Sant'Agata sul Santerno (Foto Giacomo Bellavista)

Alluvione. Una piena di umanità

La paura delle prime ore, con l'acqua che invade interi quartieri di Forlì. Poi i messaggi degli amici. Molti. Sempre di più. Che l'indomani si trasformano in tante mani da tutta Italia per aiutare a spalare

Scende la sera. Il Sindaco ha appena diffuso un videoappello drammatico: «Mettervi in salvo. Sta per accadere qualcosa di mai accaduto prima». Sono perplesso. Mi dico: «Dai, ha esagerato questa volta». Poco dopo iniziano a circolare notizie, audio, video che documentano uno scenario drammatico. Prendo il mio suv e inizio a girare. Esco una, due, tre volte. Nel mentre la luce in città scompare. Chiamo un amico che abita vicino a me: «Scendi!». Controllo meticolosamente l’avanzamento dell’acqua che è ormai a 700 metri dalla mia bella casa ristrutturata. L’ultimo giro lo faccio alle 3 di mattina. Da oltre tre ore l’acqua non avanza. Sono salvo, vado a letto sollevato! Non dormo. Prego. So già di amici in grave difficoltà. La cosa mi addolora, ma al contempo mi dice di muovermi, di pensare e fare qualcosa. Perché questa urgenza, mi chiedo? Perché sono parte di me. Ho bisogno si sapere come stanno e di cosa hanno bisogno. La mattina presto, in una chat di amici della comunità, vedo che non sono solo con questa urgenza. La città è isolata e devastata: interi quartieri sommersi da acqua e fango.

Arrivano notizie aggiornate dei nostri amici, foto, richieste di aiuto. In molti vogliono già uscire per aiutarli. Proviamo a fare ordine, a non agire istintivamente. Iniziamo a mappare le situazioni di bisogno e individuiamo un riferimento per ciascuna, con lo scopo di aggiornarci sul numero di volontari richiesti e sulle necessità. Altri raccolgono le disponibilità. Altri lanciano una campagna di crowdfunding. Scuole chiuse, coinvolgiamo anche i ragazzi di Gioventù Studentesca.

Inizia così un lavoro faticoso, ma entusiasmante che coinvolge tutta la comunità. Nel fine settimana ci ritroviamo il sabato con un momento di preghiera e la domenica con la santa messa. Sono oltre 600 i volontari arrivati anche da Rimini, Bologna, Padova, Modena, Bellaria e altre città. Si aggiungono anche persone non del movimento, non sappiamo bene come e perché. Che cosa sta accadendo davanti ai nostri occhi? Non si svuotano appena le case dall’acqua e dal fango, ma si riempiono i cuori e si rialza lo sguardo.

Luca, che non voleva più rientrare in casa cambia faccia a fine giornata dopo un pianto di gioia. I suoi figli, portati via in gommone, erano terrorizzati. Invece, miracolosamente, iniziano a giocare con noi nel fango. Mentre ci saluta, Luca ci dice: «Io ho visto, ma anche i miei figli lo hanno capito, che c’è qualcosa che conta di più di quello che avevamo, che ci sembrava tutto e che è svanito in mezz’ora. Non so come ringraziarvi». «Ma voi chi siete?», chiede il suo vicino. Una domanda uguale a quella di 2000 anni fa. «Siamo di CL, ma soprattutto siamo tuoi amici, ci manda Luca», risponde uno di noi. «Non ho mai visto una cosa del genere». Quest’uomo non faceva entrare in casa nessuno da anni. «Ciao, sono Sonia, mi hanno parlato bene di voi e ho tutto il necessario. Posso venire ad aiutarvi? Dove ci si trova?». «Inizieremo con una messa a Coriano se riesci, se no ti dico dove raggiungermi», rispondo. «E perché? Vengo a messa». E io che mi facevo scrupoli. «Nicola, dammi una mano oggi che ho bisogno», chiede Roberto, trent’anni nella protezione civile. Si avvicina Giovanni, uno dei loro responsabili: «Voi avete gli occhi buoni». Dopo aver visto i fiumi in piena esondare, vediamo una piena di umanità, generata, anzi direi proprio abitata da un Altro.

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Chi ci mette nel cuore il desiderio di aiutare? Come il mio gesto di generosità diventa carità? Dice don Giussani: «In questo punto si colloca il contributo che noi dobbiamo dare con chiarezza, passione e umiltà. Il gesto di solidarietà che originalmente è una adesione commovente all’aspetto buono dell’umana natura, si collega a qualcosa di più grande, viene assunto e ricollocato in un orizzonte più vasto. (...) La solidarietà, se rimane legata alla solidarietà, non crea ancora un soggetto (…) Solo la coscienza del Destino ultimo, la coscienza dell’ampiezza totale di appartenenza che l’uomo sente in sé, fa di una persona un soggetto. (…) È commovente trovarsi fianco a fianco con tanti volontari, tanti uomini generosi che possono non avere questa consapevolezza cristiana. Ma nella consapevolezza cristiana si chiarisce la vera ragione per cui anch’essi si muovono. E così si rinnova l’evidenza del fatto che la fede cristiana è la vera coscienza dell’umanità». Per questo che iniziamo il lavoro con una preghiera o la santa messa.
Paolino, Forlì