«Qui tutto è per me»
La notizia della terza operazione in pochi anni appena prima di entrare al Meeting, la reliquia donata dalla mamma di Carlo Acutis e la riscoperta di amicizie che richiamano all'essenziale. Anche in un letto di ospedaleGiovedì 22 agosto, mentre stavo andando al Meeting di Rimini, ricevo la telefonata dall’ospedale che mi comunica la data del pre-ricovero. Si tratta del terzo intervento in tre anni, per due tipi di tumore maligni diversi e il mio entusiasmo “barcolla”. Ma, una volta entrato in fiera, incontro subito un caro amico che non vedevo da anni, Luca, che, sapendo cosa ho, mi spedisce letteralmente al Book Corner per provare a incrociare la mamma del beato Carlo Acutis (Antonia Salzano, autrice, insieme a Paolo Rodari, di Il segreto di mio figlio. Perché Carlo Acutis è considerato un santo, ndr). Volo al padiglione e, proprio mentre si stava allontanando, mi presento alla mamma... di un santo! Le dico cosa dovrò fare e lei mi dona una piccola reliquia del figlio.
Ecco, dal momento che sono entrato al Meeting, tutto è stato un dono per me. Gli incontri di amici che non vedevo da anni, i pranzi e le cene con persone mai conosciute prima e con le quali si riconosce una amicizia inimmaginabile grazie all’Essenziale che ci unisce. Fuori da una mostra, vengo intercettato e “intervistato” proprio da mia figlia Elena di 17 anni, che per la prima volta è volontaria insieme a altri ragazzi, entusiasti, che con i tablet facevano interviste fuori dalle mostre. Alla domanda: «Perché vieni al Meeting? Per gli incontri, per le mostre…», ho risposto di getto: «Per me! Vengo al Meeting per me. Perché qui tutto è per me».
Dal Meeting mi sono portato a casa una frase vista alla mostra sul medico Enzo Piccinini: «Bisogna non essere soli». È così, altrimenti chissà come avrei affrontato anche questa terza operazione in pochi anni. Da tre anni, quando incontro medici, chirurghi, infermieri, regalo loro un libro, un’immaginetta di San Riccardo Pampuri o di Enzo Piccinini. Ebbene, a proposito di doni, nella camera dell’ospedale mi sono ritrovato con un signore settantenne, amico di “Fra Riccardo”, come lo chiama lui. Per me è stata una grazia averlo come compagno di stanza. Mi ha raccontato delle persone anziane, che avevano conosciuto “Fra Riccardo”, che gli raccontavano che era proprio così, andava a visitare i poveri malati e poi gli lasciava i soldi.
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Come potrei vivere tutto se non avessi tutti questi amici che mi richiamano, ognuno a modo proprio, all’Essenziale? È vero, «bisogna non essere soli» per vivere. E occorre dirlo a tutti.
Alessandro, Cerro Maggiore (Milano)