Il pallone firmato da papa Francesco

Francesco, "La Zolla" e il pallone

Un professore e una mamma della scuola fondata cinquant'anni fa da famiglie di CL raccontano l'udienza con il Papa in San Pietro

Lato destro della navata centrale della Basilica di San Pietro: assieme ad alcuni ragazzi e ragazze di terza media, cerco con lo sguardo il Santo Padre, che sta passando a salutare i fedeli dall’altra parte. Ci siamo sistemati bene, nel caso passi da qua ci sarebbe anche l’occasione per dirgli qualcosa. Chiedo ai ragazzi: «Se si ferma da noi, cosa gli diciamo?».
Rimaniamo in silenzio a rimuginare, in effetti anch’io faccio fatica a pensare a qualcosa che stia nello spazio di una frase. Cosa riuscirebbe ad esprimere l’esperienza che vivo assieme a loro dal lunedì al venerdì, e pure in occasioni speciali come i tre giorni di gita a Roma che abbiamo appena vissuto?

Mi viene allora in mente il fatto che da anni a scuola organizziamo la Zolla Champions League, un torneo di calcio, sia maschile che femminile, non solo giocato da studenti e studentesse ma pure gestito da loro insieme a noi docenti, che diventa per mesi e mesi un motore di condivisione e di creatività inesauribile, e che si conclude, l’ultimo giorno, con la sfida, per la squadra maschile vincente, contro la squadra di noi Professori, e lo stesso per la studentesse vincitrici, le quali hanno l’onore di sfidare le loro Professoresse (le cosiddette due “Finalissime”). È un esempio sportivo “eccezionale” di quello che viviamo tutti quanti nelle ore “ordinarie” della didattica in classe: non indicare in maniera asettica valori, pur giusti e doverosi, ma “sporcarsi le mani” per davvero con i ragazzi, ovvero scendere in campo, anche letteralmente, con loro.

Dico allora ai ragazzi: «Beh, parliamogli della Zolla Champions League, no?». «Ditemi che ce l’avete ancora in zaino, il pallone che abbiamo usato per giocare al parco…». «Sì, prof, eccolo!». «Qualcuno ha una penna?». «Per cosa, prof?». «Eh, ce lo facciamo firmare dal Papa, per la finale! Lui è appassionatissimo di calcio».
Provo con Tommaso la frase che dovrà dire a papa Francesco. Persino lui, di solito molto spigliato, trema un po’ a pensare di dover fare una cosa del genere: ma tutti i compagni e le compagne, lì attorno, fanno il tifo per il proprio portavoce.
Il Papa si avvicina, tengo d’occhio gli uomini della sicurezza per prendermi nel caso la colpa del fatto che Tommaso abbia introdotto un pallone in San Pietro… Sempre più vicino. «Vado, prof?». «Vai!».

Papa Francesco in mezzo a tante teste adocchia quel pallone bianco… Tommaso gli porge la penna e la palla, indicando dove firmare. Papa Francesco prende la penna, indica la fronte di Tommaso e chiede: «Anche qui?» «No, no …» risponde lui, ridendo. A quel punto, mentre il papa firma, io e Tommaso ci ritroviamo a dire quasi in simultanea che il torneo, alla Zolla, lo giochiamo «assieme» studenti e professori. Il pallone viene restituito, Tommaso si volta verso tutti quelli che hanno assistito alla scena e si scatena un tifo da stadio!

A quel punto, attraversiamo tutto il settore per farlo vedere anche agli altri studenti… Si impazzisce di gioia, all’idea di aver il pallone firmato direttamente da Sua Santità. Il feedback più prezioso rimane ai miei occhi quello di qualche ex studente presente a San Pietro con la famiglia, magari per accompagnare i fratellini più piccoli in giornata con papà e mamma. Ragazze e ragazzi dell’allora terza media che, causa lockdown, non hanno potuto disputare la fase finale di quell’edizione della Zolla Champions League. Nonostante il loro contegno da rispettabili liceali, quando mostro loro il pallone si sciolgono tutti, e rivedo nei loro occhi tornare immediatamente quello sbrilluccichio di quando anch’essi scendevano in campo al nostro fianco.
Marco Giani

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Ci sono momenti in cui le parole non bastano, non rendono ciò che accade. E così, senza parole per la commozione, ma stretti gli uni agli altri, siamo usciti dall’udienza privata con il Papa, in occasione dei 50 anni di fondazione della nostra scuola, La Zolla. Dai treenni agli ultraottantenni; dagli studenti, genitori e insegnanti frequentanti, agli ex di tutte le epoche: per tutti La Zolla è una casa, come si sente profondamente propria quella zolla di terra in cui si è nati e cresciuti.

Mercoledì 16 marzo, a riempire tutta la Basilica di San Pietro, il popolo della Zolla, scuola milanese nata dall’esperienza cristiana di un gruppo di genitori di Comunione e Liberazione nel 1971. Duemila “zollini” di ogni età si sono stretti attorno al Papa che, percorrendo il lungo perimetro delle transenne, si è lasciato accarezzare da così tanti di noi. «Non posso più lavarmi la mano, mi ha toccato il Papa!», ha detto Giovanni. La sua mamma non ha fatto in tempo a replicare, che una nonna lì vicina ha risposto di getto: «La mano lavala pure, Giovanni… l’importante è non lavare la mente e il cuore». È proprio così: ciò che più importa è ri-cordare, tenere nel cuore e nella mente il “sugo”, il significato di quanto accaduto. Il sugo delle parole del Papa: condividere la vita gli uni degli altri e, così, imparare ad accogliere, a non scartare nessuno, consapevoli che la pace - a tutti i livelli - è qualcosa di artigianale, cioè ha bisogno di me. E certi che la preghiera è strumento semplicissimo e potentissimo di condivisione. Così, quando il Papa ci ha invitato a pregare con lui per i bambini che stanno vivendo sotto le bombe in Ucraina, le parole della sua speciale preghiera, formulata proprio durante l’udienza, sono diventate subito nostre.

Ciò che più importa è infine ricordare il significato di questo viaggio dal Papa: un’esperienza così ben sintetizzata dalle parole “stupìti e grati” - stampate sulle sciarpe realizzate per l’occasione - e così tanto ispiratrice di un mondo di pensieri, di giudizi veri per sempre. La gratitudine per una vita in compagnia; per essere accolti e trattati come doni; per una storia di amicizie che condividono le gioie e sostengono nei bisogni. In una parola, la gratitudine per tutto il bene ricevuto e per l’origine da cui questo bene è nato. Come sottolinea commossa nonna Alda, tra i fondatori: «A Roma abbiamo ringraziato il Signore perché ancora una volta ha testimoniato che il granellino di senape può diventare un albero». Per questo, quando in San Pietro è stato intonato il canto La preferenza, le voci di tutti i “granellini” si sono fatte sentire forti e all’unisono: «In ogni seme un fiore c’è».
Paola Lanzarini