L'ingresso della clinica di Udine.

UDINE Quella semplice presenza che il mondo aspetta

Sabato 7 febbraio un gruppo di ragazzi di Gioventù Studentesca va in caritativa, come sempre da anni, alla clinica La Quiete di Udine. Ma stavolta c'è una porta oltre la quale non si può andare...

Sabato pomeriggio, ore 15. Come facciamo ogni settimana da anni io e mio marito andiamo in caritativa all’Ospizio con un gruppo di ragazzi di Gs. Ma oggi 7 febbraio 2009 davanti al cancello della Quiete ci sono carabinieri, giornalisti, dimostranti… Vado a concordare coi portinai le modalità di ingresso: «Siamo il gruppo del sabato pomeriggio, ci sono problemi?». Risposta: «Proprio non era il caso... Da chi andate?». Mentre cerco di ricordare i nomi, Andrea, Maria, Dirce, e mi rendo conto di non conoscere i cognomi, riconosco tra gli agenti il padre di un mio alunno. Gli spiego la situazione, confabula coi portinai, ci fa passare. Entriamo nel cortile come un piccolo plotone. I ragazzi non sono stati mai così numerosi e puntuali. Ci disponiamo come sempre in cerchio per dire una preghiera e leggere un brano del libretto sulla caritativa di don Giussani: «Ma il Cristo è presente adesso: non “è stato”, non “è nato”, ma “c’è”, “nasce”». I carabinieri passano a coppie, un agente in borghese si finge indifferente visitatore. La scena è irreale; i ragazzi attentissimi. Un anziano un po’ burlone si è vestito da carnevale, ma è molto turbato. Ci spiega che c’è una porta dove non si può andare, che dicono che ci sia una ragazza che ha avuto un incidente, e chiede a noi: «Perché è qui? Cosa le fanno?». Non osiamo dirgli la verità: lui lì ci deve restare. Ci disperdiamo per i reparti: gli ospiti in grado di capire sono sconcertati dall’andirivieni; anche il personale è un po’ nervoso (ci sono gli ispettori). Accompagnando un’anziana in carrozzella alla sala cinema incrocio un uomo, sguardo basso e passo veloce: è l’ anestesista responsabile del “trattamento” di Eluana... Mi pare di cogliere nel suo sguardo, nel suo muoversi, il desiderio di sfuggire, forse, non solo ai curiosi. L’ora passa veloce. Ci ritroviamo in cortile, il cerchio, la preghiera: un Gloria. In quei giovani visi, in quegli sguardi limpidi, in quell’attenzione rinnovata oggi più seria, più vera, mi è evidente cosa sia la speranza e che è questa nostra semplice presenza: la testimonianza ad un mondo che “è così grande e Lo aspetta”.
(Alberta, Udine)