STORIA DI YING Da Pechino a Torino, alla scoperta della fede

Un incontro per caso, nel campus della facoltà di Legge. E la vita di una ragazza assetata di vero prende un'altra piega. Fino a quando, arrivata in Italia...
Mauro Pianta

Oggi vive e lavora a Torino, fa l’avvocato d’affari e accompagna, con la sua società di consulenza, la Brics srl, le aziende che vogliono internazionalizzarsi. Il suo nome è Ying Xie, è cinese. Ma la vera storia, quella profonda, dell’avvocato Ying inizia dieci anni fa, quando Qualcuno sembra prendere a cuore la sua “causa”. La causa di una ragazza assetata di libertà e verità.
«All’epoca ero una studentessa dell’università di Pechino», racconta. «Era un bel pomeriggio di sole e me ne stavo seduta nel prato, proprio davanti alla facoltà. Poi, all’improvviso, si è avvicinata una signora sconosciuta. Non so come, abbiamo cominciato a parlare di fede e di Gesù. Devi sapere che dopo 60 anni di educazione atea è davvero molto difficile che due cinesi che si incontrano per la prima volta affrontino simili argomenti…». Quella donna apparteneva alla Chiesa clandestina, quella non riconosciuta dal Partito Comunista. Ying venne invitata a partecipare ad alcuni incontri.
«Ci andai - ricorda -, ma in quegli anni pensavo che la Chiesa fosse solo uno strumento per controllare il libero pensiero. Credevo, almeno così mi pareva, in Cristo, ma rifiutavo con forza la Chiesa. C’era una domanda, però, che continuava a tormentarmi: cosa c’entra questa fede con la mia vita?».
Nel 1999 Ying approda alla laurea, lascia la Cina e perde ogni contatto con la Chiesa clandestina. Arriva in Italia, ma quella domanda è sempre lì, sembra quasi sfregiarle il cuore. Nel 2005 incontra alcune persone del movimento di Cl a Cuneo: tra loro c’è anche il suo futuro marito. «Mi stupiva il fatto di essere attratta da quella gente, ma seguendoli ho conosciuto una realtà inaspettata».
Ed ecco la Messa, la Scuola di comunità, la caritativa con i ragazzi dell’oratorio, le amicizie. Dopo due anni di cammino con la comunità arriva, in una piccola chiesetta di montagna durante la Veglia di Pasqua, il Battesimo. «Adesso, per me, la Chiesa non è più solo una struttura, ma è il Volto di Dio nella storia». E aggiunge: «Tormentata dallo scetticismo e da una falsa idea di libertà, rifiutavo l’idea della comunità. Guardando a quel periodo ho capito che mi ero autocostretta nel mio ego. Non volendo essere legata a nessuno, ero diventata prigioniera di me stessa. I miei amici mi hanno fatto capire che dentro questo modo di esserci e di stare insieme c’è l’Opera di Qualcuno più grande…».
Anche la domanda sul nesso tra la vita e la fede comincia a trovare sprazzi di risposta. «Vedendo i miei amici - spiega Ying - ho capito che la vera fede può cambiare il cuore con cui vivo, il modo con cui guardo e reagisco alla realtà».
Uno sguardo che la fa capace di abbracciare anche le differenze tra la nostra cultura e quella cinese. «Sì, perché nel profondo di ogni donna o uomo cinese alberga la medesima domanda di destino e lo stesso desiderio di amore, libertà e verità. Il cuore dell’uomo, diceva don Giussani, è sempre uguale in tutte le parti del mondo». Anche a Pechino.