La vacanza di GS Piemonte e Valle d'Aosta

Vacanze GS. Una grazia che non finisce

Prosegue il racconto dell'estate di Gioventù Studentesca. Piemonte e Valle d'Aosta a Gressoney; Toscana, Lombardia e amici di Bucarest a Pragelato. Per scoprirsi amati e capiti

Sono più di un centinaio i giessini di Piemonte e Valle d’Aosta che raggiungono Gressoney per trascorrere insieme una settimana di vacanza. Invitati da un compagno di classe, per alcuni è la prima volta. Francesco ogni mattina, durante le Lodi, consegna a tutti una domanda su cui riflettere e con cui paragonarsi. I ragazzi non hanno nessun problema a interloquire da pari a pari con gli ultrasessantenni invitati, sommergendoli letteralmente di domande. Del resto - come insiste Giuseppe "Peppino" Zola nella sua testimonianza - don Giussani ha sempre trattato i suoi studenti ginnasiali da adulti, sfidandoli costantemente a usare la ragione per approfondire e dibattere i giudizi della mentalità corrente. Ai professori presenti che l’hanno conosciuto sembra di essere seduti fra i banchi del liceo Berchet e di sentirlo tuonare: «Ma che cos’è la fede? E che cos’è la ragione?». I ragazzi ascoltano più di quanto non diano a vedere...
«Sono rimasta affascinata da Mario Elisei che, parlando di Leopardi, parlava di sé. Abbiamo insistito per cenare con lui», racconta Daniela, «e gli abbiamo fatto tantissime domande, in particolare sulla sofferenza». Domande che confluiscono nell’assemblea finale tenuta da don Stefano Alberto (don "Pino") e gli interventi si susseguono a ritmo serrato, costringendo la cucina a ritardare il pranzo.
«All’incontro, Elisei ha raccontato del suo rapporto con Leopardi e di quanto fossero importanti le stelle per lui. Io ero un po’ annoiato perché a GS si parla sempre delle stelle, che a me personalmente non hanno mai detto niente. La sera, ho chiesto a un mio amico di uscire... ho alzato gli occhi e ho visto che il cielo era uno spettacolo di stelle e... i miei problemi mi sono sembrati più piccoli. Sono passati due adulti e ho chiesto loro di recitare il Memorare. Sono rientrato e ho letto, e leggo, il V capitolo de Il senso religioso. Finalmente l’ho capito».
Don Pino fa notare che quella riferita da Alberto è un’esperienza a cui nessuno può sottrarsi: c’è sempre qualcosa che apre il cuore, il punto dove vivono esigenze ed esperienze. A proposito della sofferenza, sottoscrive il giudizio espresso da Daniela: «C’è sempre qualcosa per me». Il male, il dolore, la fatica, sembrano cose senza senso, ripugnanti, ma la gita in montagna ci offre un paragone interessante: non si va in gita per far fatica, ma per una bellezza. E non c’è bellezza senza sacrificio. Quello che ci viene presentato come obiezione è una condizione per la bellezza. Il potere che vuole farci ripiegare su noi stessi per omologarci, infatti, teme la bellezza.
Lorenzo incalza: «Alla Messa in gita ero circondato dalla bellezza, ed è stato più facile immergermi nella liturgia. Era come trovarsi di fronte a Cristo». Guardando lo spettacolo della natura sorge la domanda: chi ha fatto le montagne? Dio non risponde con un discorso, ma con una Presenza che ci mette insieme. Dio è presente nella Messa e ci dice: «Io sto dando la mia vita per voi». È Lui che cerca noi, non ci chiede la sofferenza, la prende su di sé.
È impossibile non avvertire la corrispondenza di queste parole. Ma una volta tornati a casa? Alessandra teme che della vacanza non resti che un ricordo nostalgico. Don Pino la rincuora: «Hai fatto qualcosa di particolare? No, ma nella tua vita è entrata l’iniziativa di qualcun altro. Ti ha imposto qualcosa? No, si chiama gratuità. Hai scoperto un’iniziativa gratuita su di te. Qui è in gioco la tua libertà. Magari tornata a casa ti sentirai di nuovo sola, ma tu sai dove ti sei sentita amata e capita. Puoi tornarci. Quando? Quando vuoi, sempre. Questa è una possibilità reale».
Marta ha riscoperto dentro questa compagnia che abbiamo tutti lo stesso desiderio del cuore. Chi ti dà questa familiarità? È impossibile che si crei così in cinque giorni. Chi la fa? Colui che è tra noi, Cristo. Come conoscerlo? «Stai dove ti è nata la domanda su di Lui», risponde don Pino. «Se sei da solo, prima o poi ti fregano. Smetti di ammirare la bellezza e ricominci ad avere paura. Stai quindi in un luogo che ti aiuti ad ammirare. Devi cercarlo, devi seguirlo. E se ti paralizzi? Chiami: “Venite a prendermi”, come ha fatto chi di voi, non riuscendo a seguire come avrebbe voluto, in gita si è confessato, perché si è accorto di non poter sprecare la sua vita di fronte allo spettacolo della bellezza donata».
Poi c’è sempre l’imprevisto, come racconta Giovanni: «Ieri sera mi sono allontanato un momento. Arriva un ragazzo di prima con cui non ho un gran rapporto, mi abbraccia e piange. Dio, nel mio momento di distrazione mi ha fatto riconcentrare sul motivo per cui sono qui». A chi non è accaduto? Arrivi scettico, distratto, poi succede qualcosa che ti ferisce. Cogli nella nostalgia del tuo amico qualcosa che vibra in te, e l’Infinito apre il cuore.
Anche per Filippo si è trattato di un imprevisto: «È la prima volta che vengo. È stata una continua scoperta, ogni domanda ed ogni esperienza. La frase di Pavese - «Com'è grande il pensiero che veramente nulla a noi è dovuto. Qualcuno ci ha mai promesso qualcosa? E allora perché attendiamo?» - mi ha fatto capire la vacanza. La promessa non era Giovanni che mi ha invitato, ma Qualcuno di più grande».
La sfida per tutti è verificare, nel cammino, quello che ci è dato da scoprire. «Vediamo se vi accadrà di guardare le cose solite con uno sguardo nuovo, una volta a casa» è l’augurio finale di don Pino, prima che tutti si fiondino sulla pastasciutta, decisamente meno al dente del solito.
Patrizia


La nota dominante della vacanza di alcune comunità toscane e lombarde di Gioventù Studentesca, insieme a un gruppo di amici di Bucarest, a Pragelato, in Piemonte, può essere sintetizzata in una sola espressione: una gratitudine commossa. È stata, infatti, la commozione dovuta alla grazia dell'incontro con questa compagnia a fare da protagonista negli interventi dei ragazzi durante l’assemblea finale.
Ha detto Rebecca: «Non mi sono mai sentita così amata come in questi giorni». Allo stesso modo, Giulia, dopo un periodo in ospedale dove disegnava gli amici che avrebbe voluto, ha trovato «in questa vacanza amici che sono più belli dei miei disegni, perché ti parlano, ti abbracciano, ti vogliono bene». O ancora Marta: «Questo è un posto dove posso davvero essere me stessa senza dovermi vergognare e fingere di essere altro».
La passione per l’altro, per il semplice fatto che c’è, ha travolto anche l’umanità ferita e sofferente di alcuni ragazzi, fino alla scoperta che le circostanze più dolorose e ingiuste non sono più un’obiezione. Come nel Miguel Mañara, che un gruppo di ragazzi ha portato in scena guidato da alcuni adulti, che sono rimasti commossi per come è stata presa seriamente la sfida, non solo dal punto di vista artistico, ma ancor di più da come la vicenda raccontata da Milosz, possa centrare oggi nella vita spesso drammatica di ciascuno. Una ragazza, ad esempio, abbandonata dai genitori quando era piccola ha raccontato che ora non ha più bisogno di sapere quali siano le sue origini, perché, «fossi pure nata dall'errore più grande, senza la vita non avrei incontrato questa compagnia». O ancora, come ha testimoniato Elisa da Pavia, nonostante una grave perdita in famiglia, si sorprende certa e fiduciosa.
Tutto ciò non sarebbe possibile se questa compagnia non fosse eccezionale o come ha detto Francesco: «Non semplicemente umana. La sofferenza normalmente è un ostacolo per gli uomini, mentre qui viene vissuta come un’occasione per essere felici». È uno sguardo «non semplicemente umano», un amore «non semplicemente umano», perché gratuito, come ha sottolineato don Paolo durante la messa finale. Uno sguardo donato nel cammino spesso silenzioso tra i monti, nella testimonianza di Daniel insieme ai giovani di Kayros (comunità per minori, ndr), nel dialogo tra adulti e ragazzi sui testi di Leopardi, nei giochi, nelle serate canti e in una comunione riconosciuta, non solo tra i tanti ragazzi sconosciuti, ma anche tra gli adulti responsabili: si era una cosa sola come sguardo commosso ai ragazzi e come tentativo di giudizio su quanto ci stava accadendo. Chi ha partecipato alla vacanza ha scoperto di essere ultimamente oggetto di un amore gratuito. Da qui anche il desiderio di testimoniare questa grazia anche aldi fuori di GS. «Forse chi non crede non capisce perché non vede quello che io vivo», ha detto Simone, «allora mi sono fatto questa promessa: di parlarne a chi non conosce, a chi non è qui. Voglio trasmettere questa cosa». Si tratta di «uno sguardo d'amore che attendo in tutto», ha aggiunto Maria Chiara.
Una grazia che non finisce con la vacanza, non può finire con la vacanza, perché è «promessa di un amore infinito che riempie il cuore», ha detto anche Elisa, e perciò desiderabile in ogni istante.
Daniele e Tommaso