I due soprani alla fine del concerto

Davanti ai segni di speranza

L'idea di un concerto per l'Ucraina nel pesarese, con protagoniste due donne, una russa e una ucraina, entrambe soprani. Ma soprattutto amiche. Dall'entusiasmo iniziale alle polemiche, fino alla commozione per quanto vissuto. Il racconto di Elisa

Tutto è iniziato con una telefonata del mio amico Iso. Mi dice che con Avsi Point di Cartoceto, in provincia di Pesaro, sta pensando ad un gesto per raccogliere fondi per l’emergenza ucraina, una serata dove mettere insieme canti russi e ucraini. Molto bello, dico, ma da dove partire? Il giorno dopo, mi viene in mente Yuliya Tkachenko, soprano ucraino che conosco dal conservatorio. Mi aveva colpito per un post che aveva pubblicato dopo lo scoppio della guerra: nessuna polemica, solo l’espressione di un cuore sofferente per la propria terra mentre si trovava a cantare in un altro Paese, dicendo che era un canto di dolore, ma con tanta speranza in Dio affinché la guerra potesse terminare. La contatto, le chiedo della sua famiglia e le propongo titubante la questione del concerto. Mi risponde subito con entusiasmo e mi dice che vuole coinvolgere una sua amica russa, Taisiya Korobetskaya, anche lei soprano, la quale accetta proprio per l’amicizia con lei.

Mi è sembrato chiaro da subito un metodo: guardare i segni e ciò che giorno dopo giorno ci veniva incontro, vagliando e giudicando tutto. Ho iniziato un rapporto stretto con gli amici di Cartoceto, perché lì si era accesa la miccia e lì volevo tornare, chiedendo continuamente un confronto sulle cose che iniziavano a urgere in me e rendendoli partecipi di ciò che si svelava. Questo fermento si allarga quando decido di coinvolgere il coro della comunità di Pesaro a cui propongo di lavorare su tre canti russi, per contribuire alla serata. Che grande possibilità potersi immergere, prova dopo prova, in quella bellezza, aiutati dalla lettura dei commenti di don Giussani sui canti russi.

Mentre si svolgeva tutto questo movimento, compreso il dono di una sala bellissima per la serata, la Pinacoteca San Domenico di Fano, vado a incontrare una famiglia ucraina arrivata da Karkhiv. Le due bimbe studiano pianoforte e in me si fa strada il desiderio di farle suonare alla serata Avsi. Ne parlo alla mamma, che mi racconta che lei è grata, pur nel dolore, di essere qui e di essere aiutata così tanto e accetta la proposta di poter contribuire ad aiutare la sua terra. Qualche giorno dopo, ci ritroviamo a cena a casa mia tutti insieme, gli amici di Avsi, la famiglia ucraina, il soprano russo con marito e figlia. L’iniziale imbarazzo lascia il posto a ciò che accade di fronte ai nostri occhi: la russa Taisiya che traduce il racconto dei coniugi ucraini; di come sono fuggiti, del desiderio di tornare a casa, della gratitudine per essere qui e trovare persone che hanno a cuore la loro esistenza. Il tutto mentre i loro bimbi giocano insieme. Ancora una volta si approfondisce l’intuizione iniziale: guardare, ma anche ascoltare, lasciare spazio a quel riverbero di vita nuovo rispetto ai nostri pensieri o idee.

Il 3 giugno (data del concerto) si avvicina e decidiamo di convocare una conferenza stampa per presentare la serata. Qualcosa inizia a offuscarsi. Entrambe le cantanti avevano ricevuto commenti poco felici sui social a proposito del loro cantare insieme, e la stampa locale aveva gettato benzina sulle polemiche sorte nella comunità ucraina locale. Con il cuore gonfio per il senso di ingiustizia mi sono chiesta il perché di tutta questa incomprensione di fronte a un segno reale di speranza: l’amicizia di queste due donne. Proprio lì c’è stato un ulteriore approfondimento: tutto quello che avevamo visto non era una cosa nostra. Ma affermarlo non basta, o rimane un sentimento oppure diventa l’apertura con cui affrontare tutto. Così ci siamo lasciati correggere, fin nel dettaglio: dal messaggio di scuse alla comunità ucraina, a rivedere il titolo del concerto, o parte del programma, perché coscienti che non c’è nulla da tenere per sé.

Il concerto è iniziato con un silenzio e una tensione dell’altro mondo, commovente, per tutto ciò che avevamo già gustato in questi mesi, ovvero per una gratitudine. Alla fine tanti volti sconosciuti si sono avvicinati dal pubblico, tanti provenienti da quella terra lontana, semplicemente per conoscere, abbracciare e ringraziare.
Elisa, Pesaro