Il Papa tra i giovani il 18 aprile (©Vatican Media/Catholic Press Photo)

«Il mio incontro con il Papa»

Tra gli ottantamila che erano da Francesco in Piazza San Pietro a Roma, il 18 aprile, alcuni ragazzi di GS e adulti che erano con loro raccontano quello che hanno vissuto. E cosa si sono portati a casa

«Ci ha fatto ridestare»

Del viaggio a Roma due cose in particolare mi hanno colpito. La prima è che oltre ai miei amici c’erano anche molti ragazzi nuovi ed io ero una delle più grandi. Io non sono molto socievole e ben disposta verso le persone nuove, infatti, forse un po’ per l’orario un po’ per pregiudizio, mi sono girata verso Antonella, la responsabile di Gs, e le ho detto: «Ma che gente c’è?». E lei mi ha risposto: «Anche tu eri così!». Ci ho pensato molto, perché mi aveva dato fastidio, ma un fastidio sano! Mi sono resa conto che anche io ero così, forse peggio, eppure con me non si erano posti il problema di come fossi. Me ne sono accorta alle 7:30 del mattino dopo, dopo aver insegnato con Lollo i canti, dopo aver visto l’attenzione, la distrazione e la stanchezza nei loro occhi, ma anche la felicità. Ma cosa gli ha permesso di dire di sì al Papa? Cosa ha permesso a ottantamila “adolescenti” di muoversi per questa cosa bella?
La risposta combacia con la seconda cosa che mi ha colpito. Io sono contenta, e me lo porto dietro ogni giorno che passa, perché dopo tanto tempo mi sono sentita chiamata da Qualcuno che mi stava guardando, rinchiusa nella quotidianità delle mie giornate, per richiamarmi al mio essere viva. Questa cosa mi ha fatto alzare lo sguardo e il sedere dal divano seguendo con altri coetanei gli stessi occhi che Lui aveva il giorno che è morto per ognuno di noi. Questa cosa mi fa uscire ogni mattina dal letto e pensare che la mia vita non me la può vivere nessuno.
Quindi non accetto più il termine “adolescente”, usato a volte dagli adulti come fosse malattia, ma alzo lo sguardo e con il coraggio che ha avuto Giovanni nel gettare le reti e Pietro a buttarsi in acqua, mi butto pure io e non nego che la paura ci sia, che il mio cadere e sbagliare non esista, ma lo vivo sapendo che anche solo accorgendomene riparto.
Ringrazio gli adulti, che sono venuti con noi a Roma, per averci dato la possibilità di esserci stati per noi, ma anche il Papa perché dopo tanto tempo un adulto ci ha guardato e chiamato senza giudicarci, senza dirci che siamo sempre seduti e che non avremo possibilità di un futuro o di essere qualcuno. Francesco ci ha fatto destare su un fatto accaduto, a cui non davamo più importanza e che, nonostante le difficoltà, il dolore, il buio, lo smarrimento, possiamo avere il coraggio e l’attenzione di stare nella realtà che la vita fa vivere. Sono certa che, come ha detto anche Antonella in pullman, di certo non sarà l’euforia del momento a farmi andare avanti, ma in ogni circostanza ricordarmi ciò che mi è successo avendo una felicità talmente pura dentro il mio cuore che nessuno mi può togliere.
Marsela, Como


«La risposta potente a tutti i miei "ma"»

«Ma chi verrà?». Questa domanda me la sono fatta immediatamente quando è arrivato l’invito del Papa rivolto a tutti i giovani a andare a Roma in pellegrinaggio per un momento di preghiera il 18 aprile, giorno di Pasquetta. Mi sono riconosciuta nella commozione del cardinale Gualtiero Bassetti che, rivolgendosi al Papa, gli ricordava le proprie perplessità sulle possibili adesioni e la risposta serena di Francesco: «Andate avanti».
Perché fare partire i ragazzi il giorno di Pasqua, decidere se treno o pullman, valutare i costi, rompere la routine della grigliata di Pasquetta con famiglia e amici in campagna... Insomma una serie di “ma”, dalla fatica organizzativa al resto, avevano innescato in me una lotta che rendeva la proposta del Papa proprio sfidante. E apriva una domanda: «Ma che avrà da dire ai ragazzi proprio adesso?». Il Covid, la guerra, ho pensato: in effetti è un momento così grave che non si può non aver nulla da dire. È iniziata così l’attesa, condivisa con i ragazzi e gli altri adulti.
La risposta è stata potente. Ottantamila ragazzi, una festa di colori, capelli a cresta, piercing, chitarre, casse, stendardi, in una piazza tornata a riempirsi per la prima volta dopo il deserto forzato per il Covid dal marzo 2020. Un’intera giornata, sotto un sole a volte provante, a cantare, scherzare, chiamare il Papa in coro e poi, dal pomeriggio, ascoltare le testimonianze di altri giovani, i cantanti invitati e finalmente ascoltare in silenzio lui, Francesco. «È proprio qui!», esplode commosso Emanuele. Il Papa mostra una lucida consapevolezza, attenta a quello che è accaduto in questi due anni ai giovani. Dice loro poche chiare cose. Poi i canti di chiusura, molti si fermano e continuano a cercarlo con gli occhi. Dagli schermi si vede che sta salutando alcune persone sulla piazza. Guardando questo vecchio sorridente che dondolando va di qua e di là, rivedo questo ultimo anno, il cammino talvolta drammatico. E mi esplode una gratitudine commossa per il Papa, per la sua paternità che sfida e la maternità amorosa della Chiesa che custodisce ciò che ho di più caro. Al ritorno chiediamo ai ragazzi: che ne dite? «Finalmente uno che si fida di noi. In un mondo pieno di adulti, anche vicini, che non hanno mai fiducia in noi, c'è uno che si fida e ci stima. Ci ha detto che abbiamo fiuto!», dice una ragazza. Mamadou, che per un giorno ha interrotto il digiuno del Ramadan per essere con noi, esclama: «Ci ha detto non abbiate paura. Andate avanti. Che bello!». E mentre parla gli si accendono gli occhi che guardano lontano. E un’altra ragazza: «A un certo punto mi sono sentita chiamata in causa. Non eravamo più ottantamila, eravamo lui e io, Francesco parlava proprio a me». Io ritrovo lo stupore grato di chi si è lasciata vincere da una Presenza presente.
Cinzia, Palermo


«Attratti da qualcosa di mai visto»

Tutta la giornata è stata indicativa di quello che Francesco ha detto: c’è stato “fiuto” e “coraggio” per andare a Roma in un giorno. Infatti, non è scontato svegliarsi alle 5 di mattina; instaurare dei rapporti veri con le persone vicino a te; che degli adulti a Pasquetta abbiano deciso di seguire dei ragazzi invece che stare con le proprie famiglie e riuscire a seguire la proposta di un gruppo, per chi magari era nuovo, appariva un po’ strano. Quando sul pullman abbiamo recitato le Lodi e letto il libretto del pellegrinaggio sono rimasto colpito da Fabio e Alberto che stavano facendo confusione dall’inizio del viaggio, ma quando io e Tommy ci siamo messi con loro sono stati incredibili, perché anche se non capivano li vedevi che erano attratti da qualcosa che non avevano mai visto.
Arrivati in Piazza San Pietro, ti sentivi dentro una folla incredibile che aveva il nostro stesso scopo: incontrare una persona. Ed è vero che questa persona è il Papa, però mi ha fatto capire quante persone Gesù vuole presso a sé, senza giudicarle, ma semplicemente con la loro presenza.
Quando finito l’incontro ci siamo diretti verso il centro di Roma, il fiuto non si è spento, anzi. Abbiamo visto Castel Sant’Angelo, Piazza Navona, il Pantheon e la Fontana di Trevi: però è stata una sensazione strana, perché quando vedevo un monumento riuscivo solo a dire: «Wow!» e rimanevo lì senza parole, un po’ come quando vedi una bella ragazza, che ti lascia immobile.
Il momento migliore per me è stato in Piazza di Trevi: abbiamo guardato la fontana, poi ci siamo spostati e abbiamo iniziato a cantare, immediatamente con Madonna de la grazia tante persone si sono fermate a guardarci, poi abbiamo continuato con altre canzoni e la folla si ingrandiva. Io non so cosa è rimasto nel cuore di quelle persone, magari anche niente, però in quel momento il nostro canto era il modo di esprimerci come una sola persona e le canzoni che cantavamo avevano un significato semplice: una preghiera.
Penso che sia stata la giornata più bella e significativa che io abbia mai vissuto da quando ho incontrato Gioventù studentesca.
Pietro, Como


«Per lo stesso fuoco, dentro una carovana»

Ho ancora il cuore colmo di gratitudine per quanto ho visto accadere il Lunedì dell’Angelo in Piazza San Pietro all’incontro con il Papa alla presenza di oltre 80 mila giovani adolescenti di tutta Italia, giunti così numerosi che anche via della Conciliazione si è in fretta riempita colorandosi di striscioni sbandierati con l’allegria tipica del cuore giovane. Dopo due anni di vita rinchiusa dietro schermi e protetti dalle mura domestiche, i ragazzi hanno potuto godere del gusto di un gesto vivo, in presenza. Noi, venendo dalla Sicilia, abbiamo dovuto affrontare 22 ore di pullman, tra andata e ritorno. Ma a sentire i ragazzi, anche quelle ore di viaggio sono state indimenticabili per la gioia dell’andare insieme condividendo la semplice amicizia. Uno di loro commentava così l’incontro con il Papa: «Ho avuto l’impressione che il suo sguardo abbia intercettato il mio». Proprio la fatica ed il sacrificio dell’esserci in carne e ossa hanno permesso a questo ragazzo di sorprendere su di sé lo sguardo di un uomo, il Papa, da cui si è sentito chiamare per nome. Il ragazzo aggiungeva: «È stato incredibile. Mi sono scoperto all’improvviso bisognoso di una paternità, quella del Papa, che, prima ancora che con le parole, con il suo sguardo, mi ha mostrato il volto paterno di Dio».
Anche noi come questo giovane amico, di fronte al Papa abbiamo scoperto il nostro profondo bisogno di una paternità, non generica, ma così intensamente umana da riconoscerci e generarci come figli. «Che cosa pazzesca essere stati in così tanti! Segno che tutti vogliamo la stessa cosa. Siamo una sola cosa». Questo il commento di una ragazza, stupita che di fronte a questo padre ci si scopre fratelli tutti, con lo stesso cuore, appartenenti ad uno stesso popolo. Una strana “carovana”, quella cristiana, dove tutti, pur essendo differenti, portiamo e cerchiamo lo stesso fuoco.
«Ci hanno sorpreso i ragazzi», ha detto il cardinale Gualtiero Bassetti. «Eravamo pieni di dubbi nell’organizzare il pellegrinaggio, ma nel cuore avevamo fiducia che qualcosa potesse succedere. Chissà che questi ragazzi ci aiutino a riprendere il filo del Vangelo». Anche io ero pieno di dubbi. Ma dentro questa grande “carovana”, proprio per l’evidenza del gesto in sé e per quanto ascoltato da Francesco, ho scoperto che i giovani sono il bene più prezioso che una società eredita. Loro, i ragazzi, meritano la nostra totale stima, il nostro tempo, il nostro cuore. Perché, come dice il Papa, loro hanno il “fiuto”, cioè sono capaci di riconoscere la presenza del Padre, ciò di cui noi tutti abbiamo bisogno.
Alfonso, Catania


«La vita non può stare sotto una campana di vetro»

Il Lunedì dell’Angelo mi trovavo in Piazza San Pietro insieme al gruppo di Gioventù Studentesca e ad altri 80mila ragazzi da tutt’Italia. Ascoltando l’intervento del Papa, mi sono particolarmente emozionata quando ci ha rivelato che, benché fossero passati due anni dall’ultimo incontro con i giovani in Piazza San Pietro, lui non aveva mai dubitato che saremmo tornati. Non tutti, infatti, erano sicuri che noi giovani saremmo stati pronti a tornare ad ascoltare e a donarsi dopo la pandemia. Sentendo queste parole, mi sono sentita presa in causa. Quando Francesco ha detto che noi giovani non dobbiamo avere paura della morte tranne che di quella dell’anima, e che non dobbiamo vergognarci di condividere le nostre paure, ho percepito nel silenzio della piazza l’urlo dei giovani che nonostante tutto avevano ancora voglia di correre verso la vita. Ho acquisito questa consapevolezza in un solo momento, come se tutti i dubbi che erano sorti in me avessero trovato una soluzione nello stesso istante. Questo è stato il primo vero momento di pace che ho provato dopo due anni di conflitto interiore, perché ho capito che solo condividendo questa lotta si può compiere il gesto più bello in assoluto verso se stessi. La vita che noi adolescenti viviamo, infatti, a volte sembra mirata solo a raggiungere obiettivi sempre maggiori, a migliorarsi sempre di più per poi difendere a tutti i costi ciò che abbiamo ottenuto, come se dovessimo tenere la vita che cerchiamo di costruirci sotto una campana di vetro. Ascoltando le parole del Papa, ho capito che la condivisione colma quel “vuoto” che tutti i giovani sentono, perché aiutare il prossimo aiutando anche se stessi è un inno alla vita.
Sono grata al Papa per avermi fatto capire quanto sia grande la responsabilità che abbiamo noi giovani, e per avermi dato il coraggio di affrontare la vita con uno spirito diverso pensando all’esempio di Giovanni, che, benché fosse il più giovane fra gli apostoli, è stato il primo in grado di avere il fiuto per la verità.
Marilena, Torino