Ludger Kühnhardt.

KÜHNHARDT «L’Europa? Va reinventata. E vi spiego perché»

Mentre s’insedia il nuovo Parlamento europeo, abbiamo chiesto ad alcuni esperti un aiuto a capire meglio cosa c’è in gioco. Prima puntata, in riva al Reno
Fabrizio Rossi

«L’Europa? Prima di essere un insieme di apparati e strutture, è una comunità che ruota attorno a dei valori universali». Ludger Kühnhardt, 51 anni, dirige il Centro studi per l’integrazione europea dell’Università di Bonn, da lui fondato nel 1997. Docente di Scienze politiche nello stesso ateneo, nonché visiting professor di università sparse in mezzo mondo (tra queste l’Aseri, l’Alta scuola di economia e relazioni internazionali dell’Università Cattolica di Milano), Kühnhardt alla fine degli anni Ottanta ha lavorato come speechwriter al fianco di Richard von Weizsäcker, il primo presidente della Germania unita. Mentre s’insedia il nuovo Europarlamento, con il professor Kühnhardt abbiamo cercato di capire meglio cosa c’è in gioco.
Quali sono, secondo lei, i principali problemi che dovrà affrontare il Parlamento eletto a giugno?
Vedo due livelli di sfide. Una, di tipo politico-istituzionale: se nel 2010 verrà applicato il Trattato di Lisbona, il nuovo Europarlamento potrà finalmente avere il ruolo di legislatore che gli compete. Dovrà quindi impegnarsi attivamente sulle questioni più rilevanti per l’agenda politica dell’Ue. In secondo luogo, dovrà darsi da fare ancor di più per riavvicinare i cittadini alle istituzioni: molti sono diventati piuttosto scettici rispetto a ciò che si decide a Bruxelles e a Strasburgo. Per questo, dev’essere sviluppato un nuovo contratto sociale tra le istituzioni europee e la gente.
In effetti si osserva da tempo uno scollamento tra la politica e i cittadini...
Un ultimo esempio è la bassa affluenza alle scorse elezioni europee: la percentuale di votanti, in alcuni Paesi come Lituania e Slovacchia, s’aggirava intorno al 20%. Questo perché in Europa manca un vero e proprio dibattito politico. E perché in ogni Paese non s’è votato per i partiti europei, ma locali: la gente s’è espressa a favore o contro Berlusconi, la Merkel o Sarkozy.
Cosa può permettere all’Unione di ripartire?
Per combattere questa situazione di disinteresse, bisogna costruire urgentemente dei veri partiti paneuropei, con programmi, agenda e leadership di respiro europeo. Un aiuto per sbloccare la situazione attuale verrà anche con la ratifica del Trattato di Lisbona, in cui confido dopo la sentenza favorevole della Corte Suprema tedesca (il 30 giugno è stata sancita la compatibilità del trattato con l’ordinamento tedesco; ndr). Spero anche che venga approvato in un secondo referendum in Irlanda e messo in pratica al più presto. Intendiamoci: non creerà un mondo nuovo da un momento all’altro, ma migliorerà i meccanismi di cooperazione e decision making in Ue. Per prima cosa, però, dobbiamo reinventare l’Europa come comunità di valori.
In che senso?
Prima di essere un insieme di apparati e strutture, l’Europa è una comunità che ruota attorno a dei valori universali. Valori rilevanti per la nostra cultura, che possono influenzare il corso del mondo intero.
In cosa consistono?
Questa è una domanda complessa, su cui l’Europa stessa si divide. Anche perché, parlando di valori, solitamente pensiamo semplicemente ai valori politici come i diritti umani e civili, o le varie libertà proclamate nei trattati. Ma non può esaurirsi tutto qui: alla loro radice e al centro di tutta la vita politica, va messa la dignità della persona. I valori europei, che nascono dalla tradizione greca e romana, da quella giudeo-cristiana e illuminista, devono interagire con l’agenda politica di oggi e di domani.
Cosa intende?
Devono dialogare con le sfide del nostro tempo, dalla difesa della vita alla tutela dell’ambiente. Dettando anche il modo di rapportarci a società emergenti come la Cina, o di esercitare la solidarietà verso le popolazioni più povere. Siamo ancora all’inizio di questo processo, ma solo così potremo dimostrare che l’Europa è una comunità di valori.
Eppure questi valori sono stati ormai staccati dalla loro radice...
L’Europa è un continente secolarizzato: in nessun’altra parte del mondo è così radicata la convinzione che religione e politica non debbano avere punti di contatto. È un problema: perché l’Europa sia una comunità di valori, ha bisogno di radici forti.
Come vede l’allargamento a Paesi, come la Turchia, che non provengono dalla nostra tradizione?
Sono favorevole all’ingresso della Turchia nella Ue. Del resto, vediamo tutti il fenomeno dell’integrazione tra Occidente e mondo islamico: quella musulmana è la seconda religione in Europa, toccando il 3%. La Turchia, a sua volta, dovrà far propri tutti i principi delle democrazie occidentali e presentare i requisiti necessari. Penso che sia interesse dell’Ue far entrare la Turchia, per riconciliare cristianità e islam e mostrare al mondo che cristiani, ebrei e musulmani possono vivere in pace in un’unica grande comunità. Una sfida che contiene un grande messaggio per il mondo.