Vivere seguendo le stelle

Dal Reggaeton sotto il Monte Bianco allo "svuotatasche"; dai voti della maturità alle mucche da pascolare. I 150 giessini da Lombardia e Piemonte, a La Thuile per scoprire come fare della propria vita qualcosa di grande

«Quando dicevano: “Giovanni”, non mi voltavo, tanto non ero mai io. Qui invece mi hanno chiamato per nome», così un ragazzo all’assemblea della vacanza a La Thuile di 150 giessini - la metà alla loro prima convivenza - di Abbiategrasso, Corsico, Arona, Bergamo, Domodossola, Novara, Pavia, a cui si sono aggiunte Maria e Noemi di Bucarest.
Fin da subito ci ha sorpreso l’accadere di una innaturale familiarità: festosa, a tratti forse un po’ confusionaria, ma assetata di cose vere, una «spensieratezza come da fratelli», che apre alla domanda di un altro ragazzo: «Ma da dove viene?».
E non importa il punto di partenza: può essere ballare Reggaeton cubano sotto il Monte Bianco e trovarsi in silenzio assoluto poco dopo cantando Signore delle Cime, o recitare l'Angelus, o impiastrasi nei giochi ma volere proprio quella faccia nella foto-ricordo o cantare Svuotatasche di Bresh sotto le stelle con una ragazzina musulmana che dice: «Io nel mio svuotatasche metterei Dio, perché non potrei vivere senza di Lui».
Non ci sono precondizioni, non ci sono “formule più adeguate”. Sicuramente la sfida lanciata nella sua testimonianza da don Pigi: «Vivi, vivi intensamente e senti questo cuore che non ti dai tu e che si accorge». Sicuramente il fatto che quello che accadeva per i ragazzi, accadeva analogamente per noi adulti: non un già saputo, ma la mendicanza che riaccadesse di nuovo l’essenziale. Come ha detto Marta durante l’assemblea: «Negli ultimi due anni sono cambiata molto. Sono partita da una visione della vita a dir poco tragica, come se tutto fosse contro di me, come se non valesse la pena vivere. Trovavo che la mia intensità fosse corrisposta solo nei momenti in cui suonavo, cantavo, ballavo. Ma ovviamente, soprattutto durante un lockdown e per la rottura di una relazione che ritenevo essenziale, ciò non poteva bastarmi. Ho così iniziato un percorso. Ho imparato a chiedere aiuto. E grazie a persone del movimento e non, ho imparato a vivere con le mie domande, le mie tristezze e le mie paure e farne qualcosa di grande. L’altro giorno don Pigi ha detto che con una sola fiamma si può incendiare il mondo. Ed è proprio questo che ho imparato. Ho imparato che per quanto lontano io possa andare, e l’anno prossimo andrò a vivere dall’altra parte dell’oceano, io voglio vivere con questa intensità, non voglio spegnerla. In questi giorni mi sono sentita guardata negli occhi, nell’animo, e non solo dalle mie amiche come negli anni scorsi, ma da tutti. Torno a casa piena e alla ricerca di questa pienezza. Ieri uscivano i voti della maturità e sapevo che ne sarei rimasta delusa rispetto alle mie aspettative e al mio impegno. Ma davanti a una bellezza come questa, nonostante i duemila messaggi delle mie compagne ansiogene, qualsiasi voto mi sarebbe bastato. Non c’è numero che possa stare a questo. Cantare insieme, guardarsi nell’animo, vivere seguendo le stelle, cosa c’è di più grande? Vedere anche tante ragazze deluse perché non hanno trovato questa intensità che mi sento bruciare ha evidenziato ancor di più quanto il nostro cuore sia assetato di qualcosa di grande, che probabilmente, inizio a pensare, è Dio. Non importa se lo sentiamo ogni momento, ma torna sempre e vive in noi, e questo mi basta. Vivere fino in fondo con intensità è ciò che ci chiede Dio».
E poi Mattia: «In questi giorni, ho avuto la conferma che desidero vivere tutto a mille. Ad esempio, l’altra sera cantando assieme, o ancora durante i giochi mi sono reso conto che vorrei che la mia vita fosse tutta come la vacanza, cioè vivere con questa intensità vera. Da qualche mese, ci troviamo a cena con Bea e alcuni amici ed è venuto fuori che nelle cose che ho sempre fatto e la vita che ho sempre vissuto a un certo punto mancava qualcosa. Io sono un appassionato di mucche però questa passione era diventata sia il mio rifugio che la valvola di sfogo davanti a ogni problema. Mi hanno provocato dicendomi che se davvero pensavo che una cosa mi facesse contento dovevo farla fino in fondo. Questa frase mi è rimasta dentro, mi sono chiesto cosa volesse dire “andare fino in fondo”. E durante questi giorni mi sono accorto che significa prendere sul serio quelle cose che corrispondono così tanto al mio cuore che lo riempiono e io desidero vivere così anche dopo la vacanzina. Ad esempio domani andrò in alpe con 105 mucche e non vedo l’ora soprattutto dopo questi giorni, però il desiderio con cui salgo è di approfondire ancora di più la mia passione e capire se è la mia strada e verificare se davvero posso vivere a mille anche lì».
Daniela, Bergamo