(Foto: Giovanni Dinatolo)

«Ci può essere un dono più grande?»

A 16 anni Tommaso aveva abbandonato la Chiesa. Poi l'incontro con il carisma di don Giussani che ribalta l'idea «di quel Gesù che credevo di conoscere». La commozione e la gratitudine di essere a Roma dal Papa

Sono tornato dall’Udienza di Roma con il cuore gonfio di commozione e gratitudine. È stato un concreto momento di conversione. In questi giorni ci ho ripensato spesso e ho capito di più da dove deriva questa gratitudine.
Sono grato, innanzitutto, che don Giussani sia nato 100 anni fa. Il suo “sì” ha generato una storia che ha permesso che io incontrassi Gesù. Mi sono reso conto di quanto lui mi faccia compagnia ogni giorno, con i suoi scritti, i suoi video, attraverso la vita del movimento. Mi stupisce quanto lo senta amico e padre, senza averlo mai conosciuto. A 16 anni avevo abbandonato la Chiesa: non era interessante, non aveva niente da dire alle domande che avevo e alle ferite che mi portavo addosso. Non era la risposta alla domanda di senso che mi tormentava. Poi, all’improvviso, l’incontro con il movimento ha totalmente ribaltato l’idea di quel Gesù che credevo di conoscere, e anche io ho potuto scoprire che la gioia più grande della vita «è quella di sentire Gesù Cristo vivo e palpitante nelle carni del proprio pensiero e del proprio cuore». Non so cosa sarebbe stato di me senza don Giussani (la fantasia di Dio è infinita e forse mi avrebbe acchiappato comunque), ma la mia storia dice che lui mi ha fatto un regalo senza pari: mi ha donato Cristo.

Il secondo motivo di gratitudine è stato vedermi circondato da un popolo di amici. Gesù mi accompagna, mi guarda e mi ama attraverso tanti amici che sono un dono misterioso e meraviglioso. Insegnando a scuola, vedo che il problema più grande di tanti ragazzi è la solitudine… Non hanno nessuno a cui guardare, a cui appoggiarsi. Nessuno che li ami di un amore grande e gratuito. Questo li rende fragili e timorosi della vita. Io sto in piedi perché sono amato… E vedere questo popolo (dopo gli anni di Covid dove abbiamo rischiato di essere tutti un po’ più soli) mi ha commosso. Perché nel cammino non sono solo, e questa è la cosa meno scontata che c’è.

LEGGI ANCHE - «Quel "di più" che il Papa ci chiede»

L’ultima cosa che mi ha commosso è stata ascoltare le parole del Papa che ci ha indicato la strada da percorrere. Sono uscito dalla piazza con la gioia di essere dentro la Chiesa, un luogo dove si ha a cuore il mio destino e dove mi viene indicata la strada per compiere il mio compito nel mondo. Un luogo dove mi viene detto che anche i momenti difficili, di crisi, fanno crescere… Perché possiamo essere sempre più attaccati Gesù.
Come quando il Papa ci ha supplicato di non sprecare il nostro tempo! È così: io non voglio sprecarlo! Voglio che ogni istante possa essere di Cristo, per rendere piena la mia vita e per poterLo poveramente testimoniare a chiunque incontro. Mi sento guidato dalla Chiesa in tutto questo. Non si parla di noccioline, si parla del destino. Può esistere un dono più grande?
Tommaso, Firenze