(Foto: John Mark Smith/Unplash)

Avere dentro il respiro del mondo

Al gruppetto di Scuola di comunità di Emanuela, si parla anche di quello che sta accadendo in Ucraina. E le nasce l'esigenza di aiutare come si può. Ma l'impressione è che tutto sia troppo poco...

Da qualche mese, con alcuni amici abbiamo iniziato un gruppetto di Scuola di comunità vicino all’ospedale dove lavoro. Queste ultime settimane, nel paragonarci con il testo, non potevamo non mettere a tema quello che sta accadendo nel mondo e in modo particolare in Ucraina. Una di noi raccontava che si era accorta che offrire il suo lavoro per quella gente in guerra le permetteva di essere realmente vicina a loro. Cioè non aveva bisogno di altro se non rispondere a quello che le era chiesto di fare.
Un’altra, invece, si era chiesta: «Ma questa gente di cosa ha davvero bisogno? Di quello che ho incontrato io: Cristo».

Sono venuta via da quell’incontro molto provocata e, allo stesso tempo, mi rimaneva addosso un desiderio quasi ingestibile di poter far qualcosa per quella gente. Quindi ho iniziato a sentire alcuni amici. Sono andata a letto pensando: io voglio andare li! Voglio andare a fare l’infermiera di campo. Vorrei dare tutto lì. Ho vissuto i giorni a seguire con questo impeto nel cuore. Una sera, un’amica insegnante mi propone di andare con lei e un suo alunno in un punto di raccolta a Milano in una parrocchia, vicina a una comunità ucraina. La morosa di questo suo alunno è ucraina e parte della sua famiglia è bloccata a Kiev. Arrivati in parrocchia, siamo rimasti senza parole: immobili a guardare la montagna di alimenti, farmaci e vestiti che la gente aveva portato e continuava a portare... Bambini, donne, uomini e anziani ad accogliere la gente e a inscatolare per la spedizione.

Siamo rimasti con loro. Non saremmo mai andati via. Tornando a casa, mi tornava in mente un bambino ucraino che aveva il compito di inscatolare la pasta. Ho pensato: «Anche se rimanessi tutto il giorno, anche se tornassi tutti i giorni non sarebbe mai abbastanza. Io non voglio dare solo un pezzetto del mio tempo. Io vorrei darvi tutta la mia vita! Io vorrei dare a quel piccolo bambino tutta la mia vita».

LEGGI ANCHE - Ucraina. Ognuno al suo lavoro

Mi è venuto in mente quando nella Scuola di comunità, Dare la vita per l’opera di un Altro, Giussani dice che la libertà è esigenza di soddisfazione totale. Ecco, quello che poteva essere una tragedia, cioè percepire che non sarebbe mai stato abbastanza quello che potevo fare, è diventata invece esperienza di libertà: io sono libera perché posso desiderare di amare totalmente. Sono andata al lavoro pensando: i miei bambini che stanotte curo sono tutti i bambini dell’Ucraina. Sono tutti i bambini del mondo.
E scavando, scavando, non posso che arrivare a dire che sono Te, Gesù.
Io non ho un altro modo per dire che «Dio è tutto in tutto», se non partendo da questa esperienza. Così posso capire di più anche la mia amica della Scuola di comunità: ogni gesto ha dentro il mondo, perché è risposta a Cristo che chiama me. Io per come sono fatta mi sentirei stretta in qualsiasi posto, se non avesse dentro il respiro del mondo. E il respiro del mondo è riuscito a darmelo solo Cristo. Può essere questo salire sulla croce con Lui?
Emanuela