valore infinito. Il mio lavoro è quindi gridare a tutti che la vita ha un valore infinito, al di là dei successi e degli insuccessi». «E l’esperienza del limite?», incalza don Marcello. «Il valore non dipende da quello che facciamo» riprende Rose, «Dio è sceso dal cielo per essere con te, tutti i giorni, perché niente venga perso. Mi diceva don Giussani: “Vai allo specchio, guarda la tua faccia tonda e vedi che in quella faccia c’è un Altro che te la sta donando ora”. È questa Presenza che salva il mondo. E quando uno è guardato così diventa contagioso». Questa presenza contagiosa che prende quelle donne (la mostra inizia con le foto delle donne che sono state maltrattate, tradite) che non solo ricominciano a vivere, ma chiedono una scuola: «Perché così i nostri figli possono imparare la matematica scoprendo il proprio valore».
Rose accetta la sfida e nasce la “Luigi Giussani High School” che ora ha 600 ragazzi, e «la scuola è come un’onda: dalle donne ai figli e dai figli alle donne. In un mese abbiamo visto lo sguardo dei ragazzi cambiare, come quella ragazzina che aveva tentato quattro volte il suicidio. Ha cambiato idea su di sé quando un professore l’ha chiamate per nome».

Alberto, terza media, non riesce a star fermo e chiede: «Come hanno reagito i ragazzi quando hanno saputo che potevano andare a scuola e studiare? Lo chiedo perché…nell’immaginario comune italiano, non è che tutti hanno molta voglia di andare a scuola…». Applausi dal pubblico. «I nostri ragazzi vivono nelle capanne e non hanno i cellulari. Durante il lockdown i nostri insegnanti preparavano i compiti su carta e andavano in motorino a casa dei ragazzi, a cercarli uno ad uno per dargli i compiti e poi per tornare a riprenderli. Quando c’è stato l’esame i nostri ragazzi sono stati i primi, proprio per questo: quando sei voluto bene le cellule del cervello moltiplicano i loro lavoro! I nostri ragazzi vogliono tornare a scuola perché lì dove sono voluti bene».

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Il dialogo continua, le domande, di piccoli e grandi, si susseguono: cosa vuol dire educare? Cosa ti permette di essere addirittura contenta quando un ragazzo ti dice di no? Come può convivere la gioia con tanto dolore?... «È un problema di conoscenza, conoscere se stessi è proprio una cosa bella». «Ma come faccio a trovare il mio valore?» chiede infine Rebecca, altra giovanissima. «Il valore ce l’abbiamo tutti quanti» conclude Rose. «Abbiamo solo bisogno di qualcuno che ce lo fa conoscere, che te lo dice guardandoti come una cosa importante, preziosa. E quando l’hai conosciuto puoi anche saltare il fuoco».
Stefano, Monza