Il Papa durante un'Udienza in Piazza San Pietro (Ansa/Riccardo Antimiani)

«Dal Papa, con il "guazzabuglio" del nostro cuore»

La proposta di una preside e le tante adesioni. A metà aprile un gruppo di studenti e docenti di un istituto alberghiero sono in Piazza San Pietro per incontrare Francesco. Il racconto di quello che è successo a Roma. E al ritorno

«Professoressa, che ne dice se andiamo dal Papa con la scuola?», mi dice una mattina la preside. Forse l’idea della dirigente è di dare lustro all’istituto alberghiero dove insegno Religione: siamo andati al Quirinale e ora puntiamo al Vaticano. Se fosse solo per questo, la proposta non sarebbe convincente e, infatti, glisso la richiesta. Dopo un mese, però, ritorna alla carica. Allora, forse, in questa richiesta c’è qualcosa di più. Mi fido di quello che ci diciamo sempre: del cuore dell’uomo e della Presenza che sola lo affascina. Parte la macchina organizzativa. Sul modulo Google predisposto per l’iscrizione arrivano più di cento richieste. Noi avevamo previsto quaranta posti, nella migliore delle ipotesi, e per i docenti solo sette. I colleghi iscritti cercano di mettere davanti le motivazioni per le quali dovrebbero essere scelti. Tutte di carattere etico del tipo: «Vado sempre a messa»; «Partecipo alla preghiera che facciamo alla mattina con alcuni insegnanti»... È l’occasione per riaffermare un criterio evangelico: che possa venire chi ha un desiderio vivo, anche se magari non ancora chiaro.

Così nascono tanti bei dialoghi con i colleghi, colpiti dal riscoprire il cristianesimo come una possibilità di riconoscere il proprio bisogno e di prendere sul serio il proprio cuore non come l’esito di una performance. La dirigente, sorprendendo tutti, sceglie di dare la possibilità di partecipare fino al riempimento dei posti presenti nella struttura prenotata. Partenza 16 aprile e il giorno dopo in Piazza San Pietro, all’Udienza Generale, siamo in 62, tra ragazzi, professori e personale amministrativo. Abbiamo donato al Papa una cesta di biscotti preparati ragazzi e dalla sezione carceraria della scuola e le lettere che alcuni studenti avevano scritto aderendo alla proposta che gli avevo fatto. Prima di partire, però, nascono tra i docenti partecipanti focolai di polemiche che rovinano il clima. Mi viene voglia di trovare una scusa per abbandonarli. Mi sorprende che, di fatto, non mi fermo e mi ridico che forse per me, è l’occasione di verificare se Dio è veramente più grande di tutte le nostre piccolezze. Anche per questo il giorno prima dell’Udienza propongo di visitare La vocazione di san Matteo di Caravaggio nella chiesa di San Luigi dei Francesi, per ricordarci che Dio ci viene a prendere nel punto in cui siamo, con la mano ancora nell’atto di contare i soldi. Alle 8 siamo in Piazza San Pietro in primissima fila. Verso le 9 il Santo Padre passa per salutare e ci sfiora. Vedo studenti “improponibili” e colleghi non credenti con gli occhi lucidi, tutti attratti da quest’uomo che è porta una Presenza più grande di lui. Le lacrime che vedo sui nostri volti sono una prova, oserei dire, “scientifica”. Cala il silenzio: 35 studenti di una scuola professionale ascoltano il Papa che, nella sua catechesi sui vizi e le virtù, ci parla della Temperanza come «l’arte di mettere ordine in quello che il Manzoni chiama il “guazzabuglio del cuore umano”». E tutti noi aspettiamo che tocchi il nostro cuore di cui non capiamo tanto, ma che è un gran guazzabuglio lo sappiamo tutti benissimo.

Al termine, arrivano i commenti a caldo dei ragazzi: «Prof, non siamo mai stati così in silenzio, neanche a scuola!»; «Ho riletto il discorso, prof, e le parole del Papa mi hanno fatto riflettere». Oppure: «L’esperienza dal Papa mi ha colpito molto. Mi ha sorpreso l’emozione che ho provato nel vederlo dal vivo e nel vedere tutta quella gente raggruppata in un solo punto»; «Avevo gli occhi lucidi per l’emozione di vederlo così da vicino. È stato un momento di gioia che non dimenticherò mai. Non ci sono parole per descrivere quello che ho provato!»; «Inizialmente ero titubante sul fare questa esperienza, non pensavo potesse cambiarmi così radicalmente». Alcuni saranno ripresi nell’articolo per il giornalino della scuola.

Il ritorno a casa è l’espressione di una gratitudine immensa per i due giorni passati insieme. Penso a come siamo partiti e alle inutili polemiche. Davanti al Papa tutto è stato cancellato. C’era solo lui e il cuore di ognuno di noi. È solo davanti a una Presenza che possiamo ritrovarci uniti. È grazie al carisma che ho incontrato, che per me è stato possibile fidarmi della realtà e di un Dio che ci attende e ci abbraccia così come siamo. Non siamo sbagliati, perché persino le nostre mancanze sono segno che il nostro cuore è fatto per Lui. Siamo tornati consapevoli che Qualcuno ha regalato alla nostra vita molto di più di quello che avremmo potuto desiderare.

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L’esito sorprendente è che non è finito tutto in quei due giorni. Le parole di alcuni studenti lo confermano: «Non volevo venire perché non conoscevo nessuno e, invece, ho trovato finalmente degli amici veri»; «Ho scoperto che gli insegnanti possono essere anche persone con cui parlare di tutto, non solo di scuola»; «Sono grata di esserci andata, perché mi sono accorta che a stare chiusa in casa o in me stessa perdo l’occasione di incontrare persone fantastiche ancora tutte da scoprire». Tra i corridoi dell’istituto è evidente una novità: ci si saluta e ci si ferma a parlare perché sappiamo che l’altro ha vissuto la nostra stessa esperienza. È nata un’amicizia che supera schemi e ruoli. «Non so come, ma questa uscita mi ha cambiato». Forse non sappiamo dire come, ma sappiamo che qualcosa è successo. Torniamo tutti a casa più ricchi e con la certezza che la vita è una grande promessa.
Paola, Monza