Una gita in silenzio durante la vacanza

«Voglio vedere cosa vedono i vostri occhi»

Dalla pizzica sotto il ghiacciaio della Marmolada ai canti alpini fermi all'autogrill con l'autobus in panne, tra lo stupore dei turisti. Il racconto della vacanza di GS Puglia e Basilicata a Malga Ciapela

Se ne sono accorti anche i turisti diretti verso sud per il grande esodo estivo: uno dei quattro pullman di ritorno dalla vacanza di GS Puglia e Basilicata ha avuto un guasto e i ragazzi sono stati obbligati ad aspettare per 7 ore all’autogrill di Rimini nord. Chi si è fermato all’alba per un caffè o per fare benzina è stato così attratto da una festosa presenza che intonava canti alpini nel clima torrido di metà luglio. Quei ragazzi sono “strani”, e lo ha percepito anche chi si è avvicinato curioso accennando un sorriso.

È come se fossero stati testimoni di un avvenimento: c’è qualcosa di “strano” in quegli sguardi. Andrea in verità era venuto in vacanza proprio per questo: «Voglio vedere con i miei occhi cosa c’è nello sguardo degli amici che mi hanno invitato qui per la prima volta, voglio vedere anche io cosa vedono i loro occhi». Cosa è successo in montagna a Malga Ciapela di così entusiasmane da non scoraggiare affatto chi è costretto a prolungare il già interminabile viaggio di ritorno?

Canti alpini all’autogrill e la pizzica salentina sulla Marmolada, i giochi scenografici ambientati ai tempi di re Artù e di Ginevra, le lodi al mattino e la messa quotidiana a riempire di senso il tempo di ogni giornata: tutto sembra avere la stessa origine, una vita nuova che nasce da “Qualcuno che accade” e che chiede soltanto il nostro sì.

Si vede che tanti ragazzi non sono mai stati in chiesa, non conoscono le parole della liturgia, guardano con curiosità i gesti degli altri e cercano di imitarli: mentre Silvia e Preziosa intonano al ringraziamento il Dulcis Christe, capisco che non serve parlare di religione a una generazione letteralmente senza tradizione, ma che occorrono testimoni per i quali Dio è un fatto presente cui si può dire: «te volo, te quero, te adoro».

Sembra che tutto durante la vacanza abbia a che fare con quella “stranissima” parola che Angelo ha pronunciato la prima sera: «Centuplo». Che roba è questo centuplo? Si poteva facilmente indovinare questa domanda negli occhi di chi l’ascoltava per la prima volta nella sua vita. «La vita è promessa»: è il titolo della vacanza: «Ma promessa di cosa?», ha incalzato Angelo, citando don Giussani: «Capisco che possa non interessarvi la vita eterna: ma il centuplo quaggiù?».

Per Andrea questa domanda diventa quasi un assillo durante le giornate, perché intuisce che il centuplo è un’esperienza concreta che sta accadendo davanti ai suoi occhi: «Come si fa a vivere questa intensità di cui si parla?». Lorenzo racconta della sua commozione durante la serata canti, di essersi divertito come non gli accadeva da tempo: «In vacanza ho vissuto, ho nel cuore un misto di emozioni che riesco a dire con una parola sola: sono vivo. C’è voluto qualche minuto in più per addormentarmi per fare silenzio nella testa; è da molto tempo che non sentivo il battito del mio cuore».

Si rimane colpiti a vedere duecento ragazzi muoversi ordinati e in silenzio per scalare la montagna. Per molti è la prima volta, la salita è impegnativa per chi è abituato al mare e al chiasso delle spiagge affollate: la proposta del cammino in silenzio seguendo il passo di chi è davanti è fatta senza sconti alla libertà di ciascuno. Ognuno è invitato a verificare personalmente se camminare così fa godere di più la bellezza imponente della montagna.

Arriviamo a Porta Vescovo: lo spettacolo è unico fra il massiccio del Sella e il ghiacciaio della Marmolada. Chi ha fatto le montagne? I ragazzi, sfidati nella loro libertà, raccontano il guadagno di essersi fidati. Dice Anna: «Camminando in montagna mi sono resa conto della mia piccolezza rispetto ad una cosa oggettivamente più grande di me, la richiesta di aiuto mi ha fatto rendere conto che da sola non basto e che c’è bisogno di aiuto per vivere più pienamente la vita”. Sofia racconta che non ha mai pianto così tanto. Durante l’ascesa in silenzio ha pensato: «Noi vediamo la montagna e diciamo che è bella, quello che vediamo non è quello che vediamo, c’è di più. Buttandoci nella montagna, c’era tanto altro».

Mercoledì mattina raggiungiamo in funivia la cima della Marmolada: lo spettacolo del ghiacciaio è inedito per molti fra noi che guardano stupiti, giocano, si rincorrono lanciandosi palle di neve, o scivolano sul manto bianco della neve dai punti più elevati. Poi visitiamo il museo della grande guerra, le trincee, leggiamo le poesie di Ungaretti in un silenzio insolito. Sentiamo vicina l’umanità di chi ha sacrificato la propria vita per un ideale, i ragazzi sono visibilmente commossi, forse perché avvertono sotto sotto che la guerra è una possibilità concreta e imminente molto di più di quanto l’abbiamo sentita noi insegnanti alla loro stessa età. Soprattutto, però, i ragazzi raccontano stupiti di come con la stessa serietà con cui ci si divertiva si ascoltava in silenzio e si cantava: «Tutto è fatto dallo stesso Mistero», sussurra qualcuno.

Andrea si accorge che il dolore che c’è nel mondo, la guerra e la distruzione hanno un legame profondo con l’esperienza che sta vivendo in vacanza: «Vorrei tornare indietro nel tempo, mettermi accanto a Ungaretti e capire cosa significa essere tanto attaccato alla vita in una circostanza così difficile. Ho scoperto che con certi grandi si può proprio parlare».

Una sera Valerio racconta dell’incontro fra don Giussani, allora giovane seminarista, e Giacomo Leopardi, considerato da allora il suo amico più vero. Don Giussani a 15 anni aveva imparato a memoria le sue poesie perché gli avevano rivelato la struttura profonda de cuore umano che è infinita domanda di senso e di felicità che nulla può colmare («Tutto è poco o piccino alla capacità dell’animo proprio»). Ecco la grande intuizione: il Verbo si è fatto carne per rispondere al cuore di ognuno così com’è fatto: quel vuoto che tante volte fa paura e che in mille modi tentiamo di addomesticare è la cosa più nobile che abbiamo perché attende una risposta infinita.

Valerio ha toccato un punto talmente vivo nell’esperienza di ognuno che è inevitabile cercare qualcuno con cui parlarne. E così come don Giussani, anche Germana incontra il poeta di Recanati: «Ho sempre cercato l’approvazione degli altri, di essere la migliore in tutto, mi sono resa conto che distruggevo me stessa. Prendo 10: e ora? Esame di solfeggio, intorno a me l’entusiasmo: e ora? Tutto è poco e piccino rispetto alla capacità dell’animo proprio. A che serve guadagnare tutto se poi perdo me stessa: che tenerezza nei miei confronti!».

La questione posta da Irene è vera e drammatica: «A volte neanche il grande vuoto che ho dentro mi preserva dal consumare gli eventi, perché proprio nel disperato desiderio di colmarlo, cerco cibo per la mia fame. Il vuoto non è il nulla, io lo so, so che senza il vuoto per me quella montagna sarebbe solo una montagna, e vedrei tutto per com’è, perché quel vuoto più che nulla è tensione all’infinito. La scoperta: ci siamo accorti di questo vuoto davanti a un pieno».

Per Marta l’incontro con Leopardi è un punto di non ritorno: alla sua scuola le è stato presentato come uno “sfigato” e invece ora «quest’incontro mi ha spalancato il cuore e voglio cominciare a dare un nome a quello che vivo».

Dopo la testimonianza di Francesco Fadigati, molti sono commossi fino alle lacrime: tutto nel suo racconto c’entrava con l’incontro inaspettato con Cristo che gli ha reso intensa e vera la vita, anche la fatica e il dolore per la malattia e la morte del padre, l’esperienza dell’innamoramento o la scoperta che lo studio è possibilità di dialogo con i grandi del passato.

Sorge giorno dopo giorno una domanda: «Ma chi è questo don Giussani?». Per molti è uno sconosciuto o un nome solo sentito qualche volta. Ce lo racconta con incredibile entusiasmo Peppino Zola, che 70 anni fa incontrò al Liceo Berchet per la prima volta un uomo certo, che sfidava la ragione e la libertà di ciascuno, con una passione per Cristo e per ogni uomo che ci ha raggiunto oggi dentro una compagnia in cui ci sentiamo preferiti e scelti.

Scrive per esempio Alessia: «In questa vacanza ho capito che il GS non è soltanto un modo di vivere o una vacanza estiva che finisce con il ritorno in città, ma rappresenta una ricerca che ci accomuna tutti, la ricerca della bellezza, della voglia di stare bene ed essere felici e non posso fare a meno di pensare che ci sia Qualcuno di più grande che ci unisce tutti qui in questo momento».

Racconta Lisa: «Qui ho trovato una casa lontana da casa: a questo mi ha fatto pensare GS, ad una casa che ha sempre la luce accesa e questa luce sono il brillio negli occhi dei testimoni che ho incontrato in vacanza».

Ecco, la bellezza delle vacanze è che poi si torna a casa: Chi ha attirato il nostro cuore in questi giorni è un fatto presente, tanto presente e concreto che ne sentiremo la mancanza. E meno male che è così!
Emanuele, Casarano (Le)