Don Giorgio Pontiggia.

DON GIORGIO Genera chi è generato

Ecco il ricordo di due amici insegnanti che hanno lavorato con lui per tanti anni
Alberto Bonfanti e Gianni Mereghetti

Incontrare don Giorgio Pontiggia, stare con lui qualche minuto, condividere la sua passione di vita dentro un’ora di lezione o a pesca sul lago di Lecco davanti ad Onno dove lui trascorreva l’estate con gli studenti che più avevano bisogno di essere aiutati, o in uno dei tanti Tridui pasquali che lo hanno visto parlare a migliaia di giovani, era un’esperienza entusiasmante, era entrare in rapporto con una esplosione d’umanità, che andava diritta al cuore. Era sempre una sfida stare accanto a lui, e lo era perché ciò che don Giorgio portava era quello che adesso vede faccia a faccia, il Mistero, mistero perché presenza di un Altro che ridesta l’umano. Questo ha affascinato tutti coloro che lo hanno incontrato: trovarsi davanti un uomo, un uomo che aveva deciso di seguire Cristo perché in Lui aveva trovato la risposta al suo desiderio di felicità. È stato un uomo sempre all’attacco della realtà, non faceva sconti a nessuno e non perché volesse convincere della giustezza di qualche idea, ma perché l’amore di Cristo al suo destino che aveva incontrato nella paternità di don Giussani lo voleva per chiunque incontrava. Don Giorgio è stato uno dei più significativi protagonisti dell’avventura educativa che è sgorgata dal carisma del movimento di Comunione e Liberazione, perché tutto ciò che viveva lo viveva innanzitutto come educazione di sé. In lui era evidente quanto fosse vera l’affermazione che “genera chi è generato”. Per questo ha mosso tanti educatori per la sua tenace e totale sequela al carisma di Cl, di cui lo affascinava e ne trasmetteva la profonda ragionevolezza, e che trovava consistenza e durata nell’affetto alla persona di don Luigi Giussani e poi nella sorpresa del suo rinnovarsi attraverso l’umile e sincera sequela a don Julián Carrón. Al Mistero che ha incontrato nell’esperienza di Comunione e Liberazione don Giorgio ha dato tutto di sé: «Cristo non ti chiede qualcosa della vita, chiede tutto di te»; quante volte lo ha detto ai ragazzi, e lo diceva con forza, sfidandoli, perché era ciò che lui viveva, una dedizione totale al Mistero nella forma umana con cui lo aveva incontrato e nella quale lo seguiva.
È perché ha dato tutto di sé a Cristo che abbracciava ogni studente che incontrava e lo faceva non per spiegargli qualcosa della vita, ma per amore al suo destino. Da don Giussani ha imparato e ha continuato ad imparare attraverso un rapporto quasi quotidiano che l’unico alleato di chi ama il destino dell’altro è la libertà. Puntava a muovere questa libertà, si ingegnava a trovare le strade più favorevoli, era il suo un impegno senza limiti la cui forza era la sua stessa libertà, spesso esplosiva, irruenta, determinata, una libertà che vibrava del suo abbandono totale al Mistero. Per questo non poteva sopportare che il rapporto con i ragazzi potesse essere parziale o ambiguo perché oltre a generare confusione e smarrimento nei ragazzi, sarebbe stato segno di una parzialità nel rapporto che l’adulto aveva con Cristo. Nel suo amore alla libertà dell’altro molti adulti hanno cominciato loro stessi a muovere la loro libertà e a diventare educatori. Don Giorgio educava giovani e adulti, e lo faceva perché l’educazione per lui era un’esperienza umana; nell’educare era la sua letizia, e in pochi come in lui è stato evidente che l’educazione è l’opera di un Altro.
Perché era certo dell’iniziativa del Mistero don Giorgio dava la vita per i ragazzi che incontrava, la dava fisicamente, imitando la tenerezza di Cristo. Molti sono gli esempi di questo suo instancabile sacrificio per l’uno o l’altro ragazzo incontrato. Commovente l’esperienza del rapporto con Andrea, un ragazzo di Siracusa ricoverato in ospedale a Pavia per una grave malattia che lo ha portato alla morte. Don Giorgio lo ha accompagnato in questo cammino, recandosi tante volte all’ospedale per fargli compagnia. Lui stesso ha raccontato a Tracce uno degli episodi più commoventi quando la malattia si era aggravata e Andrea era costretto a letto, ma con un desiderio fortissimo di tornare a casa. Don Giorgio racconta quel momento drammatico con queste parole piene di commozione: «Vedi, gli dissi un giorno che eravamo rimasti soli, dobbiamo chiedere la guarigione, e nella guarigione la felicità, il Paradiso. Anche il mare finisce, e noi lo desideriamo per l’apertura che ci dà. Mi diceva solo sì, faceva fatica, ma sul suo viso i segni della sofferenza sembravano affievolirsi». Don Giorgio ha dato la vita per i ragazzi che ha incontrato, perché il loro cuore potesse afferrare l’unico che corrispondeva loro, Cristo, la sua misericordia che riempie di senso tutto e lo fa vivere da uomini.
È da questa dedizione totale che nasce il Centro di aiuto allo studio Portofranco. Durante una cena all’Istituto Sacro Cuore nella primavera del '99 don Giorgio, dopo aver tuonato contro i centri sociali, contro tanti oratori che sfruttavano i giovani propinandogli divertimenti nel tempo libero, si rivolse ai presenti e disse: «Noi, per l’esperienza che viviamo nel movimento, possiamo creare un luogo libero e aperto a tutti in cui incontrare i ragazzi per quello che sono realmente, a partire dal bisogno più urgente che hanno che è quello di essere aiutati nella fatica dell’imparare. Ci state a realizzare questo luogo?» In quel momento nacque Portofranco, un’idea geniale come dimostrò e dimostra la storia di questo centro che condividendo il bisogno di imparare a studiare condivide il desiderio di vivere pienamente e di essere felici, un’idea geniale perché nata da un’esperienza di rapporto con i giovani.
Questo è don Giorgio Pontiggia, un educatore affascinante e geniale, e lo è perché ha accettato la sfida che il Mistero ha portato alla sua umanità attraverso il carisma di don Giussani.