Davanti alla "Pietà" di Michelangelo esposta a Palazzo Reale, Milano

Puoi vedere e, se vedi, puoi cambiare

Una prof racconta la vacanza "alternativa" con alcuni giessini milanesi. Fatta di visite alla città, incontri, momenti di studio insieme. Di istanti in cui «nulla è più banale»

«Veramente una vacanza mi può cambiare», come ci ha chiesto un ragazzo? Durante la prima serata della nostra piccola vacanza di Gioventù Studentesca, abbiamo ascoltato il bellissimo canto L’assenza: «Se credi agli occhi, tu puoi vedere». Puoi vedere e, se vedi, puoi cambiare. Questi giorni me l’hanno mostrato con una potenza sorprendente.

Per ragioni economiche abbiamo deciso di non andare via proponendo ai ragazzi delle giornate a Milano. Io e i miei amici insegnanti, però, non volevamo rinunciare a una vacanza vera e propria, così ci siamo lanciati ad organizzare un calendario di appuntamenti, a partire dal titolo: “L’istante non è più banalità”. Così è iniziata la vacanza, insieme a una decina di ragazzi, di cui quattro erano con noi per la prima volta, un amico preside e altri “infiltrati" vari che ci hanno accompagnato nelle giornate. Ma mai avrei immaginato che la libertà di ognuno sarebbe emersa con tanta potenza.

Il primo giorno un momento di introduzione, seguito da alcuni giochi e una testimonianza sulla vita di don Giussani. Tutti si implicano: i ragazzi buttandosi nei giochi o ponendo domande nel corso della cena, e con lo stesso impeto un'amica universitaria e altri amici professori, che spendono il loro tempo per aiutarci a cantare.
Secondo giorno, visita a Cremona. Giacomo, che abbiamo invitato a presentare la sua amata città, ci mostra una pietra del Duomo: due incisioni utilizzate nel Medioevo per verificare le misure dei laterizi da vendere al mercato. Due segni che ha sempre visto, ma che sono diventati significativi solo quando ha incominciato a stare «con alcuni amici che mi hanno mostrato che lo studio può dialogare con la vita. Da allora, questo particolare non è più banalità per me». Lo sguardo di Giacomo ci conquista tutti. Poi il grande incontro con Cristiano e Silvia, sposi che hanno aperto la loro famiglia all’affido e all’adozione. «Nella vita ho due fortune», racconta Cristiano: «La prima è che Dio fa accadere nelle mie giornate delle cose bellissime, che mi commuovono; la seconda è che ho incontrato degli amici che mi fanno accorgere di quello che succede nella vita. Perché il problema di tutti non è che non ci succedono cose belle, ma che non le vediamo». Nel corso del dialogo due ragazzi, venuti per la prima volta, sentono il bisogno di dire che «con la religione non hanno niente a che fare» ed è una ragazza di GS musulmana a rispondere: «Con il tempo ho capito che a GS si parla della vita, per questo te la consiglio». La medesima intensità emerge il giorno seguente, andando a vedere a Palazzo Reale i calchi delle Pietà di Michelangelo e poi la Basilica di Sant’Ambrogio.
La mia curiosità di letterata esplode visitando la bellissima mostra “Unknown unknowns”, esposizione che indaga i misteri della realtà, ciò che nemmeno sappiamo di non sapere. «Una volta che hai i dati», ci spiega Lucia, prof di Fisica, «li puoi guardare e analizzare. Per esempio, qui dice che la forza che plasma l’universo è la gravità. Può bastare come risposta? Ci si può chiedere perché ci sia la gravità, i principi della dinamica… Più si va avanti e più emergono nuove domande».

Ultimo giorno, si affronta la sfida più dura: lo studio. Un ragazzo, cosciente di aver condotto il trimestre in modo disastroso, non solo giunge in anticipo, ma sta sui libri tutta la mattina. Un fatto che sorprende lui stesso. Arriva carico di cannoli siciliani: «Sono stato bene, non me l’aspettavo. Volevo condividerlo con voi». Si era accordato con un altro amico, come lui alla sua prima vacanza, che lavorando in un ristorante ha cucinato un buonissimo pranzo egiziano per tutti noi.

Cosa desiderare di più? Che ci rendiamo conto di quel che è accaduto, per questo chiudiamo la vacanza con il "raggio". Una vera esplosione di scoperte e di domande. Tanti fatti, originali sintomi di una novità in atto – il ritardatario cronico sempre puntuale, la percezione di essere “come in famiglia” – che fanno intuire di avere qualcosa in comune, «non so ancora cosa sia, ma mi piace pensare che ci sia». Qualcosa che permette perfino di iniziare a guardare la realtà con rinnovato stupore: dopo la visita a Cremona, «oggi uscendo dalla metro mi sono fermato un attimo a guardare il Duomo». Fino all’intuizione che porta una ragazza a desiderare di essere «più gentile» con se stessa. Cos’è allora quel “bel giorno” di cui parla Giussani, che rende denso l’istante, se non la scoperta di essere amati, la scoperta di un amore presente, per me? «L’essere non sta in un iperuranio platonico, si è fatto carne, è Uno tra noi. Ecco, questo è tutto». Ci lasciamo con una nuova familiarità, desiderosi di ricominciare insieme l’avventura che ci aspetta quest’anno.

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Torno a casa e riscopro subito il mio limite nella circostanza quotidiana. Ma domina la gratitudine per ciò a cui ho assistito e per la strada che è sempre possibile compiere. Ancora una volta sono stata cambiata.
Marta, Milano