Un paese del messinese dopo l'alluvione.

LETTERA DA MESSINA «Senza di Lui nessuna circostanza può essere buona»

Dopo l'alluvione si cercano persone per sgomberare i negozi. Biagio, 61 anni, si rimbocca le maniche e prende pala e carriola. Ma spalando il fango fa una scoperta: anche in quel disastro c'è una speranza...

Messina, 4 ottobre 2009
Ieri sera a messa è stato dato l’avviso che per oggi si richiedeva un gruppo di persone per sgomberare un negozio a Giampilieri, uno dei paesi maggiormente colpiti dall'alluvione di questi giorni. Il primo impulso è stato: «Ma dove vuoi andare? Ci sono quelli più giovani che possono fare meglio di te... Hai superato da un po’ 61 anni e c’e bisogno di gente forte!». È stato un attimo, perché subito dopo - senza sapere chi si era proposto - ho dato la mia disponibilità. Stamattina alle 8, in sei, eravamo pronti all’appuntamento. Al bivio di Santa Margherita, al primo posto di blocco ci hanno sbarrato il passo: non ci hanno fatto proseguire con la macchina, per cui abbiamo parcheggiato e ci siamo avviati a piedi, senza preoccuparci dei diversi chilometri da fare. Abbiamo chiesto un passaggio alla Protezione Civile, finché un soldato ci ha preso a bordo su una camionetta fino al bivio per Briga, uno dei paesi isolati. Da lì, a piedi, abbiamo attraversato la SS 114 dove diversi mezzi erano impegnati a sbancare enormi cumuli di terra. Utilizzando le scale della metroferrovia ci siamo ritrovati a monte della stazione e, da lì, ci siamo incamminati lungo la salita. La parete della collina faceva subito intravedere ampi squarci di colate.
Alle prime case del paese, un groviglio di macchine accatastate dalla potenza delle acque sbarrava il passo. Accanto alle scuole elementari, un gran canalone si era formato a seguito dell’incanalamento delle acque che discendevano. Lì un poliziotto ci ha chiesto dove stavamo andando. Abbiamo precisato che eravamo diretti al supermercato, dove avremmo aiutato a sgombrare i locali. Ci ha lasciati passare. Camminando sui cofani e i tettucci abbiamo sorpassato l’ostacolo, mentre alla sinistra grossi escavatori allargavano il letto del torrente, sollevando cumuli enormi di sabbia.
Le viuzze che risalivano il fianco della collina erano in uno stato impressionante: l’interramento arrivava in certi punti al primo piano, i piani terra erano stati invasi da acqua, fango, terriccio e massi scivolati giù con violenza. Probabilmente là sotto ci sono ancora le persone date per disperse. Il paese più a monte, Altolia, non è ancora raggiungibile per via carrabile: i soldati vi erano diretti con le pale in mano. È un’operazione difficile da svolgere e, man mano che i materiali si asciugano e induriscono, diventa più difficile sgombrare (anche perché nelle stradine i mezzi meccanici non possono lavorare).
Giunti sul luogo dove eravamo diretti, ci siamo fermati all’esterno, attendendo l’arrivo del titolare. Lì abbiamo recitato l’Angelus: in un luogo così disperato, solo la Madonna può svelare il mistero che ci sta dietro. Diversi abitanti, smarriti, si guardavano intorno, in attesa di essere tutti sgomberati. Qualcuno, come poteva, portava via qualcosa dalla sua abitazione. Con pala e carriola abbiamo aiutato altri amici di Orazio, il titolare del supermercato, a tirar fuori il fango che invadeva il pavimento e i ripiani bassi di tutti gli scaffali. Più se ne toglieva, più ne sbucava fuori; nella strada, dove ci affiancava un bobcat, abbiamo travasato centinaia di carriole.
Anche un po’ più a monte un altro groviglio di macchine impediva il passo, ma la nostra zona d'azione era limitata: in una situazione del genere, non si possono improvvisare interventi, né si può consentire l’accesso a chicchessia (c’erano già stati atti di sciacallaggio). Non sembrerebbe possibile, ma c’è gente che in situazioni così tragiche tenta di portar via dalle case ciò che gli abitanti hanno dovuto al momento abbandonare! Con gli scarponi e gli stivali infangati, stivando il recuperabile dei prodotti in un locale attiguo, abbiamo lavorato sodo per tutta la mattinata e oltre. Intorno alle 15, un altro gruppetto di nostri amici ci ha dato il cambio.
Fin qui la cronaca. Sui luoghi, la tragedia è molto più palpabile che nelle immagini dei telegiornali. E non senti neanche la stanchezza finché sei lì... anche se poi ti rendi conto che in qualche momento hai forzato un bel po’. Ma la ragione per cui l’hai fatto smorza anche il mal di schiena. Davvero, come ripeteva spesso oggi Armando, se Cristo non fosse venuto e non fosse risorto non ci sarebbe nessuna speranza. Né per i sopravvissuti, né per i morti. Non so se ci sarà ancora occasione di essere utili sul posto. Sicuramente ci saranno anche altre forme per essere utili alla situazione, ma con un giudizio di certezza.
Solo ora sto pensando che era la festa di san Francesco di Assisi. Gli uomini di oggi certamente non amano la realtà perché non la riconoscono come segno di Dio e invece c’è bisogno di Lui, ogni giorno. Senza di Lui nessuna circostanza può essere buona.
In comunione, Biagio