All'udienza con Comunione e Liberazione (Foto: Roberto Masi/Fraternità di CL)

Dal mondo. Il viaggio a Roma, che continua

Sono arrivati dalla Germania, dal Perù, da Portorico, dal Brasile... Alcune testimonianze di chi ha dovuto fare un lungo cammino per essere in Piazza San Pietro con il Papa il 15 ottobre

FLORIDA (USA)
Devo ancora rielaborare per bene il nostro recente viaggio a Roma, ma c’è qualcosa che mi è apparso subito chiaro, mentre eravamo ancora lì.
Ho trascorso la mia vita cercando sempre - a volte facilmente, più spesso con fatica - di aderire a Cristo e alla Chiesa: credo che via da qui io non possa trovare la felicità, la vita o la salvezza. A Roma ho capito che questa adesione non è unilaterale, non parte da me. Io aderisco alla Chiesa, ma ancora di più la Chiesa aderisce a me. Cristo aderisce a me. Per quante volte mi sia sembrato di piegare la mia volontà a quella della Chiesa, Cristo si è piegato ancora più spesso per venirmi incontro. E questo in Piazza San Pietro è stato ancora una volta più chiaro.
Attraverso questa lente, sono più in grado di riconoscere ciò che ho trovato in Comunione e Liberazione: un dono, un carisma, nel senso proprio del termine. Mi è stato dato da Cristo, attraverso la Chiesa, non solo perché io possa essere più vicino a Lui, ma perché Lui possa essere più vicino a me. Come ogni buon regalo, è per me, pensato per me, con le mie preferenze, i miei gusti, le mie simpatie e antipatie… Ho ricevuto Cristo e la Chiesa attraverso i sacramenti, la grazia, l’istruzione, la testimonianza degli altri e altro ancora, ma il nostro viaggio a Roma mi ha mostrato che anche la Chiesa mi ha ricevuto. Cristo ha prestato attenzione a me ogni volta che ho espresso un desiderio, ogni volta che ho sentito una preferenza verso qualcosa o qualcuno, e perfino quando non l’ho fatto. Sapeva perfino mi sarebbe piaciuto guidare un gruppo di europei nel cantare Take Me Home, Country Roads bevendo una birra calda da 2 euro la sera dopo l’Udienza. Come disse Giussani, sempre in Piazza San Pietro anni fa, «solo Cristo si prende completamente a cuore la mia umanità».
Audrey, Tampa

BRASILE
Venire in Italia da San Paolo solo per partecipare a un incontro e tornare indietro il giorno dopo non era la mia idea di come trascorrere qualche giorno di vacanza e di come spendere i soldi. Ma quando don Aurelio ci ha suggerito con entusiasmo la bellezza di riunirci intorno al successore di Pietro per manifestare la nostra gratitudine per don Giussani, ho deciso di partire. E grazie a Dio l’ho fatto! È stato probabilmente l’incontro più bello della mia vita. Lì, mi sono resa conto di come e quante volte Cristo si è preso cura di me, soprattutto in questi 43 anni di movimento, mostrandomi un cristianesimo capace di affrontare, senza paura, i dolori che Dio ci chiede di vivere, e anche di sperimentare una gioia profonda. Un cristianesimo non formale, sempre nuovo e capace di rispondere alla vita. Il carisma di Giussani mi ha riportato al cuore della Chiesa quando non ne riconoscevo più il valore. E l’Udienza con il Papa lo ha riassunto perfettamente: sentire dalla sua stessa bocca cosa attende da noi, come ci vede e cosa si aspetta è stato come sentirlo parlare con me. Sentirci cantare in tante lingue, gente di nazionalità diverse, mi ha fatto capire che non solo c’era una grande unità tra di noi, ma che abbiamo la stessa umanità che ha trovato la medesima risposta: Lui.
Cecilia, San Paolo

PORTOGALLO
«È nel sì di ciascuno di noi, infatti, che si concretizza la sequela alla Chiesa che desideriamo esprimere con la presenza di tutti noi, uniti, in piazza San Pietro il 15 ottobre», ci ha scritto Davide Prosperi per prepararci all’Udienza con il Papa. Non riesco a trovare un modo più sintetico per descrivere quello che è successo a me quel giorno a Roma. Sapevo già che poteva essere un’occasione per la mia maturità, ma il punto di crescita arriva sempre inaspettato. Durante quella mattinata, davanti a quell’“impossibile unità” che vedevo, alla bellezza del gesto e alla paternità del Papa, mi sono commosso, pieno di desiderio di amare questo luogo. Ho pensato: «Questa è la Chiesa. Questo è l’oggetto della mia speranza. Non c’è nulla di astratto. La Chiesa sono queste persone che, come me, che, a un certo punto della loro vita, hanno avuto la grazia di un “bel giorno” in cui il desiderio di cui erano piene è stato intercettato da qualcosa di Altro. E oggi sono qui con me, ciascuna con la sua storia particolare, ma avendo incontrato la stessa Presenza». Guardando il Papa, mi sono sorpreso a riconoscere che «sei tu che mi guidi, sei tu che sostieni il cammino che faccio con i miei amici del movimento». Il fascino di scoprire la familiarità con questo luogo mi ha portato un profondo senso di vertigine, perché mi sono trovato di fronte al fatto che questo è il modo in cui Cristo investe la storia. Come ha ricordato il Papa, parlando di don Giussani: «Ha sempre mantenuto con fermezza la sua fedeltà alla Chiesa, (...), perché credeva che essa è la continuazione di Cristo nella storia». Se io non avessi detto il mio sì, se non lo avessero detto i miei amici portoghesi e gli altri che erano accanto a noi in San Pietro, e se non lo avesse detto il Papa stesso, fino a tutta la compagnia di credenti, Cristo cesserebbe di essere una Presenza presente nella storia umana. Come è possibile che questo nulla che sono io possa essere così prezioso per la storia del mondo? È Cristo a rendere grande la vita e l’esperienza che facciamo di Lui in questa compagnia che è la Chiesa.
Pedro, Lisbona

REGNO UNITO
Il sentimento dominante che rimane dopo lo scorso fine settimana a Roma è quello della gratitudine: al Papa, intanto, per averci concesso questa udienza e per le sue parole; a don Giussani, per il suo sì che ha permesso allo Spirito Santo di lavorare attraverso di lui; e poi al Signore, per avermi fatto incontrare questo carisma. Il viaggio verso Roma è stato pieno di eccitazione: ero curioso di sentire cosa ci avrebbe detto il Papa. Che grazia, fin dall’arrivo in Piazza San Pietro, incontrare tanti amici da tutto il mondo. L’inizio della preghiera comune, alle 10, ha davvero cambiato il clima e ha messo tutti di fronte al motivo per cui eravamo lì, pellegrini per rendere grazie di un uomo nato 100 anni fa che ci ha fatto incontrare Cristo.
L’arrivo del Papa, poi, è stato un momento di grande gioia e di unità, un’unità generata dal fatto che eravamo insieme davanti a lui, con lui. Quando ha iniziato a parlare mi sono sentito abbracciato come da un padre che comprende le mie difficoltà, ma che mi dice di non preoccuparmi e che la Chiesa, Madre, desidera aiutarmi a vivere più pienamente la mia esperienza.
Francesco ci ha detto molte cose, tutte da meditare per essere approfondite. Ma alcune le ho percepite davvero come punto inziale di un lavoro per la mia vita. La prima è la sua insistenza sul fatto che un tempo di crisi è un tempo di ricapitolazione e di crescita. E che questo costringe, come è successo a me, a tornare all’origine del mio incontro più di 30 anni fa, alla “mia prima Galilea" come ha detto il Papa. Riscoprire quello stesso incontro oggi, anche nelle difficoltà che vivo, rende davvero bello il cammino.
Poi, mi ha colpito che il Papa abbia detto che desidera molto di più dal movimento e che il potenziale del carisma è ancora in gran parte da scoprire. Parole che ho percepito come una vera promessa per le nostre vite: se sto già vivendo un’esperienza così bella, cos’altro posso aspettarmi scoprendo sempre di più il carisma?
Infine, mi ha colpito il richiamo alla responsabilità personale di fronte al proprio destino e al fatto che noi siamo solo mediatori per gli altri nell’incontro con Cristo. Che fiducia davanti al cuore di ogni persona. È la stessa libertà che don Giussani mostrava continuamente davanti a tutti coloro che incontrava, una libertà che devo imparare.
Dopo l’Udienza, il pellegrinaggio della comunità britannica è proseguito con una messa insieme dopo pranzo, seguita da un tour di Roma e dalla cena. Alla sera, ci siamo uniti ad altri amici in una parrocchia della città per una serata di canti: c’erano centinaia di persone provenienti da tutto il mondo. Alla fine abbiamo cantato insieme Romaria, una canzone brasiliana dedicata alla Madonna. Nel mentre i guardavo i volti di quelli che erano lì, con età e provenienze diversissime: ognuno era lì perché in qualche modo era stato toccato dal carisma di don Giussani. E il mio cuore si è riempito di gratitudine per essere parte di questa storia.
Amos, Londra

ARGENTINA
Arrivare a Roma dalla “fine del mondo”, come il Papa definì la sua Argentina, è un lungo viaggio, ma la nostra voglia di esserci è stata più forte di tutte le difficoltà. Così come è stata grande la bellezza di farlo in compagnia di amici tra cui si sono condivisi gli anni in università e tanta vita quotidiana. E che sorpresa ritrovarci ancora insieme grati più che mai di questa storia.
Siamo arrivati il venerdì e siamo andati subito in sede per provare le canzoni argentine per il giorno successivo. Anche questa è una cosa che non smette mai di stupirmi: cantiamo le stesse canzoni in tutto il mondo. E in tutto il mondo, in qualsiasi comunità, per quanto piccola, il canto ha un posto privilegiato.
Sabato mattina presto ci siamo iscritti al coro e abbiamo rispettato ancora una volta l’appuntamento con “Pietro” che, come una roccia, fa sì che tutta la nostra esistenza, individuale, familiare e comunitaria, sia misteriosamente parte della Presenza di Cristo nella storia.
Abbiamo pregato, cantato, festeggiato, siamo stati in silenzio. Ognuno di quelli in piazza avrebbe potuto dare una motivazione differente sul suo essere lì. Ma tutti eravamo parte di un popolo educato alla libertà, alla comunione, persuasi dalla nostra esperienza, di quello che è il nostro più grande tesoro.
È arrivato Francesco, un uomo comune, ma originale, con un suo percorso ricco di umanità, di ragione e di affetto, di accoglienza e di libertà. Argentino come noi, guardato, preferito e preso dalla misericordia di Dio per guidare la Chiesa, per il bene nostro e del mondo intero.
Abbiamo ascoltato le sue parole così piene di conoscenza di don Giussani, della storia e del presente del nostro movimento, piene di affetto e di fiducia, piene di bisogno. Ha condiviso con noi le sue preoccupazioni per un mondo sempre più violento e, allo stesso tempo, le sue profezie - per la pace, innanzitutto - e ci ha invitato ad accompagnarlo. Ci ha detto che il potenziale del nostro carisma è ancora in gran parte da scoprire e che può ancora far fiorire molte vite «andando incontro alle aspirazioni di amore e verità, di giustizia e felicità che appartengono al cuore umano e che palpitano nella vita dei popoli». Ci ha invitato a lasciare che questa «santa inquietudine profetica e missionaria» arda nei nostri cuori e a «non rimanere fermi». Come un padre saggio, ci ha indicato ciò che dobbiamo custodire, curare e di cui essere grati.
Che grazia poter accogliere questa provocazione, questo rilancio. E quale gratitudine per la possibilità di condividere con tanti amici ciò che Davide ci ha proposto nella sua lettera in vista dell’Udienza: «Come figli, affidiamo a Papa Francesco il desiderio che ci anima dal profondo dell'anima di offrire, nella concretezza della nostra esistenza, il contributo della nostra fede a beneficio di tutti i nostri simili, e di continuare a implorare, prima di tutto per noi stessi, Colui che solo può dissetare il cuore umano: Gesù di Nazareth».
Carolina, Ingeniero Maschwitz

GERMANIA
Quando è arrivato il giorno della partenza dalla stazione dei pullman di Monaco Haar, c’era insieme all’attesa per l’incontro con il Papa, anche la coscienza che il viaggio non sarebbe stato per niente facile. Ci aspettavano 12 ore di pullman prima di raggiungere il luogo dove avremmo pernottato. La stanchezza si è fatta subito sentire. Ma a farci compagnia è stata la presenza di tanti amici della comunità tedesca che, durante piccoli dialoghi, alcuni del tutto inaspettati, si sono sentiti liberi di raccontare le proprie esperienze, condividere le loro ferite e le domande. È bello scoprire che il cammino della vita non lo si fa mai da soli. Anche la recita dell’Angelus e delle Lodi, i canti, sono stati gesti che ci hanno messo nelle condizioni di attendere l’incontro con il Papa. Il mattino del sabato, l’appuntamento in Piazza San Pietro era alle 8 e subito ci siamo imbattuti in volti di persone, studenti, adulti, stanchi come noi, ma carichi di attesa per quello che stava per accadere. Persone che come noi sono stati toccati nella loro vita da un incontro talmente decisivo da mettersi in viaggio ritrovarsi per mezza giornata in piazza San Pietro.
Un popolo è molto più di una massa di persone. Quanto è diversa l'unione di 60mila persone in uno stadio di calcio che vivono un momento di simultaneità, ma restano estranei? Ciò che ha unito le migliaia di persone in Piazza San Pietro è stato proprio il prima e il dopo di una storia. L’incontro con il Papa, i canti e i testi durante l’incontro sono stati l'irradiazione di un’umanità che ha attirato persone di tutte le culture e di tutti i continenti e le ha messe in movimento. È una grande comunità, ma allo stesso tempo vive solo della vivacità di ogni singolo io.
Andreas, Francesco e Giuseppe, Monaco di Baviera

PERÙ
Cosa è successo per farci spostare e attraversare l’oceano? Cosa è successo per farci raggiungere Roma?
In Perù, la nostra storia è iniziata negli anni Ottanta ed è arrivata fino a noi, uomini fragili, attraverso dei testimoni “figli di don Giussani”. Come rimanere fermi immobili davanti alla misericordia del Santo Padre che ci accoglie ancora una volta per fare memoria viva di questa grande storia d’amore?
Molti amici per essere a Roma hanno fatto orari più lunghi a lavoro, altri hanno chiesto prestiti e consumato i giorni di ferie. Le domande e le preoccupazioni non ci mancavano, ma la gratitudine era incontenibile. Pochi giorni prima dell’Udienza, un amico che doveva venire con noi si è ammalato gravemente. Questo fatto ci ha messo nella posizione del mendicante che implora il miracolo, il Suo amore e la nostra conversione attraverso le circostanze che Gesù ci dà.
Con questi fatti negli occhi e nel cuore, siamo stati protagonisti di una festa, di un incontro con persone vive, come nel Portico di Salomone, il cui comune denominatore è stato quello di aver seguito Gesù in semplicità, in una situazione forse apparentemente impossibile. Questo denominatore comune fa sì che nulla venga tralasciato, la realtà è una sola, la vita del nostro amico è stata abbracciata anche da ciò che accadeva in piazza, da Papa Francesco e dal volto buono del Mistero.
Silvia, Lima

PORTORICO
Il 15 ottobre Piazza San Pietro mi ha restituito di colpo e in profonda unità tutta la storia della mia vita. C’era mia sorella Antonella con suo marito Massimo (la mia famiglia!); c’era un gruppo di amici di Gerenzano, il paese dove sono nato e cresciuto; mi sono ritrovato con Daniele, Giampiero e Rocco, gli amici della casa dei Memores a Campeche in Messico; e di Campeche ho rivisto dopo 25 anni Conchita, che ora vive e lavora a Parigi, e tanti altri cari volti; c’erano poi con me, arrivati da Portorico, Amanda e Tatiana, Edrian e José Francisco. Tutti lì per una storia che ci ha presi tutti e per tutta la vita, una storia che non ci sarebbe senza la fede e l’affetto di don Giussani; tutti lì perché parte di un popolo nato dal suo amore a Cristo e a ciascuno di noi; tutti lì come figli e padri, grazie alla sua esperienza di figlio della Chiesa e di padre dentro la Chiesa.
L’intensità e la bellezza del gesto rendeva evidente che la memoria non è un passato, ma la coscienza di un’appartenenza che ti fa dire con certezza “io” oggi e ti fa guardare con tenerezza a tutto. Non mi vergogno di dire che mi sono commosso in più occasioni: durante alcuni canti “nostri”; durante le testimonianze di Rose e di Hassina, guardando quelle migliaia e migliaia di volti, tutti così diversi eppure così uniti, oggettivamente una sola cosa.
E l’attesa per le parole del Santo Padre. Grato anche lui a don Giussani, anche lui contento e orgoglioso di tutti quei figli; ed anche preoccupato, come tutti i papà, che vedono crescere i loro figli e sanno le difficoltà e i pericoli a cui vanno incontro. Ci ha quasi supplicati: «Avete ricevuto un grande dono. Avete tra le mani un tesoro enorme: per favore, non lo sciupate!». E poi: «Mi aspetto ancora di più. La potenzialità del vostro carisma è ancora in gran parte da scoprire, ancora c’è gran parte da scoprire». La stima di un padre! La fiducia di un padre!
Oggi, lunedì 17 ottobre, ero già di nuovo al lavoro a Portorico: più contento, più certo, più consapevole e forse per questo un po’ più umile.
Giuseppe, San Juan

BRASILE
Avendo avuto la grazia di essere in Piazza San Pietro, sono diventato più consapevole del mio “sì”. Una riflessione semplice, ma che mi ha colpito profondamente, perché ho capito che il “sì” della Madonna ha generato il “sì” di Pietro, che ha generato il "sì" degli apostoli, che ha generato il “sì” di don Giussani, che ha generato il “sì” di tanti amici e anch’io ho detto e dico il mio “sì”.
A Roma, incontrando tante persone ho potuto sperimentare una familiarità con tutti e tutto. Questo mio “sì” è stato confermato dal vedere quel mare di persone insieme per ringraziare per la vita di don Giussani. È stato commovente sentire la sua voce in quei momenti che hanno preceduto le parole del Papa, perché era come se fosse vivo, e in effetti lo è, perché con il suo sì ha generato noi, ha generato un popolo che, come ha detto il Papa, ha trovato Cristo, l’unica ragione di vita.
La consapevolezza del mio sì mi ha fatto sentire amata, preferita, speciale, lì con tanti e ho avuto la conferma di quello che diceva don Giussani... «Questo nulla che siamo, ognuno di noi, possiamo essere presi da Dio e diventare grandi cose». Non sono grande perché faccio cose o ho cose, ma perché sono consapevole di dire di sì a Colui che mi fa ora.
Inês, Petrópolis

BRASILE
Nei giorni che hanno preceduto l’incontro con il Papa risuonavano nella mia testa le parole di don Giussani: «Tutto è grazia». E, in effetti, non riesco a immaginare come la mia vita sarebbe lontana da questa storia che ho incontrato 18 anni fa, che mi ha generato e che mi genera continuamente. Ogni giorno mi sento più bisognosa di questa compagnia che mi aiuta a stare davanti alla vita. È stato impressionante vedere la moltitudine in Piazza San Pietro e mi sono commosso pensando a quante vite sono salvate dal carisma donatoci da don Giussani che nella sua semplicità ci ha educato a vedere Cristo presente qui e ora e per questo la vita è diventata davvero una strada bellissima.
Thiciane, Brasilia

BRASILE
Quando ho saputo dell’udienza del Papa l’ho preso come un invito personale, non solo perché don Giussani ha cambiato la mia vita, ma anche perché, grazie a lui, ho preso la decisione da adulto di far parte della Chiesa e quindi desideravo vedere il Papa. Non ero certo che ci sarebbero state le condizioni per fare il viaggio, ma poi tutti i fattori stavano andando al loro posto: avevo dei giorni di ferie e l'appoggio della mia famiglia e della mia fidanzata. Così sono partito con gioia. In Piazza San Pietro mi ha colpito vedere quelle migliaia di persone in silenzio. Migliaia di uomini e donne adulti che cantano come bambini. Poteva immaginare don Giussani, quando era in vita, che attraverso il carisma che Dio gli ha dato, migliaia di altre persone sarebbero state oggi così legate alla Chiesa e al Papa? Per me è stata una gioia vedere tante persone che hanno trovato una via sicura per cercare il senso della vita, questa via che è la compagnia di Cristo, della Chiesa. Allo stesso tempo, mi sono sentito pieno di tenerezza per la nostra condizione umana, così fragile, e mi è venuto da chiedere: «Dio, conserva in noi la purezza del nostro cuore, affinché possiamo continuare a riconoscere che abbiamo sempre bisogno della compagnia della Chiesa». Papa Francesco è arrivato mentre cantavamo «Ho un amico grande, grande». Che bella questa consapevolezza, il Papa non è una persona distante, un’autorità formale, è un amico! Poi, sentirlo dire che i testi di don Giussani sono stati importanti nel suo percorso di fede e che sono stati un contributo teologico alla Chiesa mi ha commosso. Parlando con tanti amici brasiliani (ho incontrato più brasiliani a Roma che a San Paolo!) eravamo molto grati, con il desiderio di continuare ad approfondire le parole del Papa rivolte a noi con tanta tenerezza. La sera siamo stati accolti in un’opera del movimento a Roma, dove lavorano volontari universitari, e dopo cena abbiamo cantato assieme. È stato impressionante vedere quante persone sono arrivate per questa festa, frutto dell'incontro di cui ci aveva ricordato il Papa la mattina, che si manifesta in una Vita che continua ad attirare le persone, Cristo, la Vita della vita.
Thiago, San Paolo

BRASILE
Sono andato all’udienza per gratitudine a Dio per il dono del carisma che ho ricevuto e che mi ha salvato la vita, facendomi uscire dal nulla in cui vivevo. Un evento così attraente e affascinante, che mi ha portato totalmente a dare la mia vita a Cristo, attraverso i Memores Domini. Quando il Papa è arrivato in piazza e si è seduto davanti a noi, mi sono commosso, avevo gli occhi fissi su di lui e non riuscivo a muovermi. Volevo solo rimanere lì, a guardarlo. Ho provato una gioia immensa e ho pianto. Ma non era un sentimentalismo, era un’emozione gioiosa e grata per l'appartenenza a un popolo, che ha un nome e un cognome. Ho fatto l’esperienza di essere una figlia della Chiesa, all’interno del carisma. Si può fare l’esperienza di «tornare al primo incontro, tornare alla prima Galilea», come ha detto il Santo Padre. Anche durante le testimonianze di Rose e di Hassina, ho potuto sperimentare un'incredibile familiarità, identificandomi con la loro esperienza, e ho capito che io e loro siamo una cosa sola, figlie dello stesso padre. Così è cresciuto in me il desiderio di gridare Cristo al mondo intero, il desiderio della missione, perché altri possano sperimentare la pienezza che io vivo.
Angela, Brasilia

BRASILE
Ho viaggiato per la prima volta nella mia vita in un altro Paese in occasione del centenario della nascita del Servo di Dio monsignor Luigi Giussani. Sono entrata in Piazza San Pietro con il cuore pieno di gratitudine e di meraviglia per essere parte di un popolo immenso che ha imparato ad amare Cristo e la Chiesa grazie a don Giussani. Viva papa Francesco che quel giorno ci ha accolto come suoi figli.
Claudiana, San Paolo