La Giornata d'inizio anno di GS a Milano

Milano. «Chiamati per nome»

Quasi novecento ragazzi e professori radunati alla Fiera di Novegro per la Giornata d'inizio anno di Gioventù Studentesca. Ascoltando le storie di Elisa e di Francesco. E seguendo la strada tracciata dal Papa alla Giornata Mondiale della Gioventù

Novegro, Milano, domenica 15 ottobre, ore 9. La campagna intorno all’aeroporto di Linate è deserta e silenziosa, il rumore degli aeroplani che atterrano e decollano scandisce lo scorrere delle giornate in questo posto di periferia. Nella vicina Fiera, questo fine settimana, c’è un evento dedicato ai dinosauri, eppure Thiago, il parcheggiatore cileno che cura gli ingressi, intuisce che dev’esserci anche qualcosa di nuovo. «Scusi, non trovo l’ingresso. Penso di essermi persa», gli urlo dal finestrino, e lui sorridente, quasi si aspettasse la domanda, mi indica la stradina che porta al padiglione A. «Ma cosa fate tutti oggi nel padiglione A? Una festa di prima mattina, la domenica?». Mi presento e gli dico: «Siamo di Gioventù Studentesca, siamo parte di un movimento cattolico, saremo in 877 oggi, tra studenti e prof. Siamo qui per fare festa…è iniziato un nuovo anno scolastico». «Roba da matti!» risponde in un milanese inventato. Mi avvio all’ingresso e quel “roba da matti!” mi rimane nelle orecchie. In effetti è una cosa dell’altro mondo il nostro ritrovarsi insieme, desiderosi di rimettersi in cammino e di ridirsi perché valga la pena vivere davvero dentro le circostanze date: la scuola, i compagni, lo studio…

Nemmeno il tempo di rifletterci troppo e Seve, nell’introduzione del gesto, legge alcune parole del Papa alla GMG di Lisbona: «Voi non siete qui per caso. Il Signore vi ha chiamati, non solo in questi giorni, ma dall’inizio dei vostri giorni. Tutti ci ha chiamati fin dall’inizio della nostra vita. Sì, Lui vi ha chiamati per nome. (…) tu sei chiamato per nome, tu, tu, tu, tutti noi che siamo qui, io, tutti siamo stati chiamati con il nostro nome. (…) Pensiamo a questo: Gesù mi ha chiamato con il mio nome. Sono parole scritte nel cuore. E poi pensiamo che sono scritte dentro ciascuno di noi, nei nostri cuori, e formano una specie di titolo della tua vita, il senso di quello che siamo, il senso di quello che siete: sei stato chiamato per nome, sei stato chiamato per nome, sei stato chiamato per nome! Nessuno di noi è cristiano per caso: tutti siamo stati chiamati per nome. Al principio della trama della vita, prima dei talenti che abbiamo, delle ombre e delle ferite che portiamo dentro, siamo stati chiamati. Siamo stati chiamati, perché? Perché siamo amati».

Subito dopo abbiamo ascoltato la storia di Elisa, nata nel 2007 in una città dell’Est Europa. A pochi mesi di vita viene tolta dalla madre biologica e affidata ad un istituto in cui vivrà per 7 anni. Nell’estate del 2015 conosce i suoi genitori adottivi: si trovano davanti una bambina molto minuta, sottopeso, che non parla, si muove poco, non comprende quello che le viene detto. Ogni tanto si affaccia alla finestra e urla, urla in ripetizione, non un urlo angosciato, ma sorpreso, curioso. I genitori si chiedono cosa stia urlando; il suono si articola meglio: E-li-sa. Urla il suo nome. Perché? Perché per la prima volta si sente guardata, preferita, chiamata per nome. La storia di Elisa è la storia di ciascuno di noi, eppure a volte ci angosciamo, indietreggiamo davanti a questa chiamata, ci preoccupiamo che non duri, oppure che non sia rivolta proprio a noi.

Lo ha scritto una ragazza di GS in una lettera letta a tutti i presenti: “Gioventù Studentesca esiste proprio per questo, perché qualcuno ha preso sul serio l’annuncio cristiano, l’amicizia tra i primi.(…) È un fatto che ci riaccade davanti, questa compagnia è nuova ogni istante, (…) Spesso crediamo che siamo noi ad aver bisogno della compagnia di GS, ed è pur vero, e ci dimentichiamo che Gioventù Studentesca siamo noi. Altrimenti diventa come un ente astratto; all’infuori di me a cui io posso attingere. invece no, caspita! GS sono io, io ho bisogno della compagnia ma anche la compagnia ha bisogno di me! Siamo tutti chiamati come protagonisti, ciascuno come un apostolo, ed ecco che si rivive subito quel rapporto a tu per tu con Cristo. Io ho bisogno di Dio ma Dio per agire nella storia, e agire con me, ha bisogno di me! Ha bisogno del mio sì. (…) Per questo ci sono gli amici: ci fanno volgere lo sguardo fuori di noi. Chiedo che questa sia sempre di più una compagnia vocata, cioè chiamata!”.

Anche per Francesco Mauro, direttore del coro di GS e docente di lettere classiche in un liceo milanese, a cui Seve chiede di raccontare la sua storia, accorgersi di essere chiamato per nome ha assunto nel corso della vita circostanze diverse: «In prima media ho fatto un incontro che mi ha segnato la vita in modo indelebile. Un prof che ho visto per un anno e con cui ho fatto l’esperienza dei cavalieri: si chiama Giovanni Maspes. Non era mio docente, lo vedevo una volta alla settimana e non potrò mai scordare che rapporto semplice aveva con me e alcuni compagni. Sembrava avere una vitalità inesauribile. Giocava con noi, andavamo in montagna insieme, si arrabbiava, ci prendeva in giro, ci consolava. E poi suonava, cantava… Tanto! Ho iniziato a suonare la chitarra perché la suonava lui. Poi, dopo un anno, è partito per la Russia. Io non capivo tanto perché ci andasse ma capivo che voleva vivere quello che avevamo vissuto noi insieme là in Russia. Non l’ho quasi più rivisto ma mi aveva segnato per sempre».

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All’incontro con quel professore ne seguono altri: quello con don Giorgio Pontiggia e gli amici di GS durante gli anni del Liceo, al Sacro Cuore; quindi la comunità del Clu in Statale. «A un certo punto uno dei miei amici universitari, che si chiama Desa, mi chiama e mi dice: “Parto per l’America. Vado lì perché desidero verificare che Cristo è tutto per la mia vita”. Che richiamo per me! E io? Anche io voglio verificare questo. Ma io dove sono chiamato? Dio dove mi vuole? Sto capendo che se non obbedisco, non ci guadagno molto… inutile seguire una mia idea. La strada più interessante è un’altra». Ecco in quel momento comparire un volto più preciso di altri, quello di Maria, che diventerà sua moglie e poi, negli anni, i figli, la famiglia, gli alunni, il diario ritrovato in casa della madre poco tempo dopo la sua morte improvvisa.

«Tu hai preferito me, fra tutti quelli che ho incontrato», dice un canto fatto insieme oggi. Terminato l’incontro, ci mettiamo sul prato, al sole, per il pranzo. Qui conosco Emily, americana di Boston, che sta facendo un anno di scambio in Italia: è capitata tra noi perché la ragazza che la ospita segue la comunità di GS. «Mi ha invitata perché voleva condividere con me la cosa più preziosa che ha, questa amicizia!». Il Mistero ci chiama per nome, quando meno ce lo aspettiamo e questo cambia tutto.
Elena, Macherio (Monza e Brianza)