I giochi a Venegono

«La parte più bella di me è quella che desidera»

Qual è il mio vero bisogno? Chi è un vero amico? Queste le domande che hanno segnato la preparazione della giornata di fine anno di Gioventù Studentesca di alcune scuole milanesi a Venegono. Dove poche cose erano preventivabili

Domenica 5 giugno, al seminario di Venegono in provincia di Varese, si è svolta la giornata di fine anno di Gioventù Studentesca di alcune scuole milanesi. Una giornata piuttosto semplice nel suo articolarsi, ma attraversata da un filo rosso: l’accadere di qualcosa di imprevedibile.
Innanzitutto, una giornata come questa, se consideriamo come è nata: da una contrapposizione calcistica. Due scolaresche storicamente “rivali” – quelle delle scuole milanesi Alexis Carrel e Sacro Cuore – hanno organizzato un match a metà maggio, tra cori, tifo e classici sfottò. Ma, proprio attraverso la preparazione condivisa della partita, è affiorato in modo netto la percezione un’affinità che oltrepassava i diversi colori. Da qui, l’intuizione: andare a fondo, cercare di scoprire l’origine di questa unità presentita. Una proposta che si è rapidamente estesa anche ad altri amici e licei milanesi.

Non era la preventivabile la cura con cui ciascuno si è coinvolto nella preparazione della giornata. Organizzare i giochi, proporre i canti, chi invitare per la testimonianza, quali domande porgli. Tutto questo, durante le ultime, densissime, settimane di scuola, tra verifiche e interrogazioni. Ogni aspetto, dai canti ai giochi, illuminato dal desiderio di mettere a fuoco l’affinità intuita e che nel frattempo si stava approfondendo attraverso due grandi questioni: qual è il mio vero bisogno? Chi è un vero amico?

La giornata è iniziata con le domande che alcuni ragazzi hanno posto a Matteo, giovane lavoratore, e Luca, seminarista a Venegono: a tema, la natura del nostro desiderio, la possibilità di gustarsi il quotidiano e le amicizie, il significato della libertà, la vocazione, la gratuità. Il racconto della loro vita – dai primi incontri in università alla storia di grazia che ne è nata – ha trovato eco nel cuore di molti. «Intuivo ciò che raccontavano come vero per me e vorrei la loro consapevolezza. Per esempio, mi ritrovo nella descrizione di una compagnia “attraversata” dalla gratuità», ha detto una ragazza. Una gratuità che si è resa tangibile anche nell’unità fra chi appena un momento prima non si conosceva, a pranzo o nei “gioconi” del pomeriggio, che si sono svolti tra gli sguardi incuriositi di molti seminaristi.

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Oppure, come ha raccontato un’altra ragazza: «Ho incontrato qualcuno che mi ha guardato e mi ha detto che la parte più bella di me è quella che desidera di più e che non devo nasconderla, ma anzi, è proprio quella parte di me che mi univa alla compagnia di amici e sconosciuti, che mi circondava quel giorno in qualsiasi cosa facessimo, dai giochi, alla messa, ai canti».
E, nonostante tutta la cura con cui ciascuno si è speso, era imprevedibile il silenzio che è calato all’ultimo canto, Canzone per te di Claudio Chieffo, l’ultimo segno di una pienezza sperimentata quel giorno. Perché il nostro cuore raggiunge la dimensione sua propria solo di fronte a quella grande Presenza per cui è fatto, un po’ come il paracadute, che si apre e si dispiega a contatto con l’aria. Una Presenza che si può solamente riconoscere quando accade.
Tommaso, Milano