L'imprevisto alla "sagra paesana"
Da una colazione sul Lago Maggiore, l'idea di fare qualcosa di nuovo per le Tende Avsi che alcuni amici di Brebbia organizzano da trent'anni. Il risultato è «un'incredibile avventura». Che dal varesotto si allarga fino all'hinterland milaneseDa trent’anni organizziamo una tenda Avsi stile “sagra paesana” con salamelle, panzerotti, dolci, patatine, tanta birra e complessi musicali che allietano la giornata; è sempre una bella esperienza e con il ricavato manteniamo l’adozione a distanza di più di trenta bambini a Haiti.
Una mattina al bar sul Lago Maggiore, dove tutte le domeniche ci si ritrova per raccontarsi della settimana con commenti e giudizi sul lavoro, sulla famiglia, sulla Scuola di comunità, un amico dice: «Perché quest’anno non facciamo qualche cosa di diverso per la tenda Avsi?». «Cosa proponi?». Ci racconta che ha incontrato sul lavoro - viaggia spesso all’estero - due persone eccezionali, due cantanti dell’opera di Rio de Janeiro (lui baritono e lei soprano), che potremmo invitare per elevare il livello artistico della nostra festa. I commenti immediati ovviamente sono: «Ma figurati se vengono!». «Chissà quanto ci costano!». Lui estrae il cellulare e chiama i due cantanti, spiega l’evento e gli propone di venire a cantare per noi. Loro chiedono la data della festa e dopo due secondi rispondono: «Sì».
A quel punto si aprono mille obiezioni: il costo dei biglietti aerei, l’ospitalità per una settimana, e poi «far cantare due dell’opera di Rio in una sagra paesana chi vuoi che li ascolti!». Per l’educazione ricevuta siamo stati abituati a una ragione aperta alla realtà. E così ci siamo detti: proviamo a organizzare un evento alternativo rivolto a gente più “facoltosa” per pagare le spese. Se la Provvidenza decide che la cosa si deve fare si farà altrimenti naufragherà al primo tentativo. Un amico trova una location spettacolare: il museo Pogliaghi al Sacro Monte di Varese, che guarda caso per quella data è libero e c’è pure un pianoforte. Tramite altri amici, incontriamo il maestro musicale della scuola Abbado di Milano, che entusiasta del progetto ci trova non solo il pianista, ma anche la violoncellista e ci dà la disponibilità di assumere la direzione artistica della serata.
Questa vicenda inaspettata ci spinge ad uscire dalla nostra “comfort zone” per andare ad incontrare alcune ditte proponendo di diventare sponsor. Una si offre di coprire le spese del viaggio, un altro amico ci mette in contatto con l’associazione della piccola e media impresa di Varese che si entusiasma per l’idea e la propone ai propri associati, offrendo anche un aperitivo di benvenuto… Insomma il concerto va benissimo e le persone arrivate con visi di circostanza, all’uscita si fermavano al banchetto, volendo sapere chi eravamo e cos’era Avsi.
Arriva la domenica della festa per la raccolta fondi: la messa particolarmente curata e partecipata, poi il pranzo, si chiacchiera, si scherza, i bambini corrono a destra e a manca come tutti gli anni un’incredibile presenza di amici e volontari, volti felici e contagiosi. La nostra preoccupazione è palpabile, come ottenere il silenzio in una “sagra paesana” per far cantare due artisti d’opera? Ma ecco riaccadere l’imprevisto: alle prime note della violoncellista cala il silenzio e per tutta l’ora dello spettacolo non vola una mosca!
Ma non è finita qui. Quando, qualche settimana prima nell’agenzia viaggi, la proprietaria che conosco stupita mi aveva chiesto il perché dei biglietti ai due artisti brasiliani, io avevo raccontato la storia, lei mi aveva detto: «Ma che bello non potremmo farlo anche qui a Melzo?». Riaccade ciò che era avvenuto a Varese: l’agenzia di viaggi diventa la sala di regia di tutta l’organizzazione, viene coinvolta l’amica direttrice di una scuola musicale che ci aiuta per la diffusione dell’iniziativa, c’è chi conosce l’assessore, chi il sindaco che patrocina l’iniziativa e mette a disposizione la sala con pianoforte, chi allestisce con i fiori tutto gratuitamente. La sera la sala è gremita e, anche qui, pubblico entusiasta e standing ovation finale.
Cosa è accaduto? che di fronte alla proposta di un amico siamo stati disponibili a rimetterci in gioco, ad uscire dal nostro “quieto vivere” verificando e giudicando insieme ciò che la Provvidenza faceva davanti ai nostri occhi.
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Di fronte a tutto ciò, qual è l’errore in cui rischiamo di cadere? Ridurre tutto a questioni tecniche ed organizzative: «Il prossimo anno faremo meglio questo, meglio quell’altro…». No, non è di questo che si tratta: quello che possiamo fare meglio da subito è stare attaccati ancora di più a Cristo ed al carisma con cui ci ha incontrato, al metodo con cui ci accompagna, attraverso la Scuola di comunità, così da renderci capaci di riconoscere i segni inconfondibili della Sua presenza vedendolo all’opera così come è capitato a noi in questa incredibile avventura.
Valter, Brebbia (Varese)