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Colombia. «La certezza che ci fa camminare insieme»

La prima vacanza della comunità di CL tra adulti e giovanissimi, dopo la pandemia. La condivisione di tutto, l'incontro con il proprietario della fattoria, la malattia... E il ritorno a casa, come «l'inizio di una nuova giornata»

Fine di marzo. Veniamo accolti con gioia dagli amici che hanno organizzato la vacanza nelle pianure colombiane, per iniziare il primo gesto della comunità in questa regione dopo due anni di pandemia. Una volta in camera, la prima sorpresa è vedere sul comodino un cioccolatino, una busta color ocra e un pacchetto di snack di manioca fatti dai nostri amici della regione. Apro la busta e tiro fuori il biglietto che dice: «Scopri in ogni volto la presenza di qualcosa di più grande che ti accompagna fino alla tua destinazione e ti dà la certezza che non camminerai mai da solo». Niente di scontato: un invito all'avventura.

La mattina del sabato, partecipiamo a giochi dedicati alla cultura del lavoro nelle pianure orientali, tra canti e proverbi popolari propri della vita di questa gente che ha una grande ricchezza culturale, ereditata dai missionari arrivati qui più di quattro secoli fa. Quindi, collegati con la Spagna insieme ad altri amici che, invece, hanno fatto la vacanza a La Vega Cundinamarca, ascoltiamo la testimonianza del nostro amico Jesús Carrascosa. Nel suo racconto è facile riconoscere la misericordia che abbraccia ogni passo della sua vita e, in particolare, dentro il suo recente ritorno da Roma a Madrid. Vederlo è essere di fronte alla giovinezza che cresce con gli anni grazie a questa compagnia che ci sostiene sempre, senza sostituire i nostri passi. Nel pomeriggio, facciamo una passeggiata in montagna per godere della bellezza di una cascata, dove la gioia di stare insieme domina sulla stanchezza e sulle difficoltà di ciascuno.

La domenica, si comincia presto. La proposta è quella di "visitare un amico" nella zona rurale di Cubarral, un villaggio vicino, dove due fratelli guidano un’azienda agricola che produce cacao. Con le loro famiglie, aprono le porte di casa per accoglierci - siamo più di cinquanta persone - con una merenda a base di arepas e cioccolata fatta da loro. Poi, divisi nelle quattro squadre formate per i giochi, recuperiamo gli ingredienti per preparare il sancocho, una zuppa tipica colombiana. Mentre alcuni di noi cucinano, gli altri fanno una visita guidata alla fattoria, con degustazione finale di cioccolato. Pranziamo insieme, i giovani puliscono la cucina e la sala da pranzo, condividiamo un momento con gli amici della fattoria e alla fine ascoltiamo una poesia preparata da uno dei lavoratori. La sera, di nuovo in albergo, una festa organizzata dal gruppo di giovani tra i dieci e i vent’anni, tra balli e giochi.

Il giorno dopo un amico ci legge il messaggio che ha scritto il proprietario della fattoria parlando anche dei suoi dipendenti: «Non ci eravamo mai visti insieme alle nostre famiglie, ognuno ha sempre rispettato lo spazio dell'altro, "organizzandoci" per non sovrapporci in certi giorni. Dopo questo pomeriggio, è nato il desiderio di condividere la vita, come l'abbiamo visto fare a voi».

Nell'assemblea del lunedì mattina, il gruppo dei più giovani si unisce ai più grandi: «Ho scoperto in ogni volto la presenza di qualcosa di più grande che mi accompagna al mio destino e mi dà la certezza che non camminerò mai da solo», dice uno di loro. Oppure: «Lo sguardo che cerco per essere salvato lo trovo nelle persone che hanno dato il loro “sì” radicale a Cristo e che permette loro di vivere pienamente felici. Lo vedo nei sacerdoti amici, nelle suore, nei Memores Domini e nelle coppie sposate». E ancora: «Partecipare alla vacanza e poi rientrare a lavorare, malata in attesa di una seconda biopsia, è stato come svuotare la mia valigia di pregiudizi, paure e preoccupazioni per tornare fiduciosa a casa, dove nella mia solitudine Lui vince sempre».

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Questa sorpresa ci permette di godere del miracolo dell'unità vivendo nella gratitudine per il “sì” di ognuno di noi, senza lasciarci dominare da “ciò che sappiamo già” o da “ciò che dimentichiamo”. Così, anche il naturale desiderio di stare assieme si trasforma nella domanda di vedersi ancora per continuare a camminare insieme, partendo dalla certezza di un destino buono che riconosciamo come risposta alle nostre più vere aspirazioni umane. I nostri volti sono raggianti mentre ci salutiamo: «Ci vediamo presto». Con questa luce negli occhi ciascuno torna con gioia al suo lavoro e ai suoi impegni, come fosse l’inizio di una nuova giornata.
Diego, Guamal Meta (Colombia)