La visita al Santuario di Maria Consolatrice a Paljurska durante la vacanza delle comunità dei Balcani in Macedonia

«Quel sottile filo rosso che ci lega»

Da Bulgaria, Grecia, Kosovo, Romania... Le piccole comunità del movimento dell'area balcanica si sono date appuntamento in Macedonia a fine marzo per una vacanza

«Anche questi sono felici». Così ha commentato la figlia dodicenne di una nostra amica del Kosovo durante la vacanza in Macedonia. E “macedonia” è il miglior modo di descrivere la diversità di nazionalità ed esperienze che ha accolto amici provenienti da Bulgaria, Grecia, Kosovo, Macedonia, Romania… E una bellissima e improvvisata testimonianza online dalla Turchia. Si tratta di comunità piccole che vivono l’incontro con Cristo e i rapporti che ne nascono come l’essenziale, un essenziale che traspare nel modo in cui ci siamo guardati e ci siamo ascoltati. Noi siamo la testimonianza carnale che Cristo è presente e che la fedeltà è di un Altro.

Ettore Pezzuto, responsabile del movimento per le comunità europee, e don Stefano Pasquero, missionario della Fraternità San Carlo, ci hanno guidato in questi tre giorni a riscoprire quale sia la proposta del movimento. Che spettacolo scoprire che il sottile filo rosso che abbiamo in comune - vista la poca familiarità di chi non si vedeva in presenza dal 2019 - sia bastato a farci sentire così vicini. La breve gita fino al Santuario di Maria Consolatrice a Paljurska, dove si dice sia passato san Paolo, un’ulteriore occasione di confrontarsi e conoscerci. Anche l’assemblea ha aiutato ad aprire il cuore: c’è stato chi ha raccontato dei frutti che vengono dalla semplice sequela a Cristo amando la strada in cui ci ha messi; chi ha raccontato di come la provocazione del Papa abbia spinto a riconoscere che la Chiesa - cioè noi - vive perché in essa Cristo vive “qui ed ora”. Una nostra amica polacca che abita in Grecia, poi, ci ha lasciato disarmati raccontandosi: «Io ho incontrato voi e sperimentato la felicità di cui parlavate. Ora riesco a guardare tutto intorno a me. L’incontro con voi mi ha risvegliato una sensibilità e uno sguardo che non pensavo di avere».

«Anche questi sono felici»: è la semplice indicazione di chi vede il fattore che ci tiene insieme e che ci permette di vivere così, e che non è la somma delle nostre capacità. E questo anche se parliamo di piccole realtà, come quella di una famiglia in Kosovo o di un’altra ad Atene… Ma allora, come non perdersi? Come mantenere questa affezione senza la quotidianità di una faccia, fosse anche un caffè insieme?

Federica, collegata dalla Turchia dove vive oggi, ci raccontava proprio di questo. Anche lei, del movimento da tanti anni, si è trovata sola in una metropoli come Istanbul, e si è posta la domanda: «Come quello che ho incontrato dialoga con quello che vivo oggi?». Il punto di partenza, ha aggiunto, è quello che c'è: piccolo, diverso, a volte non immediatamente corrispondente, ma lì tu ti giochi e riparti da come Cristo ti ha preso. E scopri che di fatto c'è tutto quello di cui hai bisogno, che il rapporto con la tua fede passa attraverso la tua vita nel quotidiano.

Come Federica, anche noi viviamo in Paesi diversi e lontani: come possiamo aiutarci, allora, a vivere la quotidianità? Guardandoci tra noi, ci siamo visti tutti chiamati, come ci ha detto il Papa il 15 ottobre scorso, a non perdere «il fascino del primo incontro». Così, l’unità nel nostro carisma e le facce di quei pochi (ma buoni) amici sono il punto dove sperimentiamo quell’abbraccio essenziale. Cioè, come ci ha detto Ettore, noi condividiamo Cristo e la nostra unità è il dono del Suo Spirito. Don Stefano ci ha poi ricordato come la corrispondenza non sia un sentimento ma un giudizio, e questo per tutti noi è stato un punto importante da portare a casa.

Adesso non vediamo l’ora di incontrarci di nuovo, perché non possiamo seguire Cristo a prescindere da questa strada, da questa gente, dal nostro movimento. La nostra è una “macedonia” di persone che rendono visibile l’invisibile presenza di Dio.
Paolo, Atene (Grecia)