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Quelli del "meaning burger"

Una provocazione a lezione, un gruppo WhatsApp e un appuntamento fuori da scuola che diventa fisso, una volta alla settimana. Don Marcello racconta il regalo «del cuore acceso» di alcuni dei suoi ragazzi

È iniziato tutto durante la mia lezione di religione in una terza media. Ad un certo punto una ragazza fa la domanda delle domande: «Prof, lei parla sempre del significato della vita, ma come faccio a trovarlo?». È stato un regalo che non andava sprecato con una spiegazione teorica, le ho proposto di vederci con chi lei volesse per scoprirlo insieme.

Nel pomeriggio mi sono ritrovato dentro un gruppo WhatsApp fatto dai ragazzi dal nome “Meaning Burger”, visto che il primo incontro era stato programmato al McDonald’s. Ora ci troviamo alternativamente una settimana a pranzo dopo la scuola e la successiva a casa mia di sera a cenare e a stare insieme, magari guardando un film.

Durante uno di questi incontri, dopo aver parlato a lungo della guerra in Ucraina, una ragazza ha detto: «In questi giorni mi sono ritrovata a riflettere sulla parola pace che per me ha sempre significato “non fare la guerra” Poi però ho letto una frase di Madre Teresa che diceva che la pace è il frutto di una vita piena. Mi è dunque sorta la domanda: la pace è “il frutto di una vita piena” o il “non fare la guerra”? Riflettendo ho deciso di intendere la parola pace soprattutto come la intendeva Madre Teresa. Mi è dunque sorto un quesito: qual è il mio modo per vivere la pace?». Io non ci avevo pensato. Questo è ora il modo con cui guardo le circostanze cupe che abbiamo all’orizzonte: mi è chiesta l’intensità di vita di chi in ogni circostanza intravede la convocazione del Mistero. Due giorni dopo l’incontro a Roma con il Papa, ci siamo ritrovati con alcuni di questo gruppetto. I ragazzi sono stati uno spettacolo per come hanno apparecchiato il tavolo, tagliato la carne, preparato i condimenti, grigliato e servito. Una decina che a guardarli capivi che erano amici. Dopo mangiato, una ragazza parte dicendo: «Io mi sono preparata», e già questo mi provoca stupore, e continua: «Cosa significa quando il Papa dice che bisogna affidare la vita? Darla? Perché mi sono accorta che anche le persone più sfortunate hanno qualcosa da offrire».

Inizia una discussione bellissima in cui si capisce che un uomo non vale quando è performante, ma perché c’è. Sull’“affidare” un ragazzo prova ad approfondire: «Io spesso ho paura, capisco che è inutile tenersi tutto dentro, ma occorre dirlo a qualcuno di più grande». Il dialogo continua fino a che un altro puntualizza: «A me è piaciuto che il Papa abbia detto che noi abbiamo un certo fiuto per la vita». È proprio così, quello che il Papa ha chiamato fiuto io lo chiamo cuore: questi hanno il cuore acceso.
Don Marcello, Monza