(Foto: Massimo Quattrucci/Fraternità CL)

«La nostra famiglia è un frutto del sì di don Giussani»

Davide è padre di due bambini e un terzo in arrivo. Parte nel cuore della notte per essere a Roma dal Papa. Perché un viaggio così?

Ore 2:45. Sono nella cucina di casa mia a bere un caffè. Tra poco un amico passerà a prendermi per andare in Stazione Centrale dove un treno speciale ci porterà in Piazza San Pietro. Sto guardando distrattamente il cellulare, quando all’improvviso mi rendo conto di quanto potrebbe sembrare assurda questa situazione. Sono padre di due bimbi che domani compiranno gli anni e che questo weekend reclamano la presenza del papà che durante la settimana vedono poco. Mia moglie (incinta al nono mese) ha davanti a sé una giornata che si preannuncia faticosa tra gestione della casa e dei figli, mentre io sto per partire per andare a Roma. In un istante di lucidità mi viene da domandarmi: perché lo sto facendo?
Certo, per una gratitudine verso Giussani e per un senso di appartenenza a CL che sento come una casa. Ma anche perché percepisco con chiarezza che questo momento così particolare che il movimento sta vivendo ha una portata decisiva per la mia crescita di fede. Mi torna in mente una frase di Giussani ripresa recentemente da Davide Prosperi: «Le circostanze per cui Dio ci fa passare sono fattore essenziale e non secondario della nostra vocazione, della missione a cui ci chiama», desidero fortemente ascoltare cosa abbia da dirci il Papa perché voglio capire cosa il Mistero mi sta chiedendo. Questa è la motivazione principale che mi spinge ad uscire di casa in piena notte per mettermi in viaggio.

In treno provo a recuperare qualche ora di sonno e, quasi senza accorgermene, arriviamo a Roma. Mi metto in testa al gruppo di amici con cui sono partito e comincio a camminare spedito verso l’ingresso della Piazza. C’è già tanta gente e la fila ai controlli è lunga, sono nervoso perché non voglio perdermi nulla di quello che succederà. Ogni tanto scambio qualche breve messaggio con mia moglie per aggiornarla sulla situazione. Anche lei si sta preparando: insieme ad altre amiche con figli si raduneranno in una casa per seguire l’udienza. Quando alle 10 il gesto inizia non sono ancora riuscito ad accedere alla piazza, provo a farmi spazio ancora più rapidamente tra la folla, passo i controlli e riesco ad entrare nel colonnato proprio quando sono appena finite le Lodi ed iniziano le letture. Fortunatamente, riesco a trovare un posto dove si sente bene e mi immergo con attenzione nell’ascolto dei testi di Giussani. Molti pezzi sono noti, eppure mi sembra di ascoltarli per la prima volta, forse proprio grazie all’attesa di cui sono pieno e alla percezione che questo sia un momento decisivo per la nostra storia. Tutto quello che accade intorno mi aiuta a tenere viva questa attesa: dalle letture ai canti, passando per la bellezza di una piazza gremita di gente di tutte le età (dai neonati agli anziani). Finalmente il Papa arriva e, dopo il saluto di Davide Prosperi, iniziano le testimonianze: bastano poche frasi perché la mia attesa si trasformi in una sincera e potente commozione. Le vite di Rose e Hassina, cambiate in modo così profondo, evidente e carnale dall’incontro Cristo tramite il carisma di Giussani, mi rimettono davanti agli occhi la mia storia. Anche io, in modo altrettanto potente, sono stato preso dallo stesso abbraccio e la loro storia me ne fa riprendere coscienza con un’evidenza disarmante.

Il discorso di Francesco è ricchissimo (da quando l’ho sentito lo sto rileggendo tutti i giorni). Mi colpisce innanzitutto che non ci abbia risparmiato niente e che ci abbia confidato, con delicatezza paterna, che da noi si aspetta di più, molto di più. Un passaggio che mi porto nel cuore è quello in cui il Papa ci ha detto che la potenzialità del nostro carisma è ancora in gran parte da scoprire e l’invito a rifuggire dal ripiegamento su noi stessi e dalla paura. Mi è sembrato uno sguardo rivoluzionario e molto corrispondente sul momento storico che stiamo vivendo: non si tratta di doversi sforzare per mantenere in vita una vecchia tradizione, ma di scoprire come il dono che abbiamo ricevuto possa «crescere in pienezza» per riuscire a raggiungere gli uomini e le donne del nostro tempo.

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Conservo poi una domanda che in questi giorni mi lascia irrequieto: come si concretizza la richiesta che il Papa ci ha fatto di «accompagnarlo nella profezia per la pace»? Come possiamo rispondere alla richiesta di aiuto che ci è stata fatta?
Rientro a casa in tarda serata e trovo mia moglie che, forse ancora più stanca di me, sta finendo di montare la casa delle bambole che regaleremo domani a nostra figlia per il compleanno. Le sorrido e il cuore mi si riempie di stima nei suoi confronti. Mi dice che la giornata è andata bene e che è grata perché la nostra famiglia è un frutto del sì di don Giussani. Mi sembra un’ottima sintesi della giornata: un’immensa gratitudine e un desiderio di continuare a camminare su questa bella strada.

Davide, Treviglio (Bergamo)