Il Collège des Bernardins a Parigi.

PARIGI Il centuplo in un dialogo. Che si legge in francese...

Presentato al Collège des Bernardins di Parigi "Si può vivere così?". Le testimonianze di monsignor Bruguès, del filosofo Fabrice Hadjadj e di Jean-François Thiry: tre uomini a confronto con un libro "rivoluzionario"
Pauline Sénanque

"Chi segue Cristo avrà la vita eterna e il centuplo quaggiù. Si può vivere così?". Questo il titolo dell’incontro che si è svolto al Collège des Bernardins di Parigi per presentare l’ultimo libro di don Giussani tradotto in francese. Una serata caratterizzata dalla freschezza e dall’intelligenza sincera con la quale gli ospiti hanno raccontato la loro personale lettura del testo.
Nel grande auditorium des Bernardins, centro culturale recentemente inaugurato dall’arcivescovado parigino, un centinaio di persone ha ascoltato le testimonianze di monsignor Jean-Louis Bruguès, segretario della Congregazione per l’educazione cattolica, Fabrice Hadjadj, filosofo e insegnante, e Jean-François Thiry, membro dei Memores Domini e direttore del centro culturale “Biblioteca dello Spirito” a Mosca. L’incontro è stato moderato da Silvio Guerra, responsabile di Comunione e Liberazione in Francia.
Dopo le presentazioni, Jean-François Thiry entra nel vivo del tema ricordando brevemente il contesto in cui è nato Si può vivere così?, spiegando perché il testo ha la forma di un dialogo. «Era innanzitutto la condivisione di un’esperienza», sottolinea, «noi sentivamo le parole di un uomo che parlava a un altro uomo; io mi sentivo trascinato come da un Tu». Silvio Guerra chiede a Monsignor Bruguès quale contributo possa dare un libro come questo alla Chiesa di oggi: «Cl è una realtà unica, secondo la mia prospettiva, perché tiene insieme, da una parte, l’ambito della spiritualità e della vita secondo lo Spirito e, dall’altra, l’impegno nella società». Il libro lo ha visibilmente appassionato, sia per il contenuto sia per lo stile. «L’espressione classica della fede cristiana è completata da aspetti che sono meno classici, come la premura di raggiungere l’interlocutore così com’è. Per Giussani il cristianesimo è la cosa più naturale e umana che ci sia. È un’opera densa, difficile, eppure l’autore realizza senza tregua una pedagogia incisiva: c’è in particolare il genio dell’aneddoto». Per concludere, monsignor Bruguès precisa che la concezione della fede sviluppata da Giussani, «come capacità ultima della Ragione, è più che mai salutare nella nostra società secolarizzata, che tende a fare del cristianesimo un particolarismo o un’anacronismo».
Dopo l’uomo di Chiesa, è il filosofo ad approfondire questo nodo tra fede e ragione. «La forma originale del libro», spiega Hadjadj, «si inscrive nella tradizione, squisitamente francese, della conversazione (di cui Diderot è un esempio). È interessante perché rifugge ogni dogmatismo, sia dottrinario sia sentimentale. La sua esigenza è, senza sosta, quella di confrontarsi con la realtà, e questo paragone è vissuto in un luogo molto particolare». Riprende l’esempio di uno dei giovani protagonisti del libro, che confessa il conforto trovato nel partecipare a uno degli incontri dopo esser stato stravolto da un avvenimento: “Avevo un luogo a cui affidare il mio problema”. Un luogo, delle persone. «Chi fra di noi può vantarsi di avere un luogo così?», chiede il filosofo, prima di approfondire il valore conoscitivo della testimonianza e di ricordare che la scienza stessa si fonda sulla fede. «È un libro profondamente metafisico, che spiega la frase di San Paolo: “Tutto sussiste in Cristo”. Il che vuol dire che se voi non imparate l’insegnamento di Cristo, non siete nemmeno attenti al reale. “Giudichi le cose secondo le esigenze del tuo cuore?”, chiedeva continuamente don Giussani».
Dopo questa domanda, la testimonianza di Jean-François Thiry risuona e vibra ancor più potentemente. «Allo stesso modo, per me non era affatto automatico andare a vivere il mio impegno in Russia. Ma don Giussani non voleva convincerci, voleva che noi ripercorressimo il cammino in ogni istante. Lui ci ha donato un metodo che è quello di San Paolo: “Vagliate ogni cosa e trattenete ciò che vale”. È così che noi viviamo l’ecumenismo nel nostro centro culturale e nei legami che intrecciamo con gli ortodossi: noi incontriamo gli altri e cerchiamo la verità insieme a loro. Per me il centuplo significa cose molto concrete, i miei numerosi “figli”, i miei amici russi. Ed è anche un centuplo di desiderio».
A conclusione, è Silvio Guerra a evidenziare come la febbre di vita di don Giussani si comunica attraverso i suoi scritti: è quello che hanno testimoniato con sincerità i tre interventi. «Cercando di vivere il suo carisma, noi capiamo soprattutto che la conversione più essenziale è la nostra. E che Cristo è la sola risposta possibile al nostro bisogno».