La giornata di inizio anno di GS a Torino

Torino. «Siamo la prima scelta»

I giessini piemontesi e valdostani insieme per la Giornata d'inizio anno. La colazione, l'assemblea. Poi dopo pranzo, i canti, le testimonianze, la messa. E l'evidenza di un compito: «Siamo preferiti. Che questa preferenza possa raggiungere tutti»

A Silvia piace dormire fino a tardi, soprattutto quando non va a scuola. E invece per ben due giorni consecutivi ci ha rinunciato: prima per la caritativa e poi… Per la Giornata d’inizio anno di Gioventù Studentesca. Con due ore d’anticipo si è messa con tutta la segreteria a disporre i tavoli e ad apparecchiarli per servire la colazione. I ragazzi sono arrivati alla spicciolata, ovviamente per primi i più lontani, gli amici della Val d’Aosta e del Piemonte, alcuni piuttosto “rintronati” perché reduci da una festa di diciottesimo conclusasi quasi all’alba. Ad accoglierli - oltre ai dolci e alle bevande - la frase scelta come titolo: “Se tu sapessi quanto ti ho aspettato”.

Francesco Barberis introduce con una citazione di Pavese: «“L’unica gioia al mondo è cominciare. È bello vivere perché vivere è cominciare, sempre, ad ogni istante”. Questa giornata intende avviare, rimettere in moto, ancora una volta, la nostra intelligenza, il nostro cuore, la nostra vita, la nostra amicizia: riconoscere una storia da condividere per l’intero anno». Poi, dopo aver cantato la canzone di don Antonio Anastasio da cui è tratto il titolo, incalza: «Gesù ha sete di noi, di ciascuno di noi, come ci ha ricordato il Papa a Lisbona. Questo è un segno indelebile di preferenza. L’annuncio cristiano è tutto qui: Dio ti ama, e ti raggiunge attraverso la compagnia della Chiesa, una compagnia carnale come quella di Gesù, che sfida così la nostra libertà: siamo stati amati insieme, preferiti insieme».

Sara reagisce subito: «Mi affascina ciò che ha detto Francesco sulla preferenza, sul fatto che dovremmo soffermarci più spesso su questa verità e non dare mai per scontato che siamo la prima scelta di Chi ci ama davvero». Viene quindi letto il contributo di una ragazza: «Spesso ci dimentichiamo che Gioventù Studentesca siamo noi e non un ente astratto a cui attingere. Invece no! GS sono io, io ho bisogno della compagnia, ma anche la compagnia ha bisogno di me. Io ho bisogno di Dio ma Dio, per agire nella storia, e agire con me, ha bisogno del mio sì».

«Ma perché, allora, tante volte esitiamo?» chiede Francesco, e per rispondere parte da una frase di Tarkovskij: «“Tu lo sai bene: non ti riesce qualcosa, sei stanco e non ce la fai più. E d’un tratto incontri nella folla lo sguardo di qualcuno - uno sguardo umano - ed è come se ti fossi accostato a un divino nascosto. E tutto diventa improvvisamente più semplice”. La compagnia non si esaurisce in se stessa: è segno del Suo volto. La comunione non è una aspirazione, ma una vocazione: è Dio che prende la tua carne, affinché tu possa investire tutti di questa preferenza». E, in un silenzio pieno di stupore, viene cantato Il mio volto di Adriana Mascagni.

La conclusione è un augurio: «Siamo fatti per un compito grande: che questa preferenza raggiunga tutti!». I volti dei ragazzi non sono più quelli un po’ storditi del mattino. Ci si sposta in cortile per un momento di canti e balli e, complice l’ultimo sole di un autunno straordinariamente mite, ma soprattutto le parole appena udite, a poco a poco anche i refrattari come Pietro si fanno coinvolgere. «I balli non mi sono mai piaciuti, ma coinvolgendomi nella loro preparazione ho capito che la pensavo così per una mancanza di semplicità di cuore: infatti oggi mi sono accorto che sono un modo bello per vivere la compagnia».

Nel pomeriggio due testimonianze: un universitario e un adulto. Entrambi raccontano di un incontro avvenuto quando, fra i banchi di scuola, per motivi e in tempi diversi, i due si interrogavano sul senso delle fatiche che stavano attraversando. È l’incontro con un cristianesimo vivo che suscita in loro stupore, curiosità e interesse nelle persone vicine, fino a provocare un dialogo serrato con i genitori o l’invito a pranzo da parte della vecchia maestra elementare. Ritornano alla mente le parole ascoltate al mattino: «Non si tratta di fare chissà cosa. Il contenuto della missione coincide con il contenuto della chiamata». Lucia è molto colpita e trattiene per sé queste parole: «Un rapporto continua per merito di un Altro che si segue, si cerca e si vive insieme nell’amicizia».

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Dopo la Messa, gli avvisi che sono un invito a verificare nella quotidianità ciò che si è vissuto o anche soltanto intuito nella giornata: «Siamo stati convocati per metterci insieme non solo a partire dalle nostre domande, ma dall’incontro con un Tu presente, la cui eccezionalità e attrattiva ridesta il gusto per tutto: lo studio, il rapporto con i genitori, con gli amici, con la lista di Istituto, con i più bisognosi del quartiere, con coloro che stanno vivendo sotto le bombe o nella carestia».

Usciti dalla sala i saluti e gli abbracci non finiscono più, ma qualcuno decide spontaneamente di dare una mano alla segreteria per rimettere al loro posto tavoli e sedie. Benny dapprima si stupisce, poi capisce che non si tratta di buona educazione, ma di gratitudine per la bellezza vissuta insieme e del desiderio di ripartire abbracciando tutto.
Patrizia, Torino