I nonni di Buccinasco dell'Opera "Carmelo Caporale".

I nonni mai soli

A Buccinasco, alle porte di Milano, l'annuale festa dell'Opera "Carmelo Caporale" che dal 1994 si occupa di fare compagnia a malati e anziani. E non solo, come racconta Claudia, una volontaria

Domenica 15 gennaio si è svolta la festa dell’Opera “Carmelo Caporale”, associazione che dal 1994 si occupa di far compagnia a malati e anziani a Buccinasco, alle porte di Milano. Il titolo della festa era “La sfida dell’accoglienza”. In un bellissimo dialogo con Luca Sommacal, presidente di Famiglie per l’Accoglienza, ci siamo chiesti cosa permetta di accogliere incontrare l’altro, che sia anziano, malato o bambino. Quando facciamo la festa dell’Opera e ogni volta che ci ritroviamo con i nostri nonni, non possiamo non riconoscere che questa bellezza trae la sua origine e la linfa dall’esperienza del movimento di CL. Abbiamo riflettuto sulle parole di don Giussani: «Accogliamo perché siamo accolti; amiamo, perché siamo amati».

Foto di gruppo

Durante la festa, Claudia, una volontaria, ha raccontato la sua esperienza: «Qualche anno fa, alla festa patronale di Buccinasco, ho conosciuto l’Opera “Carmelo Caporale” e ho pensato di proporla a mia mamma, che ormai non usciva più di casa autonomamente rimanendo sempre sola durante il giorno. Un caro amico la portava il venerdì nel salone della parrocchia dove si incontravano e io, finito il lavoro, la riaccompagnavo a casa. Ogni volta la trovavo serena e grata. Lei viveva già giornate ritmate da preghiera, rosario e Messa seguita in televisione, ma qui trovava qualcosa in più. Mi diceva: “Sai, quando vengo qui, mi entra qualcosa in cuore che mi allieta la settimana”. Io, che avevo pensato a questo momento come ad un semplice riempitivo, anche se di valore, ho iniziato a chiedermi cosa ci fosse di così bello. Mi sono trovata a guardare meglio il momento del saluto: fatto ad uno ad uno, con un abbraccio, una parola di incoraggiamento o un bacio. Insomma uno sguardo su ciascuno. Incuriosita ho partecipato ad alcuni pranzi, rappresentazioni o festeggiamenti e mi ha colpito sempre l’attenzione a ogni particolare e l’accoglienza fatta all’arrivo di nonne e nonni: loro erano i veri protagonisti. I volontari guardavano e accoglievano mia mamma come io non riuscivo a fare, ma volevo impararlo: lei era accolta da loro per come era, mentre io ero bloccata sul suo peggioramento motorio e cognitivo, e questo, anche se inconsciamente, arrivava a creare dell’attrito tra noi. Invece, i volontari dell’opera valorizzavano tutti e sottolineavano che anche il limite che uno si trova addosso, la fatica o il domandare sono la strada per conoscere Gesù. E questo era desiderabile anche per me. Così, con l’arrivo della pensione, come caritativa ho iniziato a partecipare e condividere con i volontari questo cammino in cui niente viene lasciato al caso. Ad esempio, i nonni che non possono più venire perché non riescono ad uscire di casa vengono visitati regolarmente, chi si ammala riceve una telefonata di sostegno e tutti vengono ricordati nel momento settimanale. Durante il Covid nessuno è stato lasciato solo e con le telefonate abbiamo assicurato la nostra amicizia. Tutto viene fatto perché nel volto dell’altro possiamo riconoscere Gesù. Io questo lo davo per scontato, come già saputo, ma qui sta diventando esperienza: educa il mio sguardo sull’altro. Tanto che ho iniziato ad accogliere il cammino faticoso di mia mamma come possibilità di conversione mia e oggi, che per motivi vari è ricoverata in Rsa, andare da lei ha dentro ogni volta la domanda di scoprire come Gesù mi si presenta e che la strada data a mia mamma e a me non chiede solo di essere accolta, ma stimata, perché stimare vuole dire riconoscere che è la via, anche se faticosa, che Dio sceglie per farsi incontrare».

Anna Iuliano, presidente “Opera Carmelo Caporale”