La Messa celebrata da don Christian a Colle delle Croci

Canti, gite, "Leopardiadi" e alcune scoperte

Il racconto delle vacanze di GS delle comunità di Abruzzo e Molise, Romagna e Umbria. Ora si riparte con la coscienza ridestata e la certezza di una compagnia ultima alla radice del mistero che siamo

Con oltre 100 ragazzi e adulti di Gioventù Studentesca di Abruzzo e Molise arriviamo a La Thuile al termine di un viaggio di andata che, per mille imprevisti, è durato oltre 14 ore per i più lontani. La preparazione della vacanza era iniziata un mese prima in un lungo dialogo tra alcuni, in cui i ragazzi dicevano: «Sì, io sto bene qui, ma i miei amici che non sono a GS disprezzano la fede» e comunque «sono lontani dal porsi domande sulla vita». Oppure: «Io cerco di invitarli, ma tante volte il loro pregiudizio prevale; però succede anche che diversi si accorgono che sono contenta e accettano di fidarsi e ci saranno». I ragazzi non mollavano la presa e così, in un appuntamento dedicato alla sua preparazione, della vacanza si è parlato al massimo venti minuti, ma forse era proprio il modo migliore di prepararla.
Qualche giorno dopo accade l’omicidio di Christopher, il 17enne ucciso a Pescara da due coetanei con 25 coltellate: un abisso di dolore sul vuoto che tanti adolescenti vivono e che ha molto a che fare con quello che i ragazzi ci avevano testardamente messo davanti agli occhi.
Così partiamo per la vacanza con una coscienza di noi ridestata ed è una vera sfida l’introduzione in salone la prima sera: «La vita è promessa, una promessa che è già stata mantenuta. Perché qualcuno ci ha convocati qui, ci ha messo insieme, ci ha preferiti attraverso una storia di amicizia, che ci permette di stare di fronte alle domande più vere, da cui possiamo distrarci, ma che non possiamo togliere», che ritornano sempre come la nota del preludio La goccia di Chopin, che i ragazzi ascoltano attenti con il commento che ne fece don Giussani. Le stesse domande che hanno agitato la vita di don Christian, giovane sacerdote romano, da un paio di anni a Teramo, che il giorno dopo racconta di sé: educazione cattolica, poi, come tutti, si allontana dalla Chiesa («allora per me era la cosa più stupida della storia»). Seguono anni di fallimenti («la scuola era il luogo in cui mi avevano convinto che non valevo niente»), di idoli cercati e trovati prima nella musica metal, poi nel sogno della carriera militare, fino al vuoto e al proposito di togliersi la vita (come il suo migliore amico). Poi l'incontro con Marina, una prof di CL che, secondo sua madre, «mi ha partorito di nuovo». «Volevo mollare la scuola. Ma lei mi chiamava, voleva sapere come stavo, mi dava ripetizioni gratis. Poi un giorno con lei e i ragazzi di GS andiamo a rendere omaggio alla salma di Giovanni Paolo II a San Pietro. Per me è stata un'epifania: ecco la grande presenza, una presenza che era già nella vita mia! Il primo passo è stato accettare di farsi abbracciare. «Io ho buttato via la mia vita, ma Lui m’ha riacchiappato».
Le gite dei giorni successivi ci spalancano alla bellezza delle montagne e del cammino insieme, in cui nessuno è lasciato indietro; una sera nel teatro del Planibel L'annuncio a Maria di Paul Claudel rivive attraverso le voci di Marco, Nicola, Teresa, Paolo, Ludovica, Veronica e Silvia; nei giochi, in attesa di Parigi 2024, si disputano le "Leopardiadi" 2024, in cui i partecipanti danno vita, letteralmente, alla siepe del Colle dell’Infinito, al gregge del pastore errante, alla “X”, termine misterioso di ogni tentativo umano, che - nei giochi almeno - qualche volta viene raggiunta e catturata.
Per l'assemblea finale ci raggiunge Seve: il ghiaccio viene rotto subito da Alessia, Noemi e Francesca: a loro seguire, contribuire alla vacanza partecipando al gruppo dei canti, ha permesso di essere protagoniste, di capire meglio quello che desiderano ed accorgersi che il desiderio del proprio cuore si trova nel cuore di tutti.
Poi è la volta di Martina: «Non volevo venire qui, non volevo concedermi di desiderare. Poi la presenza di una mia amica e l’insistenza di mia madre, mi hanno fatto dire “sì”. Grazie alla fatica di questi giorni ho capito che anch’io riesco a desiderare, che vale la pena. Per me desiderare è continuare a scommettere sulla fede. Qui si percepisce una presenza, a cui non voglio dare il nome, ma si sente e questo mi basta per continuare a vivere».
Francesco ha invitato in vacanza Riccardo ed è «felice perché lui è felice»; Seve lo chiama al microfono: ha sulla maglietta gli autografi degli amici che ha conosciuto a La Thuile («come san Francesco Saverio che portava cucite sul cuore le firme che ritagliava dalle lettere degli amici», osserva Seve): «Mi sono fidato di Francesco, non mi aspettavo un ambiente così, una seconda famiglia». Seve incalza: «Che desiderio hai tornando a casa?». «Di rivedervi».
Andrea ha vissuto la vacanza donando quello che sa fare: il canto e la musica. Alla domanda: «Che cosa hai scoperto che desideri?», risponde: «Vivere come in questi giorni, scomodandomi per un Altro».
Mark introduce un tema che sarà di diversi interventi: la gratitudine per gli «accompagnatori adulti». Seve corregge: «Quelli che camminano al destino con te sono amici, non accompagnatori».
Proprio un dialogo con gli amici adulti è stata la svolta della vacanza per Marco: «Loro si sono accorti di qualcosa che non andava e sono venuti a dirmelo. Il mio desiderio è che qualcuno mi venga a cercare. È la Presenza di cui stiamo parlando stamattina che si mostra attraverso i volti delle persone».
Abbiamo “sforato” di mezz’ora l’orario previsto, la partenza incombe, si rimandano canto finale e avvisi al lungo viaggio di ritorno, Seve conclude: «Noi desideriamo che qualcuno ci innamori totalmente. Tutti i vuoti non ci bastano. Tutti i vuoti che siamo poggiano su un pieno: "Io voglio te". A volte desideriamo soltanto farci trovare. Il pieno è uno che ci viene a cercare. Ed è più fastidioso ascoltare il suo bussare tutto il giorno alla nostra porta che dire di sì e arrenderci al suo amore. Siamo “rotti”, ma amati, e vogliamo sempre più assomigliare a colui che ci ama».
Si riparte felici di essere "bussati": vite provocate da una vita più grande che ci chiama a seguirla.
Giorgio e Nicola

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Metti sei giorni a Marilleva, neanche cinque effettivi se si conta il viaggio. Prendi cinque comunità della Romagna (Faenza, Forlì, Imola, Lugo, Ravenna) più un gruppo proveniente dall'Umbria per un totale di circa 300 ragazzi e 30 adulti.
Ragazzi che vivono l'esperienza di GS, la maggioranza, ma tanti anche nuovi, alla prima uscita perché invitati da un compagno o da un professore. Compreso un ragazzo conosciuto e aggiunto la sera prima della partenza.
Gli ingredienti per un "colossale delirio" ci sono tutti. Ma, recita il titolo della vacanza, "La vita è promessa", e allora si parte perché chi ha in mano tutto non siamo noi.
E così accade che quei giorni, fatti di camminate, giochi, canti, balli popolari all'aperto in notturna, rafting e letture di Leopardi siano qualcosa di difficilmente catalogabile. (Già a leggere le parole "rafting" e "Leopardi" vicine lo si dovrebbe intuire).
Ecco alcuni fatti accaduti nelle giornate, aperte sempre con le lodi e uno spunto dettato dal quinto capitolo de Il senso religioso.
Si va in gita e ci si propone il silenzio come condizione del cammino e aiuto per vedere emergere in sé le domande di cui parla il testo. C'è chi si fida e allora, invece di mettersi vicino alle amiche, si posiziona nella fila tra due adulte. Così non si è tentati dalle chiacchiere. E si scopre che, nel silenzio, il cammino è più facile, le proprie domande vengono fuori e c'è un mondo davanti a sé. «La bellezza mi ha sovrastata», sarà il suo giudizio alla scuola di comunità di quel giorno.
Un altro dato sorprendente è stato il numero di ragazzi che si sono confessati in questi giorni. Due preti costantemente impegnati durante la messa quotidiana e anche oltre.
Cosa ha mosso così tanti giovani? La promessa, intravista anche se non dichiarata, di un bene e un amore infiniti?
La testimonianza è un'occasione, a partire dal titolo della vacanza, per riprendere una parte del triduo. Quando don Fabio aveva parlato del rapporto affettivo e dell'amore al destino, e quindi a Cristo, come condizione per amare veramente. In che cosa hai visto che la vita è promessa nel rapporto affettivo? È questa la domanda che poniamo a Mele, universitario a Bologna e già amico di alcuni ragazzi di Lugo.
E lui racconta con libertà disarmante il suo cammino, fatto di cadute, fatiche e scoperte, accompagnato da amici più grandi che l'hanno sfidato a non accontentarsi. Il tema è scottante, davvero si può amare senza possedere? L'esperienza di Mele è questa, un fiorire di rapporti e persone frutto di Chi abita questa compagnia. «Se non fosse per Cristo, perché gli adulti dovrebbero accompagnarvi?».
La settimana prosegue con momenti di festa genuina e l'ultima sera i "frizzi" sono l'occasione per ripercorrere con affettuosa ironia tutti i momenti e gli spunti. Si ride di gusto, con un nuovo gusto.
E così si arriva all'ultima mattina, all'assemblea. Molte domande, richieste di approfondimenti. Chi interviene solo per ringraziare. E poi arriva lui, un ragazzo alla prima volta con noi, che, senza giri di parole, davanti a 300 sconosciuti, va dritto al punto.
«Io non sono un dono, non sono amato. Sono nato "per sbaglio", i miei genitori non mi volevano, e ora si stanno separando. L'unico punto in cui mi sento amato è qui, ma non basta». La domanda è diretta e costringe ad andare al fondo dell'esperienza. «C'è Uno che ti ama, ti ha voluto e ti vuole ora così tanto che ci sei anche se i tuoi genitori non ti volevano». Ci aiuta ad accorgerci di questo la scuola di comunità, con il passaggio sulla solitudine del paragrafo 8. Davanti agli interrogativi ultimi siamo soli, ogni uomo è solo. Ma poi, aggiunge Giussani: «La stessa domanda, però, nel medesimo istante in cui definisce la mia solitudine pone la radice della mia compagnia, perché significa che io sono costituito da un’altra cosa, sia pur misteriosa".
L'amore che quel ragazzo sperimenta solo a GS è l'inizio della risposta alla promessa che lui è. Che questo incontro possa accadere anche per i genitori e le sorelle è l'unica speranza, non solo per salvare il rapporto, ma per poter vivere.
Si riparte con negli occhi dei momenti semplici, vissuti con gusto, una compagnia in cui si può mettere a tema tutto senza paura perché portatrice di una bellezza «altrimenti impossibile», come detto da un ragazzo durante una scuola di comunità. La promessa è viva, sperimentabile, ed accende ancora di più i cuori.
Paolo, Forlì


I giochi durante la vacanza di GS Romagna e Umbria