Nisida

«Restiamo anche noi, non vogliamo perderci nulla»

Giornata di fine anno dei giessini della Campania. Isolotto di Nisida, quello del carcere minorile. Una domenica speciale, passata con il direttore e alcuni ragazzi dell'istituto. Ecco il racconto

L’appuntamento per i giessini della Campania è alle 9.30 di domenica ai piedi dell’isolotto di Nisida, quello del carcere minorile, dove insegno. «Attenti però che all’inizio del pontile c’è il varco della ztl». Occorre segnalare le targhe in anticipo per l’autorizzazione, altrimenti la multa è certa. «Cerchiamo di ritrovarci tutti puntuali, così non ritardiamo ai controlli per entrare». Alle 9.30… i presenti sono pochi. Leonida dice che ha sentito Fabio e che la metro è bloccata. Roberto ha dovuto cambiare auto, perché la sua stamattina non è partita. Allora è meglio che il pullman che arriva da Avellino faccia scendere i ragazzi e vada a recuperare chi è rimasto alla fermata Campi Flegrei a Napoli. «Ragazzi, nell’attesa che arrivino gli altri tirate fuori il pallone e organizziamo una partita…». Si sente un’altra voce «Ragazzi, no, qui non si può giocare!». «Buongiorno brigadie’…». «Ah, archite’, questi ragazzi sono amici vostri? Allora aspettate che faccio spostare le macchine così giocate più comodi».

Intanto arriva il direttore del carcere. Si avvia in salone dove ci sarà l’incontro con alcuni ragazzi ospiti dell’istituto di pena. «Ragazzi, perché siamo a Nisida oggi?». Enrico ferma il pallone e dice: «A me Lorenzo ha detto di portare il costume perché faremo il bagno». Beatrice lo ferma: «Prima incontriamo i ragazzi e il direttore, poi semmai il bagno». Quando ci siamo tutti, finalmente, entriamo. Trafelati, straniti e curiosi. Il direttore, dopo i due canti (O' sole mio e Torna a Surriento), parla della sua esperienza e lo fa citando la serie televisiva Zero Calcare. Racconta di come il rapporto con i ragazzi oscilli tra l’impossibilità di cambiare il passato doloroso e la paura di prevedere che cosa capiterà domani. Unica variabile possibile: la fiducia in ciò che l’esistenza vorrà restituirci o donarci. Poi è il turno dei ragazzi di Nisida. Sono un po’ intimiditi, ma anche contenti per la domenica “diversa” che gli abbiamo dato la possibilità di trascorrere. Sono grati per non essere trattati come “diversi” e liberi di aprirsi e raccontarsi. Salvatore dice che a Nisida, per la prima volta, si è sentito guardato e preso sul serio. Spiega che ora che ha fatto dei corsi di formazione, si occupa di piccole manutenzioni e addirittura di sicurezza. L’altro Salvatore, invece, spiega che fa il pizzaiolo e che esce ogni mattina dal carcere e attraversa la città per rientrare la sera stanco, ma contento.

Beatrice, giessina dell’ultima ora, vuole ricambiare tanto affetto raccontando la sua esperienza. Spiega che quest’anno era cominciato con fatica, per tanti pesi che si portava addosso. Poi c’è stato l’incontro con la sua insegnante di matematica, che ad un certo punto le ha aperto un mondo, tanto che, anche lo studio, seppur amato, ha trovato un gusto nuovo. Con gli occhi sgranati e un insolito silenzio si scende giù al mare, per il pranzo e per il… bagno. Si risale dopo due ore, per chi vuole c’è la messa. Qualcuno comincia a salutare i ragazzi di Nisida e loro: «Restiamo anche noi, non vogliamo perderci nulla». Dopo la messa gli avvisi, in particolare quello per la vacanzina estiva in montagna. È una storia che continua, non l’emozione di un momento. «Noi non potremo venire», dicono i ragazzi di Nisida: «Ma in quei giorni penseremo a voi». «Voi sarete con noi già da subito», fanno eco i giessini: «Perché i vostri volti non li dimenticheremo mai più».

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Il volantino di invito per questa Giornata di fine anno di Gioventù Studentesca della Campania a Nisida riportava la domanda contenuta in una canzone di Lady Gaga: «Dimmi una cosa, ragazza: sei felice in questo mondo moderno? O hai bisogno di più? C’è qualcos’altro che stai cercando?».
Dopo una giornata così posso rispondere: sì, sono felice perché c’è Uno, che attraverso altri “uno” mi chiama per nome e mi aiuta a togliere le macerie dal cuore. Cosa cerco? Che non mi lasci mai più.
Felice, Napoli