Il banchetto con i dolci per la raccolta fondi a favore dei terremotati di Siria e Turchia

«Una sorpresa limpida e travolgente»

La foto di un bambino estratto dalle macerie, il desiderio di fare qualcosa per i terremotati di Turchia e Siria. E l'iniziativa di alcuni giessini di vendere dolci a scuola per raccogliere fondi. Il racconto (e la scoperta) di una prof

15 febbraio, ore 13.30, dopo una mattinata di lezione, in sala professori sbircio il telefono, vedo che la mia amica Mariella, prof di Greco e Latino in pensione, che segue un gruppetto di ragazzi di Gioventù Studentesca della Sardegna, ha postato una foto del terremoto in Siria e Turchia. Incuriosita la apro: c’è un bambino di pochi mesi, estratto vivo dalle macerie, mi colpiscono i suoi occhi, l’espressione del volto. Non riesco a staccarmi dal suo viso, nel nero delle pupille vedo la disperazione; io, avvolta nel mio piumino, cullata nella confort zone della mia routine quotidiana, a 40 anni suonati, non ho mai nemmeno lontanamente percepito quello che vedo riflesso lì dentro: la paura, la solitudine, il buio profondo, il rombo del tuono quando si muove la terra; penso alle 128 ore in cui è rimasto là sotto le macerie. Appena in tempo. Immediatamente mi assalgono mille domande: i suoi genitori dove saranno? I suoi fratelli? Sarà orfano? Vorrei partire per la Siria, andare a prenderlo, portarlo a casa con me, nel mio salotto, nella pace della Brianza, in mezzo alle colline… Vorrei fare qualcosa, in realtà non solo per lui ma per tutti, tutti i bambini feriti dal terremoto.

Uscendo da scuola incrocio un gruppetto di ragazze di GS. «Abbiamo una proposta: durante gli intervalli, facciamo una grande vendita di torte, biscotti, muffin fatti da noi, tutto il ricavato lo mandiamo ad Avsi per sostenere le famiglie colpite dal terremoto in Siria e Turchia. A chi può aiutarci a preparare i dolci diremo come confezionarli, dove mettere la lista degli ingredienti, passeremo nelle classi, coinvolgeremo tutta la scuola. Una prof ci ha già detto che ci dà una mano, ha ordinato su internet i sacchetti …».

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La sera dopo, trovandomi a cena con alcuni di questi ragazzi, racconto del bimbo trovato tra le macerie, del desiderio di portarlo a casa, dello struggimento per le tante vittime, per i bambini sofferenti, per gli sfollati. Riusciamo a risalire al nome del fotografo che ha scattato la foto, lo contattiamo sul suo profilo Instagram, gli scriviamo un messaggio, poi, prima di cantare, Rebecca mi dice: «I biscotti e le torte che venderemo mercoledì saranno per lui, saranno per aiutare tutti i bambini siriani che sono rimasti al freddo oggi, senza pranzo, senza mamma, senza scuola, senza amici». E aggiunge: «Mi viene in mente quello che abbiamo letto di Giussani: “Quando c’è qualcosa di bello in noi, noi ci sentiamo spinti a comunicarlo agli altri. Quando si vedono altri che stanno peggio di noi, ci sentiamo spinti ad aiutarli in qualcosa di nostro. Tale esigenza è talmente originale, talmente naturale, che è in noi prima ancora che ne siamo coscienti e noi la chiamiamo giustamente legge dell’esistenza. Noi andiamo in caritativa per soddisfare questa esigenza”». Così facciamo l’esperienza che noi siamo con quel bambino, salvati da un terremoto: «Sei nella tempesta, irrompono le onde, ma vicino c’è una voce che ti ricorda la ragione, che ti richiama a non la sciarti portare via dalle ondate, a non cedere. La compagnia ti dice: “Guarda”, che dopo splende il sole; sei dentro l’onda ma poi sbuchi fuori e c’è il sole”. L’amicizia è definita dal suo scopo: l’aiuto a camminare verso il Destino» (Volantone di Pasqua 1992). È così il Destino buono: una sorpresa limpida e travolgente come la presenza di queste ragazze.
Elena, Macherio (Monza e Brianza)