(Foto: Eduardo Garcia/Unsplash)

America Latina. Hai bisogno di qualcosa di più?

Alcuni ragazzi peruviani hanno partecipato agli Esercizi spirituali degli universitari di tutto il Continente. Qui raccontano la provocazione di quei giorni

Quando mi è arrivato il messaggio d’invito agli Esercizi spirituali degli universitari, subito ho incominciato a pensare a tutto ciò che avrei dovuto fare per partecipare, finalmente potevamo viverli in presenza e non volevo perdermeli. Ero un po’ preoccupata perché dovevo cambiare i miei turni al lavoro, e allo stesso tempo continuavo a pensare alla domanda proposta: Sei felice in questo mondo o hai bisogno di qualcosa di più? Domanda che ha scavato in me ancora di più dopo un dialogo con un’amica tornando da lavoro: lei mi diceva della sua esperienza in varie religioni e, dopo che le ho raccontato della mia vita nel movimento e in parrocchia, mi ha confidato di aver bisogno di trovare qualcosa in cui credere, perché non vuole restare nel nulla. Arrivata agli Esercizi, ho ascoltato l’introduzione di padre Lorenzo del Cile: «Il Mistero si inventa di tutto per cambiare la nostra vita». Ho pensato subito alla mia amica; il Signore fa sempre di tutto per arrivare a noi, e ha messo questa amica sul mio cammino per accompagnarla e gli Esercizi mi hanno aiutata a capire che tutti abbiamo bisogno di qualcosa di più, che le risposte non possiamo trovarle in noi stessi, ma in Qualcuno che ci guarda con tenerezza e che risponde al nostro grido infinito. Ciò che desidero ora è continuare in un lavoro, come ci ha detto padre Giorgio: «Il lavoro che dobbiamo fare è l’autocoscienza di noi stessi. L’autocoscienza è la memoria del riconoscimento di questa Presenza, quando si dimentica questo, tutto è inutile». Indossare una maschera mi limita, mi fa dimenticare che il mio io rinasce quando riconosco Lui. È così che voglio vivere ogni giorno.
Arlet

Come molti studenti universitari, per poter studiare devo lavorare. Dopo gli Esercizi spirituali del Clu sono tornato al lavoro con la consapevolezza che Cristo è Colui che mi fa, che mi genera in ogni momento. Quest’anno ero stato messo a capo di un gruppo di colleghi che non hanno fatto quel che era stato loro richiesto. In altre occasioni era accaduta la stessa cosa, e io mi ero semplicemente arrabbiato, li avevo ripresi e me ne ero andato. Ma questa volta è stato diverso, il mio sguardo era diverso, mi sono chiesto perché si comportassero così. Desideravo conoscerli, sapere chi sono, così ho chiesto loro che cosa succedeva, perché non lavorassero bene e con gusto? Abbiamo cominciato a parlare e uno di loro mi ha detto: «Devo finire in fretta per andare a fare un altro lavoro, perché tutti i prezzi sono aumentati e io non riesco a mantenere la mia famiglia». La mia prospettiva è cambiata, ho capito che affrontare i problemi significa conoscere la persona, come Cristo ci conosce e ci ama: questo è il giudizio che sto imparando e che si è concretizzato con ciò che ho vissuto agli Esercizi.
Ricardo

Da quando ho saputo che ci sarebbero stati gli Esercizi del Clu, mi tornavano alla mente le parole che ci ha detto Davide Prosperi, all’inizio dell’anno, sulla Scuola di comunità: «Il paragone (del testo con la nostra vita) è un fattore di conversione, sia personale che comunitaria. E questa tensione alla conversione del nostro sguardo e della nostra vita serve a costruire il movimento». Questo era, ed è, il mio desiderio. La settimana degli Esercizi si avvicinava, ma il lunedì precedente incomincia uno sciopero dei trasporti in varie zone del Paese, anche nella mia città. Con il passare dei giorni, lo sciopero diventa violento, c’è stato anche un morto, e questo ha impedito ai miei amici di fare il viaggio. Mi sono rattristato, dovevo vivere gli Esercizi da solo.
Venerdì, mangiando sul lavoro, mi ha sorpreso la sete che avevo di Cristo. Avevo una ferita aperta, ma forse proprio questa era la posizione “giusta”. La sera agli Esercizi è stata citata una canzone di Demi Lovato: «Ho bisogno di qualcuno, chiunque, per favore, mandami qualcuno. Signore, c’è qualcuno?».
Mi ha commosso e mi ha fatto comprendere meglio il titolo degli Esercizi come una domanda rivolta a me: Sei felice in questo mondo o hai bisogno di qualcosa di più? Ogni cosa che veniva detta era una chiamata a me, alla conversione, ricevevo attraverso lo schermo uno sguardo pieno di affezione verso di me.
Non voglio lasciar passare una cosa che è stata decisiva per me in quei giorni, una indicazione di Julián de la Morena sul silenzio: «Prendere sul serio questo momento (di silenzio) è un segno di maturità. È un atto di intelligenza. Stare soli. C’è un diamante dentro di voi che non si scopre se non si guarda dentro.... Il silenzio è uno stupore, non un vuoto». Siamo in cammino.
Tobías

Gli Esercizi spirituali che abbiamo fatto con i nostri amici dell’America Latina mi hanno aiutato a riconoscere la mia fragilità e il bisogno di essere guardato con tenerezza, perché con i molti errori che ho commesso è difficile per me guardarmi in questo modo. Gli Esercizi mi hanno dato una speranza per vivere, che se non fosse per i miei amici avrei dimenticato. La distrazione è una costante in me, loro mi guardano con amore e mi fanno ripartire, mi fanno amare e sentire bene con me stesso. Questo è un chiaro esempio del mio bisogno di Altro, che risveglia in me il desiderio di vivere e sentirmi vivo.
Pedro