Catania. Tutto in quel "grazie" di Tolyk

Un'estate diversa per alcuni studenti delle superiori che si sono coinvolti con i loro professori nel fare compagnia a dei bambini ucraini. Ecco cosa raccontano oggi. E cosa hanno scoperto

A maggio sono arrivati a Catania ventisei ragazzini provenienti da un orfanatrofio dell’Ucraina. I minori, accompagnati dai loro educatori, sono stati ospitati in due strutture religiose della città. Quando mi è stata chiesta la disponibilità ad aiutarli, insegnando l’italiano, non ho esitato ed ho fatto appena in tempo a chiedere ai pochi alunni ancora presenti a scuola negli ultimi giorni di darmi una mano. Molti hanno dato la loro disponibilità, le adesioni di giorno in giorno si sono moltiplicate. A metà giugno, dopo alcuni momenti di familiarizzazione abbiamo cominciato a fare compagnia ai piccoli ucraini attraverso lezioni di italiano, mattinate al mare, attività sportive con i più grandi.

Fin da subito non sono mancate le difficoltà: l’impossibilità di comunicare, la diffidenza iniziale dei bambini e degli educatori, la nostra inadeguatezza rispetto al metodo da seguire per insegnare a stranieri. Pian piano, però, tra italiano, inglese, ucraino, gesti e sorrisi, è nato un bellissimo rapporto. I bambini ci aspettavano e si mostravano sempre più disponibili ad imparare, gli educatori diventavano più collaborativi e cominciavano a guardarci con simpatia, i responsabili dell’associazione ci chiedevano di essere presenti con assiduità, la decisione di iscrivere i più grandi al liceo classico dove insegno per permettere loro di continuare il rapporto con noi.

Certamente non è stato facile rinunciare al progetto di un periodo di vacanza libero da impegni e responsabilità, ma fin da subito, adulti e ragazzi, ci siamo accorti che ne valeva la pena. Rosi, insegnante di Lettere, dice: «È stata l’occasione per vivere il periodo di vacanza come apertura alla realtà che mi sta davanti senza rimanere imprigionata nelle faccende domestiche né nel progetto di un riposo estivo inteso come riposo da tutto. Il sì detto ad una proposta concreta offre alla vita tante opportunità». Carlo, studente di scuola superiore, credeva di trovare la felicità nel divertimento e «invece è bastato poco per scoprire che buona parte del tempo si riduceva ad ozio inutile che mi lasciava insoddisfatto, mentre questo gesto mi ha insegnato che niente rende più felici che far felici gli altri». Per Matteo l’aiuto ai piccoli ucraini «ha rappresentato un’occasione per capire davvero cosa significa vivere in condizioni di guerra, per sperimentarne l’atrocità specialmente attraverso lo smarrimento dei bambini». Aggiunge Simone: «Tutti vogliamo essere voluti bene in modo preferenziale, questo è ciò che ho scoperto col gesto della caritativa. Ho scoperto che lo scopo della compagnia che facevo loro era condividere il desiderio di essere voluti bene».

Racconta Riccardo: «Quando la professoressa ci ha proposto di partecipare a questa iniziativa ho aderito subito, ma fin dal primo incontro mi sono reso conto che l’idea che avevo del volontariato era molto diversa rispetto alla realtà. Credevo di stare facendo questo per i bambini, per dare una mano a ragazzi come me che si sono ritrovati da un momento all’altro senza una casa, ma ho capito invece che non stavo semplicemente aiutando loro, ma anche me stesso. Una volta, durante una lezione, un ragazzo di nome Tolyk ha smesso di scrivere e guardandomi in faccia mi ha chiesto: “Perché fai tutto questo?”. Mi sono sentito un po’ spiazzato e così su due piedi non sono riuscito a rispondere. Tolyk però ha capito, mi ha sorriso e si è rimesso a scrivere dicendo solo: “Grazie”. Sono entrato con la pretesa di insegnare qualcosa a dei ragazzi ucraini, mentre adesso mi rendo conto che loro hanno insegnato molto più a me». Anche Gloria che inizialmente ha aderito perché amava stare con i bambini afferma: «Pensavo di fare del bene solo agli altri, non mi sarei mai aspettata che si sarebbe rivelata una cosa totalmente diversa. Incontro dopo incontro ho capito che aspettavo con ansia di rivedere i bambini soprattutto perché loro facevano del bene a me, al mio cuore che da un po’ di tempo è sofferente».

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Martina scopre che fare la caritativa aiuta ad affrontare diversamente la vita perciò vale la pena continuare anche durante il periodo scolastico: «Ogni bambino che ho trovato lì mi ha dato qualcosa di unico, qualcosa di speciale che difficilmente scorderò, per questo proverò in tutti i modi a continuare anche quando ci sarà la scuola e quindi non si è più liberi come in estate, un’occasione del genere non si deve perdere perché ti fa stare bene e ti permette di affrontare meglio tutti i problemi. L’esperienza che ho fatto mi ha dato davvero tanto, ho scoperto quanto la vita sia un dono unico che non deve essere sprecato, che bisogna imparare a vivere bene nonostante tutte le difficoltà, sia piccole che grandi, che ognuno di noi può incontrare. Ho capito che ciò che voglio davvero nella vita è essere felice».
Adriana, Catania